AlpinismoAlta quota

Tutto quello che c’è da sapere sulla stagione all’Everest appena conclusa

La stagione dell’Everest si è ufficialmente chiusa con le ultime vette del 1° giugno. Da ieri, 3 giugno, gli IceFall doctor hanno iniziato a dismettere la via di salita, in ritardo di qualche giorno rispetto ai programmi per consentire le ultime salite rallentate dal brutto tempo.

L’ombra del Covid

Quella appena conclusa è stata certamente una stagione difficile a causa della pandemia da Covid-19. Iniziata sotto le migliori speranze, in poche settimane dall’arrivo degli alpinisti la situazione è precipitata a causa dell’aumento vertiginoso dei contagi nella confinante India. Il Nepal si è visto sprofondare un una crisi sanitaria senza precedenti da cui purtroppo non è ancora uscito del tutto sebbene oggi la curva sta lentamente scendendo. Le misure di contenimento sono però ancora in vigore, il lockdown è una realtà e il Nepal è tutt’oggi nella lista dei Paesi a maggiore rischio, con la conseguenza che i confini del Mondi si sono chiusi ai nepalesi e a coloro che hanno soggiornato in Nepal (un ban previsto anche dal Pakistan e che avrà effetti sulla stagione estiva in Karakorum).

Ovviamente, tutto questo ha avuto ripercussioni sulle grandi montagne dell’Himalaya. La convinzione che il Covid-19 potesse essere tenuto lontano dai campi base si è rivelata ben presto un’illusione.

Sebbene ad oggi il Governo nepalese non ha ancora ufficializzato alcun caso positivo, sappiamo con certezza che sono state diverse decine i positivi all’Everest. Al campo base si è fatto di tutto per provare a contenere l’epidemia attraverso l’isolamento delle diverse spedizioni e mascherine. Alcune agenzie hanno però scelto di chiudere in anticipo, altre hanno proseguito preferendo portare a casa il risultato per i propri clienti.

Il meteo instabile

Anche il meteo ha avuto il suo ruolo sui risultati della stagione. Più clemente a inizio primavera, si è rivelato in realtà abbastanza instabile a causa di due cicloni proventi dall’India che hanno portato neve e vento. Ad aver impattato maggiormente Yaas, che ha portato settimana scorsa nevicate abbondanti e raffiche molto forti. Alla fine, i giorni buoni per salire sono in totale solo sette.

I numeri

In totale, secondo quanto calcolato da Alan Arnette, le vette sono state 534, di cui 195 realizzate da clienti e 339 da guide sherpa. Quasi due sherpa per ogni cliente. Numeri che fanno certamente riflettere. Tutti sono andati in cima utilizzando l’ossigeno supplementare.

Tra coloro che erano arrivati all’Everest con l’intenzione di non usare le bombole c’erano: Alex Txikon, che ha chiuso la spedizione con il peggiorare della situazione sanitaria nepalese; David Gottler e Killian Jornet, che hanno rinunciato a 8000m non sentendosi in forma; Csaba Varga, che è tornato indietro da C2 dopo aver assistito a una valanga; Colin O’Brady, che partito con l’obiettivo di fare la traversata Everest-Lhotse ha deciso di limitarsi a salire il secondo usando l’ossigeno.

Quattro le vittime: due alpinisti e due sherpa. Abdul Waraich (CH) e Puwei Liu (USA), entrambi per sfinimento e problemi legati alla quota mentre erano in discesa il 12 maggio; Pemba Tashi Sherpa, cadendo in un crepaccio a C2; e Wong Dorchi in discesa a C4.

Questi numeri riguardano il solo sul versante nepalese dato che la Cina ha deciso di cancellare l’unica spedizione locale concessa a causa del timore di contagi da parte degli scalatori provenienti dal Nepal (era stata addirittura proposta una barriera anti-Covid in vetta).

I record con ossigeno

Due i record. Kami Rita Sherpa è arrivato in vetta all’Everest per la 25esima volta. Il nepalese avrebbe voluto mettere in tasca anche la 26esima salita, ma ha preferito tornare a Kathmandu dopo un sogno premonitore. Tsang Yin Hung, di Hong Kong, è la più veloce donna a salire sull’Everest con le bombole: 25 ore e 50 minuti a percorrere il percorso dal campo base alla cima ( precedente era di Phunjo Jhangmu Lama).

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