Dove si trova l’albero autoctono più alto d’Italia?
Dove si trova l’albero autoctono più alto d’Italia? Una domanda cui, fino a pochi giorni fa, avremmo potuto rispondere “in Trentino – Alto Adige”. Le cose sono però cambiate. Il primato detenuto dal 2016 dall’abete rosso di Caredo (frazione di Bressanone, BZ), noto come Conte Thun Tree, alto ben 51,16 metri, è stato scalzato dall’entrata in scena di un maestoso abete bianco, misurato di recente nella Foresta Sacra della Verna, all’interno del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, in Toscana. La sua altezza è risultata essere pari a 51,85 metri.
A dare l’annuncio della “scoperta”, mediante un comunicato congiunto che riportiamo di seguito, i Frati del Santuario Francescano della Verna, il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, il Comune di Chiusi della Verna e Giant Trees Foundation onlus.
Il lieto annuncio dalla foresta sacra della Verna
Finalmente trovato l’erede dell’Avez del Prinzep. Con i suoi 52,15 m di altezza era l’abete bianco più alto d’Italia, misurato scientificamente e monitorato costantemente tramite arrampicata dai tecnici della Giant Trees Foundation onlus. Ma tre anni fa il gigante di Lavarone era crollato durante una tempesta. Il trono di albero autoctono più alto d’Italia era quindi passato ad un abete rosso di 51,16 metri, il Conte Thun Tree, sempre misurato dagli specialisti di Giant Trees Foundation durante la ricerca dell’albero più alto d’Italia del 2016.
Durante quella spedizione l’albero più alto era risultato una douglasia di 62,45 metri (l’Italian Tree King), nella Riserva naturale statale di Vallombrosa (Reggello-FI), seguito dalla Sequoia Gemella del Castello di Sammezzano di 53,96 metri, dalla sequoia gigante di Appiano di 52,13 metri, dal Pino di Lambert di Vallombrosa (denominato Nazareno), di 51,60 metri e quindi dal primo albero autoctono di questa speciale classifica, l’abete rosso trentino, il Conte Thun Tree.
Molti ritenevano però che in Italia ci fossero ancora alberi autoctoni più alti di 50 metri e un frate francescano, Fra Valerio, aveva richiesto una misurazione ufficiale ai tecnici della Giant Trees Foundation per verificare l’altezza di alcuni maestosi abeti bianchi presenti nella foresta di La Verna (Chiusi della Verna – AR), all’interno del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, in Toscana. Secondo le sue misurazioni, avallate dai tecnici del Parco nazionale e dal Reparto Carabinieri Parco, questi alberi potevano superare i 55 metri.
Una spedizione risolutiva
Ricevuta la segnalazione, non appena l’emergenza Covid lo ha permesso, la Giant Trees Foundation ha organizzato una spedizione. Comandato dall’agronomo Andrea Maroè, conosciuto Tree Hunter internazionale, un apposito Team di arboricoltori-treeclimbers è giunto in questi giorni al santuario de La Verna per misurare in maniera scientifica i tre colossi più alti mediante Direct Tape Drop, cioè scalando gli alberi e misurandoli direttamente con una apposita cordella metrica di precisone. A tutt’oggi infatti, pur con la moderna tecnologia, nei boschi più densi risulta difficile misurare con precisione da terra l’altezza di alberi alti più di 50 metri.
Ospitati dal Guardiano Padre Francesco Brasa, curioso di capire i segreti della foresta di cui anche San Francesco si era innamorato, e guidati dallo stesso Frate Valerio che inizialmente li aveva misurati da terra mediante laser, i componenti della spedizione si sono arrampicati fino in cima ai tre abeti bianchi e li hanno attentamente misurati secondo normative riconosciute a livello internazionale.
L’Abete cresciuto nella valletta denominata De Gasperi (in onore dello statista che nel 1952 proprio in quella valletta ha istituito la giornata nazionale della montagna) con una circonferenza di 4,25 metri è risultato essere alto “soli” 48,99 metri. Gli scalatori della GTF con stupore hanno constatato che già qualcun altro, oltre 70 anni fa era salito fin quasi sulla cima per recidere alcuni rami. È probabile che l’intervento fosse stato necessario proprio per mettere in sicurezza l’albero in previsione dello lo svolgersi della manifestazione voluta dall’allora presidente del consiglio.
L’albero più giovane, di circonferenza pari a 3,91 metri a petto d’uomo è risultato essere alto 49,61 metri. Dei tre giganti misurati è l’unico che fino ad ora è riuscito a mantenere il proprio fusto integro, perfettamente diritto e affusolato.
Il terzo albero è stato misurato nella valletta posta a poca distanza del sasso di frate Lupo di francescana memoria, a circa 1100 m sul livello del mare. Il suo fusto porta i segni di antichi fulmini e la sua punta si è dovuta ricostruire più volte negli ultimi 100 anni poiché spesso è stata spezzata da temporali o dai carichi della neve. La sua circonferenza è di 5,22 metri (quella dell’Avez del Prinzep era di “soli” 5,08) risultando ad oggi il più grosso abete bianco d’Italia, con un’età stimabile attorno ai 300 anni. Il suo fusto a 33 metri di altezza si divide in due grosse branche assurgenti che a loro volta, oltre i 45 metri si dividono in altre cime fino a formare quello che sembra un grosso nido di cicogna nella parte terminale.
La misurazione del “Nuovo Abetone”
Il dottor Maroè si è inerpicato fino tra i fitti rami apicali per riuscire a individuare correttamente la cima più alta e con i suoi colleghi dopo notevoli fatiche è riuscito a determinare la misura precisa del “Nuovo Abetone”. L’albero infatti è risultato essere alto 51,85 metri ed è così il nuovo albero autoctono più alto d’Italia misurato in maniera scientifica, il 4° come specie dopo le Douglasie e le Sequoie americane che sono rapidamente cresciute anche nel nostro Paese.
“Questa scoperta rimarca ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, come una buona gestione forestale, improntata ai principi della conservazione e rispettosa del tempo degli alberi, permetta lo sviluppo di esemplari sani e di dimensioni ragguardevoli, e come il nostro Parco nazionale sia ricco di tesori ancora da scoprire, tesori che speriamo di studiare e tutelare sempre meglio anche grazie alla proficua collaborazione con la Giant Trees Foundation”, ha dichiarato il Dottor Alessandro Bottacci, Direttore del Parco delle Foreste Casentinesi.
Mentre il Guardiano del Santuario, Padre Francesco Brasa, si è detto molto soddisfatto del ritrovamento. “Ringrazio i tecnici la Giant Trees Foundation che con cura e perizia si sono dedicati alla misura dei nostri giganti verdi. Questo primato è un ulteriore tassello che il nostro San Francesco ci ha donato, per far conoscere le straordinarie bellezze del Creato. Questo nuovo tesoro diventa un ulteriore itinerario ecologico e spirituale all’interno della nostra Foresta Sacra. Questi alberi ci ricordano la missione dei santi: essere ben radicati nella terra ma anche slanciati verso il cielo. È per questo che intendiamo intitolare questi meravigliosi alberi ad alcune grandi figure di santità, del passato e dei tempi recenti, che dal santo monte della Verna ci invitano a puntare in alto: san Giovanni Paolo II, che fu pellegrino alla Verna nel 1993, Giorgio La Pira, il “sindaco santo” di Firenze, il Beato Carlo Acutis, giovane dei nostri giorni che fu innamorato della Verna e di San Francesco, il Beato Alberto II di Montauto, che ricevette in dono dal Poverello il Saio delle Stimmate, oggi venerato in Basilica”.
Anche il Sindaco di Chiusi della Verna Giampaolo Tellini ha commentato così l’importante misurazione: “Questa nuova scoperta conferma ancora una volta l’importanza del nostro patrimonio forestale, che rappresenta a tutti gli effetti un tesoro immenso da proteggere e conservare. Il nuovo primato di quasi 52 metri dell’abete bianco di La Verna, ci fa sperare nella possibilità che in futuro ci saranno ulteriori scoperte e allo stesso tempo segna un nuovo aspetto del bosco da ammirare per tutti gli appassionati di natura, attratti dal richiamo spirituale e dal fascino unico delle nostre foreste sacre.”
Il team della Giant Trees Foundation onlus, oltre che dall’Agronomo Maroè era composto anche dal dott. Forestale Gianluca Barnabà, dal tecnico forestale Mattia Narduzzi e dallo studente Angelo Bardegi. “Penso che potremmo ancora scoprire alberi autoctoni molto alti in Italia – conclude l’esploratore di chiome Maroè – , ma questo abete mi pare un degno sostituto dell’Avez del Prinzep e merita tutto il nostro rispetto non solo per le sue dimensioni ma anche per tutto quello che un albero così imponente ci può raccontare ed insegnare”.
Un albero da considerarsi vetusto. Non sono state effettuate ancora datazioni precise ma, secondo Maroè, si può stimare una età di almeno 250 anni. L’esemplare ha terminato il suo accrescimento in altezza e ora cerca di crescere in larghezza, così da mantenere la sua dominanza.