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Alpi Giulie, mai così tanta neve a fine maggio in 70 anni

Siamo giunti al termine del mese di maggio e sulle Alpi la neve rimane copiosa. Anzi si continuano a verificare sporadicamente precipitazioni nevose, che non mancano di determinare qualche disturbo a progetti di stampo primaverile, come ha ben dimostrato il tappone dolomitico del Giro d’Italia, dimezzato nella giornata di lunedì 24 maggio. Possiamo parlare di stagione anomala? La neve a maggio è sempre caduta, ci dicono i meteorologi, ma effettivamente in alcune aree alpine lo spessore del manto nevoso ancora presente a terra in questi giorni, rappresenta un record storico. Sulle Alpi Giulie sono presenti ancora 5 metri di neve al suolo. Gli esperti confermano che non si siano registrati simili valori di spessore del manto nevoso a fine maggio in 70 anni.

A fornire dati precisi sulle condizioni attuali del manto nevoso e un confronto con i dati registrati negli anni passati, è il dottor Renato R. Colucci (Società Meteorologica Alpino-Adriatica e CNR – Istituto di Scienze Polari) in un articolo pubblicato nei giorni scorsi sul portale della Società Meteorologica Alpino-Adriatica, che riportiamo di seguito.

Alpi Giulie, il record del maggio 2021

“All’Osservatorio meteorologico della Kredarica (2514 m; Alpi Giulie slovene), sotto le pareti del monte Triglav (2864 m) lo spessore neve al nivometro ha raggiunto i 510 cm il 24 maggio, la più alta misura mai osservata alla stessa data da almeno 67 anni, da quando cioè nel 1954 iniziarono le misure sistematiche. 30 km più ad ovest e 700 m più in basso, nei pressi del rifugio Gilberti, resistono ancora 3 metri e mezzo di neve al suolo, circa 2 metri in più del valore normalescrive Colucci – . La sera del 23 maggio 2021, alla fine di 24 ore di forti nevicate che hanno deposto complessivamente 63 cm di neve fresca, il nivometro dell’Osservatorio meteorologico di Kredarica (da leggersi “Credarìza”), il più alto della Slovenia e di tutte le Alpi Giulie con i suoi 2514 m di quota, ha raggiunto i 510 cm di spessore nevoso. Tale misura, uguale a quella toccata il 24 gennaio scorso, è di fatto la più alta mai osservata nel corso dell’ultima settimana di maggio da quando l’osservatorio è in funzione, ossia dal gennaio 1954.”

L’inverno 1978-1979

“Il dato del 24 maggio 2021 è simile a quello della stagione invernale 1978-1979prosegue il glaciologo – . Nel maggio di 42 anni fa furono misurati 508 cm di neve il giorno 23 e 490 cm il 24 (n.d.r., 470 cm e 505 cm rispettivamente la mattina del 23 e 24 maggio 2021). I dati sono forniti dall’Agenzia Ambientale della Repubblica di Slovenia attraverso il portale arso.si. Nelle due occasioni, la condizione per l’ottenimento di queste eccezionali misure di spessore nevoso per la fine di maggio derivano però da situazioni diametralmente opposte. Nel 1979, alla stessa data, la neve era già in rapida fusione da oltre due settimane avendo perso, come tipicamente accade, circa 120 cm di spessore dal massimo di 630 cm toccato il 5 maggio. Quest’anno invece l’attuale anomalia nevosa positiva è la conseguenza di 332 cm di neve caduta nelle sole ultime tre settimane.”

Le annate più nevose

Negli ultimi 67 anni sono state 4 le annate maggiormente nevose, con cui è opportuno effettuare confronti dei dati del 2021: gli inverni 1978-79, 2000-01, 2008-09 e 2013-14.

“L’inverno 2000-2001 rimane quello con l’innevamento più abbondante di tutta la serie storica, quando si raggiunsero i 700 cm al suolo il 21 aprile – evidenzia Colucci – . Il 2001, peraltro, è l’ultimo anno ad aver fatto registrare, a fine estate, bilanci di massa diffusamente positivi sulla maggior parte dei ghiacciai alpini; seguono in ordine il 1978-79, il 2008-09 ed il 2013-14. In tutte le passate occasioni, però, il mese di maggio è risultato un mese di forte fusione e riduzione dello spessore della neve che, grazie ai primi tepori primaverili, generalmente si riduce di circa 120 cm in 31 giorni, dai 310 cm medi di inizio mese ai 190 cm di fine mese (climatologia 1979-2020).”

L’inverno 2020-2021

Qualche dettaglio sull’inverno appena trascorso. “L’inverno 2020-2021 è iniziato in modo molto vivace portando inizialmente gli spessori di neve a livelli eccezionali con frequenti nevicate anche alle quote di valle – spiega il ricercatore – . I due mesi primaverili di marzo ed aprile 2021, con quasi totale assenza di precipitazioni, hanno però fatto ridimensionare l’anomalia nevosa positiva, tanto che alla fine di aprile rimanevano 317 cm di neve alla Kredarica, rispetto ad una media normale di 312 cm. I quasi 2 metri di perdita di spessore dall’inizio di febbraio si devono a diversi fattori quali il naturale assestamento del manto nevoso, l’erosione prodotta dall’azione del vento e le due ondate di caldo anomalo, dalle caratteristiche quasi estive, a fine febbraio e fine marzo. La repentina ripresa delle precipitazioni a maggio, associata alle basse temperature soprattutto in quota, ha quest’anno un po’ stravolto il normale andamento del quinto mese dell’anno 2021, trasformandolo in un mese di accumulo.”

Anomalie solo ad alta quota

“Tale caratteristica si è evidenziata però solo ad alta quota – chiarisce Colucci – , mentre più in basso, come il caso del Canin ai 1830 m della stazione meteorologica del Livinal Lunc, le temperature più elevate hanno generalmente inibito l’accumulo. Nel corso del mese di maggio al Livinal Lunc si perdono normalmente circa 160 cm di neve, ma le ricorrenti nevicate inframmezzate a eventi piovosi hanno contribuito quest’anno a mantenere di fatto quasi invariati gli spessori acquisiti. Dall’inizio di maggio e fino ad oggi (25 maggio) si sono infatti persi solamente una trentina di cm.”

Cosa succederà in estate?

“Qualunque sia il proseguo della stagione estiva entrante che esordirà il giorno 1 giugno, è verosimile ritenere che la neve al suolo rimarrà ben presente fino al mese di luglio inoltrato, in particolare sulle esposizioni settentrionali. La resistenza di un maggior numero di nevai, generalmente non permanenti, fino all’inizio del prossimo autunno è da ritenersi molto probabile. Ciò nonostante, estremi estivi simili a quelli occorsi con frequenza sempre maggiore nelle estati degli ultimi 2 decenni, potrebbero comunque essere in grado di vanificare il surplus nevoso fin qui acquisito.”

Maggio nevoso e cambiamento climatico

Arriviamo a un punto dolente: l’analisi della correlazione tra eventi nevosi estremi e cambiamento climatico. Renato R. Colucci pone in chiusura l’attenzione su un fenomeno di cui abbiamo avuto modo di parlare nei giorni scorsi: lo stretto legame tra scioglimento dei ghiacci polari e alterazione dei pattern climatici.

“Dati antecedenti al 1954 ad alta quota sulle Alpi Giulie non sono disponibili, ma dalle misurazioni di stazioni poste a quote inferiori e a valle è verosimile ritenere che nei mesi di maggio del 1951, 1917 e 1876 lo spessore al suolo possa essere stato molto più abbondante di quello di quest’annoscrive – . Ciò nonostante, diversi indicatori fanno ritenere che questi estremi nevosi, recentemente aumentati in numero ed intensità, siano da collegarsi alla modifica dei pattern atmosferici e di alcuni indici climatici indotta da effetti di retroazione attivi alla latitudini artiche. Tale effetto, che prende il nome di ‘Amplificazione Artica’, vede le zone polari settentrionali del pianeta subire gli effetti maggiori del riscaldamento globale in atto. A livello locale, come il caso delle Alpi Giulie, la circolazione generale sembra recentemente favorire l’innesco di eventi di precipitazione intensa estremizzati da fattori topo-climatici ed orografici, ulteriormente esacerbati dall’interazione tra boundary layer (strato limite) e superficie del mare Adriatico più calda.” 

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