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Alpinismo, sport, ossigeno e doping. Intervista a Denis Urubko

Denis Urubko è certamente uno degli alpinisti più forti e con maggiore esperienza himalayana e invernale. Nella sfida al K2, è l’uomo che ha raggiunto la quota più alta nella stagione fredda (7800m sul versante nord).

Qualche giorno fa è intervenuto sui social con parole molto forti circa l’utilizzo dell’ossigeno nell’alpinismo, che Urubko ha ribadito essere un doping molto potente. “Mi dispiace vedere la relazione strana che ha la comunità alpinistica. Gli atleti di boxe, corsa, sci, ciclismo o altre discipline che usano il doping sono disprezzati, suscitano reazioni di disgusto e sono puniti con sanzioni anche pesanti dalle autorità ufficiali. Nell’alpinismo invece chi usa l’ossigeno diventa un eroe. Sono davvero sorpreso da questa inversione psicologica” e ancora: “Io riconosco gli alpinisti che nell’alpinismo moderno usano ossigeno supplementare dichiarando la loro salita sportiva, ma non li rispetto.

Un pensiero etico che Urubko porta avanti da tanti anni, a cui i detrattori rispondono affermando che l’alpinismo non è uno sport e quindi non può essere assoggettato a regole, incluse quelle del doping. Ne abbiamo parlato con lui, cercando di farci spiegare meglio la sua posizione e cogliendo anche l’occasione per farlo sbottonare sulla stagione invernale attualmente in corso al K2.

 

Hai scritto che salire una montagna con l’ossigeno è doping. Ci spieghi che benefici si hanno facendone uso su un 8000?

“L’ossigeno fa miracoli! Aiuta a non star male, fa sentire meno la stanchezza e le temperature basse. Io non l’ho mai usato, ma ho assistito a tanti esempi in alta quota, come quando si dà ossigeno ad alpinisti “quasi morti” che in pochi minuti cambiano la propria condizione stando subito meglio. Ho anche ascoltato informazioni da altri, le ho analizzate, ho letto molto. Il corpo funziona con l’energia (quella del cibo) e l’ossigeno aiuta i muscoli a sfruttarla. L’alpinista che ne fa uso è quindi più efficiente anche perché il sangue rimane più fluido, nei polmoni non si formano liquidi, le tossine prodotte dopo l’attività fisica vengono espulse dall’organismo più facilmente e non rimangono in circolazione affaticando i reni. Certo, incide anche la quantità di litri di ossigeno che si respirano al minuto dalle bombole: 2 litri per un minuto? Va bene! 3 litri? va benissimo! Con 4 litri per minuto l’alpinista è come se fosse 3000-3500 metri più in basso di quota, questo significa che non teme più i congelamenti, non perde la lucidità, non sbaglia la propria azioni, non si sente troppo stanco. Tutti i problemi della quota si riducano miracolosamente”.

Molti dicono che non si può parlare di doping perché l’alpinismo non è uno sport non avendo regole e ognuno più fare quello che vuole. Sei d’accordo?

Non è uno sport? In alpinismo tutti usano la parola “primo”. Il primo in vetta di una nazionalità, il primo amputato, il più veloce, il più giovane o il più vecchio, il primo scalatore in cima con un dito nel naso… il primo scalatore con il dito sinistro nel naso (scherzavamo su questo al Broad Peak con Don Bowie!). Voler essere “il primo” o “il più” sono espressioni dello sport. Per questo motivo possiamo definire l’alpinismo come uno sport. Come lo è la bici: qualcuno partecipa alle gare (fa sport), mentre ad altri piace fare solo giri culturali (e dicono che “non è sport”). I tempi passano, cambiano. Cento anni fa con i materiali che c’erano non era pensabile un tentativo senza ossigeno per Mallory e Irvine. Ma la tecnologia è avanzata e noi abbiamo orizzonti nuovi. Nel 1982 la spedizione sovietica ha scalato una via straordinaria sulla parete dell’Everest, un record incredibile! Erano con l’ossigeno quasi tutti e non ho nulla da dire, fu una storia eroica, grandissima! Ma un ragazzo, Vladimir Balyberdin, l’ha salito senza ossigeno, ha lavorato tanto in attacco e faticando più di tanti altri. Quest’avventura ha lasciato agli alpinisti sovietici una maggiore sensibilità. 

L’alpinismo è libertà, certo. Ogni scalatore ha la libertà di realizzare l’ascensione nello stile che preferisce, ma dobbiamo sempre farci domande etiche: se durante il “Tour de France” un partecipante usasse una moto e arrivasse primo potrebbe certamente dire “ho vinto! ho realizzato il sogno!” e avrebbe pure fatto un record, ma avrebbe senso un record del genere? E quello con il dito nel naso?

Un altro esempio molto conosciuto è la chiodatura con il compressore di Cesare Maestri sul Cerro Torre. Per qualcuno è l’esempio della libertà, certo. Ma non per altri per la modalità non naturale della salita, il limite dell’ascensione “free style”.

L’ossigeno è uno strumento utile per lavorare, come sotto al mare o per scalare l’Everest 20-50 volte con i clienti, ma per lo sviluppo della nostra cultura alpinistica è stata molto più importante la salita di Messner e Habeler senza ossigeno: un’esplorazione che ha portato le generazioni dopo oltre i limiti mentali. Anche la storia di Juanito Oairzabal, che ha salito 26 volte cime sopra gli 8000m senza ossigeno, fu un passo avanti. Tutte le salite con l’ossigeno nel periodo moderno sono invece un passo sul posto, uno stop al sogno reale dell’alpinismo“.

Cosa ne pensi di chi sale senza ossigeno ma usa le corde fissate dagli sherpa che usano ossigeno? Anche questo è doping?

Parliamo di cose diverse: tutte le fonti esterne che forniscono energia al corpo (ossigeno, solette riscaldate, doping farmacologico) sono fuori dalle regole etiche del gioco.

I materiali che invece vengono usati per salire, anche se già presenti, non incidono sugli sforzi dell’alpinista. Faccio un esempio non preciso, ma che può aiutare a chiarire: un arrampicatore sportivo, come può essere Alex Megos, usa la chiodatura già fissata. Uno scalatore specialista dello stile “trad”, come James Pearson, pensa lui stesso alla propria sicurezza. In entrambi i casi però, i movimenti sono tutti “fai da te”, realizzati dopo allenamenti durissimi e senza aiuti esterni.

Certamente, la mia salita in stile alpino sul Gasherbrum 2 per una via nuova in solitaria è una esplorazione estrema, non c’è dubbio e se qualcuno (un matto, non uno stupido) è capace di conquistare il K2 invernale nello stesso modo… beh, sarà per me l’avventura mai immaginata! Ma sono sogni per il futuro. Ribadisco: si parla di doping quando si utilizza “energia esterna” (non naturale) durante l’azione. Il cibo non è doping, il gas butano per il fornello non è doping, come non lo è usare le corde lasciate dagli altri membri della spedizione o dalle spedizioni passate“.

Waldemar Kowalensky, tornato dal K2 pochi giorni fa, ha detto che oggi è impossibile salire il K2 in inverno senza ossigeno. Secondo lui per farlo bisognerà attendere che la tecnologia realizzi solette riscaldate con batterie più durature e fornelletti che sciolgono l’acqua più velocemente. Cosa ne pensi?

“Non sono d’accordo”.

Stai seguendo la stagione invernale al K2?

(Ride) Io non vorrei farlo, ma i miei amici mi mandano sempre dettagli, come del resto stai facendo anche tu adesso! Dall’inizio vorrei ringraziare Sergi Mingote, che sta facendo un tentativo senza ossigeno, per la sua idea e la sua motivazione. Adesso però voglio tare tanti auguri anche a Tamara Lunger e Alex Gavan!”

Questo inverno ci sono tanti alpinisti a tentare di scalare il K2? Hanno una chance?

“Non hanno, ma abbiamo!”.

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