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Impossibile scalare il K2 in inverno senza ossigeno?

Scalare il K2 d’inverno senza ossigeno è impossibile allo stato attuale della tecnica e tecnologia”. A dirlo Waldemar Kowalensky, evacuato qualche giorno fa dal campo base dopo aver lanciato il guanto di sfida al K2 e averlo poi in buon ordine raccolto da terra  a causa di un’ernia. E si suppone anche di questo suo pensiero confidato ai social al suo rientro a Skardu.

Magari fosse così. Ho il sospetto, giustificato dalla storia (non solo dell’alpinismo) che l’uomo a forza di dai e dai gli obbiettivi che si pone li raggiunge. A volte sono obbiettivi buoni e giusti (ma chi è titolato al discrimine?), altri meno. A volte ci impiega molto tempo, altre volte, grazie a ingenti investimenti di risorse umane soldi e materiale, in tempi sorprendenti seppur gli obbiettivi e i processi siano molto complicati e difficili, come per il vaccino per il covid. L’alpinismo non è una priorità del mondo, malgrado lo sia per uno sparuto (ma appassionato) numero di abitanti del pianeta e come il resto delle cose normali a volte accelera i suoi processi evolutivi, altre volte va piano piano, “pistare-pistare” direbbero i miei amici nepalesi. Dopo di che, non mi stancherò mai di dire che anche per l’alpinismo esistono regole (non scritte, per carità), tradizioni e consuetudini che determino nel sentire comune degli alpinisti la consapevolezza di una buona o cattiva evoluzione.

Ma torniamo al K2.

Waldemar Kowalensky ci dice che per arrivare in cima al K2 senza ossigeno servirebbero due condizioni: batterie che scaldano le solette degli scarponi con un’autonomia di 50 ore (cosa che secondo il polacco bisognerebbe chiedere alla NASA) e nuove fonti di energia per sciogliere più facilmente l’acqua in quota durante il rigido inverno himalayano e potersi dissetare (oggi, come ieri, per intiepidirne 1 litro a C1 ci si impiega circa 2 ore). Conclude affermando che è quindi oggi impossibile salire il K2, data l’attuale evoluzione scientifica e tecnologica, anche se, alla fine, si offre di pagare una cena a chi lo smentirà e quest’anno arriverà in vetta.

E bravo. Io però tifo sempre per il K2 e spero che il costo della cena Waldemar se lo risparmi.

La montagna ha iniziato in questi giorni a mettere in campo le sue difese, anche se al campo base ci sono campioni ai quali prudono le mani e i piedi. Vedremo.

Vorrei anche chiarire, rispetto al mio precedente articolo forse mal interpretato, che io tifo per la montagna, ma spero fortemente che sia benevola e che faccia tornare tutti a casa, al massimo con qualche pizzicotto da congelamento. Non ho poi mai scritto che sono contrario al business in alta montagna, purché regolato rigorosamente nel rispetto dell’incolumità dei frequentatori e della natura che non ha solo un valore materiale, ma anche estetico, culturale e per qualcuno anche spirituale e per altri scientifico. Se poi parliamo di alpinismo, come dire, un po’ di rispetto per i duecento e più anni di sua  storia sarebbe gradito, forse anche utile.

Come è saggio pensare che andare per montagne con compagni diversi per cultura, tradizione, nazionalità, religione e perfino di fede politica disparata, come mi è sempre accaduto (anche al K2), sia cosa (credo) dabbene.

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