Alpinismo

Antonioli, Salvadori e Secchi in 59 ore lungo la cresta Ortles-Cevedale

Un sogno rimasto nel cassetto per 15 anni, così Robert Antonioli parla della traversata lungo la cresta Ortles-Cevedale realizzata con Luca Salvadori e Federico Secchi. “Sono le montagne che vediamo ogni giorno dalla finestra di casa” spiega Antonioli. “Si tratta di un giro che fa da corona alla Valfurva, così già da ragazzini abbiamo iniziato a sognare”. Un desiderio che i tre hanno coltivato fin dall’adolescenza, per realizzarlo hanno però dovuto aspettare di formarsi atleticamente e alpinisticamente. “All’inizio non avevamo la preparazione adeguata per farlo, quando poi eravamo pronti sono arrivati tutti gli impegni familiari e tecnici a rimandare la cosa. Questo fine settimana  di metà settembre si è poi presentata l’occasione per provarci e siamo partiti all’arrembaggio”.

I tre sono partiti il 19 settembre dal centro di San Nicolò in Valfurva raggiungendo prima la Cima di Reit, quindi Punta Thurwieser. A questo punto su veloci verso l’Ortles e poi giù a riprendere la via per raggiungere Monte Zebrù e Gran Zebrù, avanti fino al rifugio Casati e infine sul percorso delle 13 Cime che i tre conoscono bene e su cui Antonioli, insieme ad Andrea Prandi, ha segnato il nuovo record a metà luglio (6h 52′ 56″ per coprire un percorso di 37 chilometri e 4000 metri di dislivello). Ultima cima toccata, quella del Pizzo Tresero, dove poi è iniziata la discesa verso valle e il rientro a Santa Caterina Valfurva.

8000 i metri di dislivello superati, su un percorso per lo più alpinistico lungo 57 chilometri. Il tutto in 59 ore. Ma, sottolinea Robert, si tratta di un’esperienza diversa rispetto alla già citata traversata delle 13 Cime. “Come prima cosa bisogna sottolineare che il percorso delle 13 Cime è il tratto più facile di questo traversata. I due progetti sono diversi perché nel primo caso eravamo equipaggiati in modo molto leggero e sul percorso avevamo persone a supporto, più o meno come fossimo in gara. Anche la motivazione era diversa, a metà luglio volevamo andare via veloci. Una condizione completamente diversa rispetto a quella di questo fine settimana. Qui non cercavamo la velocità, ma volevamo completare il giro. All’inizio non eravamo nemmeno convinti di riuscirci. Poi, un passo dopo l’altro, hanno visto questa avventura trasformarsi in realtà. Nessun record quindi, solo l’ambizione di percorrere l’ideale cresta di casa con uno stile che si avvicina a quello di un tempo: nessun annuncio, sottotono fino alla fine. Un modo di vivere la montagna che oggi, in un mondo sommerso di annunci e narrazioni precoci, fa piacere ritrovare. Come detto più e più volte l’avventura sta dietro la porta di casa, basta aver voglia di cercarla spegnendo per un istante la comunicazione mediatica.

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2 Commenti

  1. Veramente molto bello: approccio che ha il sapore di altri tempi e performance di assoluto rilievo senza il fracasso mediatico di tanti altri, questo è l’alpinismo che mi piace! Chapeau!

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