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Trento Film Festival, è il giorno delle premiazioni!

Assegnate le Genziane e il premio ITAS del Libro di Montagna

La 68esima edizione del Trento Film Festival volge oggi al termine. Uno dei momenti più attesi della giornata di chiusura è senz’altro il Galà di Premiazione in programma questa sera alle ore 19.30. Un evento che si svolgerà SOLO online, fruibile da tutti gli appassionati sui canali Facebook e Youtube del TFF. Una premiazione doppia che vedrà conferire i riconoscimenti ai film vincitori delle Genziane e all’autore vincitore del premio ITAS del Libro di Montagna. In attesa che scocchi l’ora X andiamo insieme a scoprire in anteprima i riconoscimenti assegnati.

I migliori film della 68esima edizione

La Giuria della 68esima edizione del Trento Film Festival, costituita da Carlos Casas (regista e artista spagnolo), Matteo Della Bordella (alpinista italiano), Carmen Gray (giornalista e critica cinematografica neozelandese), Gustav Hofer (filmmaker e reporter italiano) e Salomé Jashi (regista georgiana), ha decretato i seguenti film vincitori:

  • Genziana d’oro Miglior film di alpinismo, popolazioni e vita di montagna – Premio CAI: “The Wind. A Documentary Thriller”.
  • Genziana d’oro Miglior film di esplorazione o avventura – Premio “Città di Bolzano”: “Sidik and the Panther”.
  • Genziane d’argento Miglior contributo tecnico-artistico: “Sicherheit 123”.
  • Miglior cortometraggio: “Then Comes The Evening”.
  • Premio della Giuria: “Alpinist – Confession of a Cameraman”.
  • Menzione speciale: “Polyfonatura”.

“Anche quest’anno – ha evidenziato il presidente del Trento Film Festival, Mauro Leveghi – i film vincitori del Trento Film Festival richiamano l’attenzione del grande pubblico su temi focali per la nostra vita, tra i quali quello del limite, inteso come la necessità di riaccendere in tutti noi la consapevolezza del delicato equilibrio tra l’uomo e la natura. Natura che rappresenta – così come evoca il film ‘Sidik and the Panther’ – la nostra “casa”, la nostra “patria”. ‘A Tunnel’ e ‘The Wind. A Documentary Thriller’ ci ricordano con i loro racconti intensi e talvolta drammatici, ma senza esasperazioni, le tensioni umane e sociali che scaturiscono quando si perdono i punti di riferimento rappresentati dagli ambienti naturali in cui si è nati e vissuti, così come avviene agli abitanti di un villaggio di montagna della Georgia, nel cui territorio dovrà essere realizzata un’opera ferroviaria. O ci dicono di come la nostra vita possa essere sospesa di fronte alla forza devastante delle intemperie, così come avviene per gli abitanti della regione di Zakopane in Polonia, dove l’Halny, un forte vento, mette regolarmente a rischio la loro vita, riportandoci alla mente la ferita lasciata dalla tempesta Vaia a fine 2018 e a cui si è richiamato l’artista Albino Rossi per la realizzazione del manifesto di questa 68. edizione del festival. Ancora una volta i film del Trento Film Festival rappresentano, dunque, lo specchio di una società chiamata a fare delle scelte importanti per il proprio futuro, per il quale occorre chiedersi, in modo urgente e senza ipocrisie, fino a che punto si è disposti a vivere un presente che impedisce di guardare verso nuovi orizzonti. In questo senso la montagna e le sue culture, narrate dal festival, continuano ad offrire occasioni di riflessione per ritrovare quel senso del limite e dell’equilibrio con la natura di cui l’uomo deve assolutamente avere coscienza”.

La Georgia ospite e vincitrice

La Georgia – Paese ospite di questa edizione – conquista il 68° Trento Film Festival con il documentario “A Tunnel” di Nino Orjonikidze e Vano Arsenishvili (Georgia/Germania, 2019, 90’).

La Giuria internazionale ha assegnato al film la prestigiosa Genziana d’oro Miglior film – Gran Premio “Città di Trento” – con la seguente motivazione: “una straordinaria vicinanza, un senso per l’atmosfera visiva e un’ottima sintonia con gli squilibri strutturali del potere sono alla base di un film che dice molto del nostro attuale periodo di tensioni geopolitiche, di identità contestate e di un mondo globalizzato del lavoro e del capitale. Drammatico ma mai esagerato, il film identifica gli eventi di un piccolo villaggio come uno scontro tra passato e futuro, tra chi ha e chi non ha, in cui tutti abbiamo un ruolo”.

Le altre Genziane d’oro

Si aggiudica la Genziana d’oro Miglior film di alpinismo, popolazioni e vita di montagna – Premio del Club Alpino Italiano “The Wind. A Documentary Thriller” di Michal Bielawski (Polonia, 2019, 75’).

“Le persone che vivono in montagna – si legge nella motivazione – possono essere esposte a condizioni climatiche estreme, con effetti sul corpo e sulla mente. Grazie a un approccio intrigante e inventivo, il regista conduce il pubblico nella vita degli abitanti della regione di Zakopane in Polonia, dove l’Halny, un forte vento, mette regolarmente a rischio la loro vita e il loro benessere. Creando un’atmosfera di eterna sospensione e seguendo i protagonisti in modo intimo, questo documentario ci ricorda il delicato equilibrio tra la natura e l’uomo, attraverso il lucido sguardo cinematografico dell’autore”.

“The Wind costituisce la conferma cinematografica dell’analisi sulla montanità, tema della serata di apertura di questo 68. Trento Film Festival e centrale nelle riflessioni e proiezioni in atto nel Club Alpino Italiano”, ha dichiarato il presidente generale del CAI, Vincenzo Torti. “Il vento che colpisce Zakopane, infatti, ripropone la situazione ricorrente di molte popolazioni di montagna che, oltre all’oggettiva difficoltà connessa a distanze e altitudini, si trovano spesso costrette al confronto con elementi naturali di cui si può prevedere l’arrivo, ma non l’intensità, a volte tale da travolgere ogni cosa. E, a dispetto del più forte dei venti, le protagoniste restano sempre loro: le genti capaci di mantenersi intimamente legate alle proprie montagne, qualsiasi cosa accada”.

La Genziana d’oro Miglior film di esplorazione o avventura – Premio “Città di Bolzano” è andato a “Sidik and the Panther” di Reber Dosky (Paesi Bassi, 2019, 83’), “per il profondo impegno nei confronti della natura, per come connette ecologia e politica, per lo straordinario racconto di quest’esplorazione estrema, per il suo profondo senso di appartenenza e radicamento alle tradizioni e alla natura come patria di noi tutti. Questo film documenta e cattura attraverso immagini realizzate in modo straordinario il rispetto e la passione per il proprio ambiente e la propria storia”.

Genziane d’argento

Genziana d’argento – Miglior contributo tecnico – artistico a “Sicherheit 123” di Florian Kofler e Julia Gutweniger (Italia/Austria, 2019, 72’). “Questo film cattura l’attesa – si legge nella motivazione della Giuria – una catastrofe potrebbe verificarsi in qualsiasi momento, non in un luogo qualunque, ma proprio dietro casa. Ma per ora è solo una possibilità, un rischio. I registi riescono a rappresentare la serenità anche in situazioni tutt’altro che serene. Il trattamento artistico del soggetto plasma il contenuto. L’approccio estetico della macchina da presa e del suono aggiungono un sottofondo emotivo agli eventi. Il film diventa una contemplazione della grandezza della natura e degli sforzi dell’uomo per controllarne la minaccia”.

Genziana d’argento – Miglior cortometraggio a “Then comes the evening” di Maja Novakovicé (Serbia/Bosnia Erzegovina, 2019, 28’), “per aver saputo infondere una vita molto semplice in una magnifica natura morta – si legge nella motivazione della giuria – una natura morta più che mai vitale, nella quale ogni goccia di luce ha un significato e modella le forme in un modo che si nota d’improvviso nell’infanzia, o in uno scorcio di rivelazione. Per il lavoro meticoloso dei registi nel creare un’opera d’arte che esalta la forma cinematografica”.

Premio della Giuria

Il Premio della Giuria è stato assegnato al documentario “Alpinist – Confession of a cameraman” di Kim Minchul e Lim Iljin (Corea del Sud, 2019, 90’): “il film offre un punto di vista assolutamente originale, autentico e non convenzionale sull’alpinismo. Questo documentario è un vero e proprio viaggio nella vita del cameraman e alpinista Lim Iljin, con una profonda conoscenza dell’alpinismo e delle diverse ragioni che spingono gli uomini verso la montagna. È un lavoro crudo, a volte doloroso, frutto di molti anni di esperienza sulle montagne più ostili del pianeta, che descrive al meglio alcuni dei lati più scomodi dell’alpinismo. Questo film è un omaggio a ogni appassionato alpinista e cameraman”.

Menzione speciale

La Giuria ha inoltre assegnato la Menzione speciale a “Polyfonatura” di Jon Vatne (Norvegia, 2019, 20’), dedicato all’esperimento naturalistico-musicale dell’eclettico artista sonoro Eirik Havnes. “A un film che ha catturato la nostra curiosità e che presenta meravigliosamente un processo creativo e le sue interconnessioni con la natura” si legge nella motivazione.

Premio ITAS. Vince “Il libro della neve” di Franco Brevini

La 46°edizione del premio ITAS del Libro di Montagna, davvero da record per numero di opere partecipanti (123 opere da 58 case editrici), ha scelto quest’anno di introdurre come novità la proclamazione di un unico vincitore assoluto. And the winner is…Franco Brevini, con il suo “Il libro della neve” (Il Mulino). Oltre a vincere nella sezione, “Ricerca e Ambiente” (per la quale la sua opera era in concorso), Franco Brevini è dunque anche il primo vincitore del Premio ITAS nella sua rinnovata struttura.

Critico letterario, docente universitario, alpinista appassionato e protagonista di viaggi d’esplorazione ai quattro angoli del mondo, Brevini è portatore di una cultura che si nutre dell’esperienza e, al tempo stesso, un pensatore capace di riflessioni profonde su ciò che spesso si è portati a dare per scontato. Il bisogno di conoscere e sapere l’ha spinto lungo gli affascinanti sentieri della poesia dialettale italiana come sulle vie delle montagne più alte. Con “Il libro della neve”, l’autore ha prodotto un volume che parte dall’osservazione di un singolo fiocco di neve, ci trascina in un viaggio affascinante che spazia dal timore suscitato negli antichi dal “crudo verno” ai pattinatori raffigurati nei quadri fiamminghi, dal senso del sublime che le Alpi innevate evocavano ai poeti romantici alla visione addomesticata dei pendii imbiancati proposta dai moderni comprensori sciistici. Un libro necessario, molto documentato, riccamente illustrato con gusto e raccontato da una voce affascinante come quelle che ci piacerebbe ascoltare la sera, nel tepore di un rifugio, mentre fuori mulinano i turbini della “bianca signora”.

Le opere migliori per sezione

Le altre migliori opere che la giuria ha decretato nelle sezioni in gara sono:

  • “L’impero in quota” (Einaudi) di Silvia Giorcelli Bersani – sezione “Vita e storie di montagna”. Con questo volume si traccia forse il primo profilo strutturato e completo della presenza dei Romani nelle Terre Alte, con una portata metodologica che va oltre i confini storici tracciati. La scrittura, inoltre, pur non rinunciando mai alla precisione scientifica, sa essere chiara ed efficace. Le storie di vita delle persone che hanno animato le Terre Alte in età antica sono studiate, descritte e raccontate con una esemplare sintesi di metodo ed efficacia. A ciò, si aggiunge la capacità dell’autrice di saper osservare quel mondo con una visione prospettica, che non altera il dato storico, ma lo colloca sempre in un contesto più ampio che, anche se solo a contorno, tocca il passato più remoto, antecedente la presenza romana, e il presente. E dimostra che se la presenza romana nelle Alpi è stata foriera di scontro con le popolazioni indigene, ebbene questo scontro è stato “sì traumatico, certamente, ma anche e soprattutto fecondo”, perchè le Alpi in età romana furono “un esemplare laboratorio di sperimentazione politica, amministrativa, sociale e culturale”.
  • “Trail Running & Ultra Trail” (Mulatero editore) di Nicola Giovanelli – sezione “Guide e mappe”. Manuale per la preparazione, la programmazione dell’allenamento e della strategia di gara. Nicola Giovanelli riesce nel difficile compito di condensare il risultato di conoscenze accumulate in anni di esperienza come ricercatore, atleta e allenatore, rendendole fruibili a un pubblico vasto. Lo fa in maniera agile, esaustiva, avvalendosi di schemi e diagrammi, test di valutazione, foto-sequenze e tabelle. Dischiude una vera e propria miniera di informazioni, dando modo a chiunque voglia avvicinarsi a questa disciplina, o a chi intenda migliorare la sua prestazione, di poggiare su una solida base di conoscenze pratiche da cui partire per “dare gambe”, con metodo e consapevolezza, al suo sogno di montagna “vissuto di corsa”.
  • “Il settemila impossibile” (Corbaccio) di Doug Scott – sezione “Alpinismo e sport di montagna“. Dopo mesi di preparativi e settimane di permanenza sulla montagna, il pomeriggio del 13 luglio 1977, Doug Scott, alpinista di fama mondiale tra gli anni ’70 e ’80, insieme a Chris Bonington raggiunge la cima dell’Ogre, nel Karakorum. Sono i primi alpinisti in assoluto a conquistare una delle vette tra le più difficili al mondo. La spedizione si sarebbe potuta concludere con soddisfazione, per finire negli annali dell’Alpine Club, ma le difficoltà estreme sono tante e inizia così l’odissea della discesa. É un bel saggio di esplorazione, un manuale di storia dell’alpinismo sulle alte montagne, un libro di viaggio e, ovviamente, un gran resoconto di ascensione. Accanto alla medaglia d’ora della Royal Geographical Society, ora Doug Scott può esporre due premi Itas per la letteratura di montagna (il primo vinto nel 1993 per “Himalayan Climber”), unico autore fino ad ora ad esserci riuscito.
  • “Una balena va in montagna” (Salani editore) di Ester Armanino e Nicola Magrin – sezione “Libri per ragazzi”. É una storia in cui il suo fluire collega due mondi distanti e diventa veicolo di una grande amicizia: una creatura del mare e un figlio della montagna, legati l’una all’altro da un torrente. Le parole di Ester Armanino, semplici e antiche come nelle favole, e i potenti disegni di Nicola Magrin dialogano tra loro e trovano corrispondenze, anch’esse sono due anime che incontrandosi portano in dote le proprie origini: l’acqua salata del Mar Ligure e quella dolce dei corsi d’acqua della Valtellina che si uniscono poeticamente in questo libro.

La Menzione speciale Trentino, segnalazione particolare riservata all’opera che valorizza gli autori o l’editoria del Trentino, è stata assegnata a Le radici dei boschi. La questione forestale nel Tirolo italiano durante l‘Ottocento” (Publistampa Edizioni) di Mario Cerato. Il libro documenta l’evoluzione del rapporto tra le autorità governative, le popolazioni e le loro foreste durante il XIX secolo. L’operazione che compie Cerato è quella di indagare con metodo rigoroso, coniugando le profonde competenze scientifico-tecniche con quelle della ricerca storica, sorretta da una vastissima documentazione. Ne esce un poderoso saggio che analizza la questione forestale con uno sguardo che è insieme specifico e sistemico. L’autore affronta con sapienza le complesse questioni amministrative e gestionali, descrive i problemi dell’utilizzo delle risorse forestali, le interazioni e i conflitti ad esse legati. Ricostruisce storie di territori molto diversi fra loro e le trasformazioni che li hanno percorsi e modellati. Ci restituisce un quadro dalle molteplici e stimolanti letture. Una di queste emerge con grande nettezza: il bosco come parte integrante della collettività trentina, della sua storia, che ne ha condizionato l’esistenza e a sua volta è stato condizionato.

Una edizione ricca di tenacia, orgoglio e meraviglia

Tenacia, orgoglio, meraviglia. Sono queste le tre parole chiave con le quali riassumerei questa particolarissima annata del Premio Itas. Tenacia nell’andare avanti nonostante l’evidenza che le nostre riunioni primaverili saltavano fatalmente una dopo l’altra, e che l’emergenza era da prendere molto sul serio – spiega Enrico Brizzi, Presidente della giuria del Premio ITAS del Libro di Montagna – . Neanche per un attimo, tuttavia, abbiamo pensato che questa edizione del Premio potesse saltare. Siamo andati avanti a distanza col pieno sostegno della Compagnia, e crediamo in questo modo di avere reso onore al Premio stesso, agli autori e agli editori di tutti i volumi in concorso. Orgoglio, perché con gli amici del Trento Film Festival siamo stati i primi a tornare in pista, a testimoniare che, per quanto duramente colpiti, si può e si deve ripartire. Meraviglia, infine, nel renderci conto ancora una volta, e più che mai, che l’essere umano è animale sociale, che agogna stare con gli altri e sente propri i libri capaci di parlare al suo cuore. È stato struggente, nei mesi duri della quarantena collettiva, leggere di montagne, grandi spazi, viaggi. Ma appena è stato possibile siamo tornati: lungo i sentieri, nei rifugi, per le alte vie, e qui, dove si celebra la storia d’amore infinita fra chi ama la montagna e chi sa trovare le parole più sorprendenti ed esatte per narrarla”.

Già si guarda alla 69esima edizione

“Nonostante le difficoltà e gli imprevisti meteorologici, anche questa edizione speciale del Trento Film Festival – commenta il direttore della rassegna, Luana Bisesti – è stata premiata dal pubblico, con un successo al di sopra delle aspettative per le proposte in streaming. La presenza nelle sale, naturalmente, ha risentito della situazione legata al Covid-19, ma vedere gli spettatori davanti al grande schermo, ancorché distanziati, creando uno strano effetto a scacchiera, ci ha rincuorato, dandoci un ulteriore sprone per pensare già alla prossima edizione della rassegna all’insegna di un ritorno alla normalità. Altrettanta soddisfazione ci è giunta anche dai territori e dalle valli del Trentino dove quest’anno il festival è stato presente, realizzando eventi e proiezioni in collaborazione con altre manifestazioni e istituzioni. Abbiamo sentito in questi luoghi e negli eventi che si sono svolti a Trento il grande affetto che le persone nutrono nei confronti del festival e l’apprezzamento per il coraggio di avere organizzato comunque un’edizione speciale della rassegna, nonostante il momento difficile per tutti. In questo senso l’edizione di quest’anno ha rappresentato un messaggio di speranza per ripartire, indicando anche delle possibili strade da percorrere per un futuro sostenibile, dove ognuno possa avere ancora la possibilità di raccontare i propri sogni e desideri”.

“Il numero di spettatori è stato inevitabilmente incomparabile con i successi delle ultime edizioni: dopo mesi lontani dai cinema non si poteva certo sperare che l’abitudine alla sala tornasse in pochi giorni, tanto più in un periodo dell’anno inusuale per il festival”, chiude Sergio Fant, responsabile del programma cinematografico. “A maggior ragione siamo grati agli spettatori che ci hanno accompagnato in queste giornate, e ai registi che non hanno voluto mancare, ringraziandoci per aver dato un segnale che il cinema resiste e riparte. D’altro canto il successo del Trento Film Festival online con già oltre 3.000 utenti registrati e quasi 12.000 visioni in streaming, e davanti ancora un’intera settimana di disponibilità della piattaforma (fino al 9 settembre), ci conferma che il pubblico del festival non è diminuito, anzi, semplicemente ha preferito la dimensione domestica, o si è arreso alle difficoltà di spostamento, assecondando comprensibili preoccupazioni. A tutti questi spettatori, tanto nelle nostre sale quanto sui loro divani, promettiamo di ricominciare presto a lavorare alla prossima edizione”.

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