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A proposito di Askole…

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ASKOLE, Pakistan — Un mio recente report/articolo su Askole pubblicato in questo sito ha suscitato qualche malumore  e una mia certa sorpresa. L’avevo scritto  nel bel mezzo della missione, nel clima quasi invernale del Karakorum , interpretando, certo personalmente le sensazioni che la natura e la gente del posto mi trasmettevano al momento. Un pezzo di costume , spontaneo.

Askole  è solo un piccolo villaggio di 600 abitanti sulle montagne del Karakorum. L’ultimo prima dei ghiacciai. Resta praticamente isolato per molti mesi all’anno.
 
Askole, però, è molto importante perché da sempre viene ricordato come il villaggio dei portatori per chi si dirige verso il K2. E’ rimasto nella memoria di tutti gli alpinisti del mondo che sono passati di lì per entrare nel Baltoro.
 
Ma è un villaggio povero. Tanti sforzi sono stati profusi in questi ultimi anni per migliorare le condizioni di vita dei suoi abitanti che sono ritenuti , perfino dai loro vicini, particolarmente ostici. Tra i più significativi ci sono quelli dell’associazione “Amici di Lorenzo Mazzoleni”,  avviati da Agostino Da Polenza e Marco Negri con i Ragni di Lecco  e  proseguiti con la costruzione e la gestione di un  “Ospedalino”  che ha migliorato radicalmente le condizioni sanitarie del villaggio.
 
L’impegno e l’attenzione che i medici italiani e in primis Mariassunta Lenotti  hanno rivolto ad Askole  sono davvero preziosi, come ho potuto verificare personalmente durante le mie missioni qui, nella mia funzione di tecnico del progetto Karakorum Trust. Svolgono un lavoro duro e soprattutto indispensabile.
 
Purtroppo le difficoltà sono all’ordine del giorno: le differenze culturali sono enormi, le condizioni di vita sono qui  quasi medioevali, tutto è molto difficile e i risultati attesi spesso sono lontani negli anni. Anche le campagne governative di controllo delle nascite o sanitarie rivolte a uomini e donne, ancorché attivate con l’aiuto delle organizzazioni umanitarie come l’Associazione Lorenzo Mazzoleni,  hanno a volte il sapore di scelte imposte e  non riescono ad essere metabolizzate in tempi brevi e facilità nella vita quotidiana della gente.
 
E allora ti ritrovi i ragazzini che certo giocano con i preservativi, o gli adulti che si scambiano la preziosa pasticca analgesica come se fosse merce preziosa. Raccontarlo non è  irriverente nei confronti di chi lavora lì con fatica ma anche entusiasmo, è semplicemente registrare quello che accade.
 
Così come per  la caccia. Nessuna indulgenza nei confronti della necessità di salvaguardare gli ungulati della regione,  ma  anche comprensione della necessità umana di salvaguardare sè stessa anche cacciando. Ad Askole la caccia non è uno sport per possessori di armi sofisticate o appassionati snob della tradizione venatoria. E’ duro lavoro, sporco se vogliamo ma utile a tirar su famiglia e passare indenni l’inverno.
 
Stiamo cercando in tanti di fare qualcosa in questa regione: importante è andare avanti con gli sforzi, lavorando insieme e in sintonia, per promuovere uno sviluppo che non faccia perdere ad Askole  e ai villaggi della valle del Braldo le loro tradizioni e la fisionomia. Il rischio è grosso: ma la scommessa è di quelle che affascinano. Insieme agli abitanti di quelle valli, forse è possibile farcela.
 
Maurizio Gallo

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