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Il duro inverno del Karakorum

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ASKOLE, Pakistan — Ultimo villaggio prima di entrare nel cuore del Karakorum, 3.050 metri di quota. "Stare ad Askole in novembre permette di vedere da vicino come ci si prepara, quassù, ad affrontare l’inverno". Inizia così l’avvincente racconto di Maurizio Gallo, responsabile tecnico del progetto di cooperazione internazionale Karakorum Trust, che si trova in missione ad Askole.

"Le donne partono alla mattina verso le quattro – continua Gallo – al buio, in gruppetti di 4 o 5, e si avviano (senza pila, ovviamente) verso i ripidi ghiaioni che salgono sopra la piana dove stiamo progettando la "porta di entrata" del futuro Parco del Karakorum.
 
Verso le undici le vedo scendere dalle rocce più alte, sulle spalle hanno enormi gerle piene di legna, o meglio di arbusti spinosi. Cantano e riempono di suoni il solito silenzio che regna nella valle. Sembra perfino impossibile che possano tornare a casa scendendo da lassù, ma riescono sempre a trovare un passaggio fra i salti di roccia, seguendo improbabili tracce con una memoria che sembra avere una storia lunghissima.
 
Alcuni uomini partono per la caccia degli ibex (stambecchi). Sono anche loro un gruppo di cinque o sei, staranno via per una settimana e andranno a trovare il cibo sul ghiacciaio Biafo, la riserva di Askole, così come il Baltoro è la riserva del villaggio di Teste e il Pagma sopra Youla lo è per il villaggio di Tongo. Terreni di caccia diversi, stabiliti centinaia di anni fa.
 
Adesso comincia a nevicare, ma non è un problema per loro. Dormiranno come al solito fra le pietre, con solo una coperta oltre il loro normale vestito, quello che usano anche d’estate quando lavorano per i turisti. Cacciano con i fucili, ma mi hanno raccontato come facevano prima: creavano nei canaloni fra le rocce delle specie di imbuti spostando grossi massi con al centro una rudimentale tagliola coperta dal ghiaino, poi correndo sulle creste a quasi 5.000 metri spaventavano il branco di ibex e li facevano scappare nella direzione voluta saltando come loro e inseguendoli per incanalarli nella trappola.
 
Dopo una settimana con la neve anche fino al ginocchio ritornano al villaggio portando sulle spalle mezzo ibex a testa, 30 o 40 chili di peso, e lasciando in apposite buche scavate fra i sassi gli altri ibex cacciati, per poi andarli a prendere in primavera ancora congelati. Poi tutti, attrezzano il “kaza”, la loro casa sotterranea dove staranno chiusi per tre mesi.
 
Le donne coprono il soffitto con gli arbusti e il fieno in modo da creare un ulteriore isolamento termico. I bambini preparano le stalle sotterranee dove faranno entrare le capre come riscaldamento continuo e latteria. Tutti giocano e si muovono il più possible, con una frenesia che prelude alla lunga immobilità dell’inverno.
 
Siamo scesi anche noi nei "kaza", e nel buio abbiamo trovato una pelle di capra scuoiata e gonfiata che viene utilizzata per preparare lo yogurt, compito affidato alla nonna che deve agitare il latte in questo sacco per due o tre ore. Più in là, una pietra scavata e una palla di pietra serviranno per ridurrre in polvere un miscuglio di salgemma e chili usato per preparare la minestra. Lì vicino, una trappola per i topi scavata all’interno di un sasso: davvero incredibile.
 
Siamo ormai amici di tutti, e il lavoro di questi giorni per rilevare tutte le case del vecchio villaggio sta coinvolgendo e divertendo anche gli anziani. Abbiamo portato dei palloni da riempire con l’elio per realizzare delle foto ”aeree” che porteranno ad una planimetria del villaggio.
 
Finita la nostra attività, è successo che i bambini sono venuti a chiederci un po di gas per giocare con dei preservativi fatti distribuire dalle autorità sanitarie locali, ma all’apparenza scarsamente compresi e apprezzati.
 
Così, dopo un po’ il cielo di Askole si è riempito di improbabili palloncini. Un gioco che ci ha mostrato quanto delicato possa essere rapportarsi con popolazioni, certamente povere, ma di antica tradizione e cultura. Una complessità non solo loro ma anche per i governi locali, le NGO o le organizzazioni come Karakorum Trust.
 
Piccoli segni, ma grandi lezioni nel cielo di Askole.
 
  
Maurizio Gallo
 
Il progetto Karakorum Trust opera per la costituzione di un parco ai piedi del K2, allo scopo di tutelare l’ambiente e le culture locali. Promosso dal Comitato Ev-K²-CNR, è una cooperazione fra Italia e Pakistan per rispondere alle necessità di tutela e valorizzazione ambientale e alle priorità di sviluppo sostenibile della regione del Baltistan (Pakistan). Clicca qui per saperne di più

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