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Lo colpisce un sasso, chiede 400.000 euro al Comune

Valbondione è l’ultimo paese nel cuore delle Orobie, in cima alla Valle Seriana, diventata tragicamente famosa per il covid-19 e la mancata decisione di farne una “zona zossa” (cosa avrebbe consentito a molte persone di continuare a vivere).

Nei giorni scorsi si è saputo che a febbraio Romina Riccardi, sindaco di Valbondione, si è vista recapitare una citazione per danni in cui venivano richiesti 400.000 euro da parte di una persona che un paio d’anni fa è stata colpita e gravemente ferita da un sasso transitando su un sentiero. Mi dispiace per quello che è successo a questa persona, ma l’atto di citazione è stato per noi una sorpresa. Sono nata e cresciuta in montagna: mi è sempre stato insegnato che la montagna è bella, ma anche pericolosa. Una richiesta di danno come questa impone una riflessione” dice alla stampa la Riccardi.

Una riflessione

Premettiamo che non si conoscono i fatti specifici. Pare ad ogni modo strano che una persona, che pure ha subito danni fisici per la caduta di un sasso dall’alto, abbia pensato di affibbiare la responsabilità non alla gravità terrestre, ma al Comune che lo ospitava. La responsabilità, per tale uomo, non è nemmeno propria sebbene avesse scelto con scienza e coscienza (si suppone) di essere in quel posto mentre il sasso, attratto dalla suddetta gravità, decideva di precipitare e di colpirlo. La sfiga a volte ci mette lo zampino. Ma forse il signore se l’è presa con il mancato avviso di pericolo di caduta massi, che sui sentieri alpini, essendo nella loro maggior parte esposti a questa eventualità, è lasciato per tradizione e convenzione consolidata nei secoli alla conoscenza e all’attenzione individuale di chi vi transita (e per qualche forma di scaramanzia anche a un pizzico di fortuna). Pare ancor più singolare che un avvocato (l’Italia è strapiena di difensori legali, molti bravi e coscienziosi, altri affamati dalla spietata concorrenza e pronti ad azzannare chiunque e qualunque cosa per una parcella) ascoltata la storia del suo cliente non abbia pensato di fare magari una telefonata non dico al Presidente Nazionale del CAI che essendo avvocato di gran fama ed esperto di responsabilità in montagna, ma anche a una Guida Alpina, che al pari degli avvocati è un professionista con tanto di albo, o a un istruttore nazionale del CAI o a una persona che vive, abita e lavora in montagna e che abbia il dono del buon senso.

No. Per placare il dolore e la rabbia del danno, l’uomo e il suo avvocato hanno scelto l’azzardo della giustizia. E può sempre essere in questo Paese pieno di bravi magistrati ma anche di altri soverchiati dalle carte e dagli intrighi politici, che ti capiti quello che non avendo una specifica conoscenza delle leggi, in questo caso naturali della fisica e della montagna, gli dia ragione e condanni il Comune di Valbondione a pagare i 400mila euro.

La sindaca preoccupata per le casse della sua piccola comunità aggiunge: “Noi amministratori fatichiamo già a mettere in sicurezza il territorio nei centri abitati e trovare i fondi necessari, non è pensabile avere ora anche la preoccupazione della montagna. Non è possibile pensare che i Comuni adesso abbiano anche l’obbligo di mettere in sicurezze le montagne. È impossibile mettere in sicurezza le montagne”.

Ci si augura sinceramente che un giudice di buon senso tranquillizzi la comunità di Valbondione, ma se non dovesse accadere per una svista della giustizia, cosa potrebbe fare la signora Romina Riccardi? Probabilmente trangugiare l’amaro veleno e ricorrere in appello e poi in Cassazione. Intanto gli avvocati staccherebbero parcelle.

Potrebbe anche pensare per il futuro di stipulare un’assicurazione che la tutelasse, potrebbe decidere che sui sentieri delle “sue” montagne ci salgano solo persone equipaggiate e competenti, come ha già fatto il sindaco di Saint Gervais Le Bains per il Monte Bianco, munite di un’adeguata autocertificazione con assunzione di responsabilità. Chi di questi tempi non ne ha compilate almeno una decina? Ad ogni prima goccia di pioggia o fiocco di neve potrebbe anche chiudere i sentieri. E perché no, a voler esagerare potrebbe anche far suonare la sirena della diga del Barbellino, che dai quasi 2000 metri di quota sovrasta Valbondione, così che tutti la udirebbero nella valle invitando tutti alla repentina discesa a valle, o quantomeno a posizionarsi in luoghi idonei e sicuri identificati e segnalati. Se vogliamo farla più tecnologica, potrebbe creare una App, da installare obbligatoriamente, che le consentirebbe di sapere dove sono tutti i suoi ospiti montani e di informarli.

Provocazioni le mie, ma l’amaro di questa storia e delle riflessioni che ne derivano è che comunque vada il tempo delle montagne naturali, libere ed essenziali finirà presto. Finirà come i malinconici ghiacciai delle nostre Alpi, come il silenzio, il buio e i cieli azzurri senza le strisce bianche delle scie degli aerei che li deturpano; cieli lindi che abbiamo rivisto dopo anni in questo disgraziato tempo del Covid. Mai più così! Ma qualcosa dovremo pur fare per essere anche noi umani ancora liberi, essenziali, naturali. Forse solo usare il buon senso

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