Storia dell'alpinismo

Broad Peak, la tragica prima invernale polacca

5 marzo 2013, ore 18 locali, Maciej Berbeka, Adam Bielecki, Tomasz Kowalski e Artur Malek raggiungono in prima invernale la vetta del Broad Peak, la dodicesima montagna della Terra e la terzultima ancora inviolata nella stagione fredda. A guidare il gruppo è Krzysztof Wielicki, un nome che appartiene alla storia dell’himalaysmo invernale. Il primo, insieme a Leszek Cichy, a scalare un Ottomila in questo periodo dell’anno: l’Everest.

Il gruppo, partito da campo 4 circa 12 ore prima, è salito con meteo perfetta. Insieme affrontano con sicurezza il difficile crepaccio a quota 7850 metri e a mezzogiorno si trovano al colle che separa la cima principale del Broad Peak dall’anticima. Dal passo gli alpinisti hanno proseguito in due gruppi, in testa la cordata Bielecki-Malek, a seguire quella Berbeka-Kowalski. La scelta di separarsi è stata dettata dalle difficoltà tecniche incontrate lungo la cresta che porta verso la vetta. Così facendo il gruppo è arrivato in cima tra le 17.20 e le 18.00.

La discesa

Raggiunta la cima ogni alpinista riprende immediatamente la discesa verso il quarto campo. In vetta la temperatura percepita è di circa -30 gradi. Una condizione che, unitamente all’avvicinarsi della notte, non consente agli alpinisti di rimanere a lungo fermi. Il rischio di ipotermia sarebbe stato troppo alto. Raggiunti quindi gli 8047 metri della montagna a ritmi differenti, anche la discesa si svolge nello stesso modo. Tomasz Kowalski, indebolito dalla lunga e dura salita in altissima quota arriva alla fine delle sue energie, impossibilitato a scendere. Con lui si trova Maciej Berbeka ma “non è chiaro se almeno per un momento siano discesi fianco a fianco” riporta il comunicato ufficiale della spedizione. “Maciej procedeva per primo e Tomasz lo ha visto davanti a lui più volte (o almeno questo è quanto ha detto al telefono a Wielicki, ma stava già molto male e non possiamo essere sicuri se quello che vedeva fosse veramente Maciej oppure il frutto della sua immaginazione, come spesso succede in queste circostanze)”. Di loro non si sono più trovate tracce, gli unici a raggiungere il campo 4 e poi la sicurezza del campo base sono stati Adam Bielecki e Artur Malek. Tomasz è probabilmente rimasto, sfinito, da qualche parte in prossimità della vetta mentre per quanto riguarda Maciej Berbeka possiamo immaginare che fosse esausto e avesse finito le forze. Pertanto, vista la difficoltà tecnica del tratto in cui si trovava, è probabile che sia caduto in un crepaccio o sia precipitato” conclude il capospedizione.

Adam raggiunge campo 4 intorno alle 22 poi, alle 2 di notte, arriva Malek. La mattina seguente i due provano ad andare incontro ai compagni, dispersi sulla montagna, ma indeboliti dalla vetta ritornano presto sui loro passi. Nello stesso giorno parte da campo 2 l’alpinista pakistano Karim Hayat che raggiunge i 7700 metri, nella speranza di individuare Berbeka o Kowalski. Nonostante l’ottima visibilità non trova traccia dei due alpinisti.

Dopo il rientro di Adam e Artur al campo base il capospedizione Krzysztof Wielicki, il 7 marzo, dichiara nulle le possibilità di ritrovare ancora vivi i compagni. L’8 la spedizione viene chiusa con una simbolica preghiera in ricordo degli amici scomparsi, quindi si smonta il campo e inizia il lungo e silenzioso trek di rientro verso Askole.

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