Rifugi

Marmolada. La cestovia va in pensione ma il Rifugio Pian dei Fiacconi tiene duro

Lo scorso autunno, dopo 45 anni di veneranda attività, la cestovia tra Passo Fedaia e Pian dei Fiacconi, in Marmolada, è andata in pensione. Al suo posto si prevede la realizzazione di una più moderna telecabina che da Passo Fedaia dovrebbe raggiungere quota 2.655 metri, in corrispondenza del rifugio Capanna Ghiacciaio, 50 metri più in alto del vecchio arrivo. Un progetto dalle tempistiche indefinite, la cui pratica giace attualmente sulle scrivanie della Provincia. Condizione che ha portato i gestori del Rifugio Pian dei Fiacconi (2626 m) a doversi rimboccare le maniche per mantenere aperta la struttura, rimasta orfana dell’impianto di risalita che per decenni, oltre a portare in quota clienti, ha rappresentato il mezzo principale di trasporto a monte di cibo, acqua e materiali. Abbiamo chiesto a Guido Trevisan, gestore del rifugio insieme ai tre soci Davide Menegazzi, Sirio Pedrotti e Stefano Cattarina, di fornirci qualche dettaglio sulla logistica che intenderanno seguire nei prossimi mesi.

Senza cestovia, quale impatto vi attendete sulla clientela?

“Nella stagione invernale il nostro rifugio è stato sempre frequentato da scialpinisti e freerider. Pian dei Fiacconi non è mai stato una meta per sciatori da pista. Unica differenza sarà che i freerider dovranno mettere le pelli. In estate invece ci sarà sicuramente un cambiamento perché nei mesi di luglio e agosto, per quanto l’impianto fosse piccolo, vecchio e leggero, vivevamo quella che potremmo definire ‘fase del turismo di massa’. Quello che ci aspettiamo è un minore affollamento nell’ora di pranzo da parte di turisti mordi e fuggi, e al contempo un aumento dei pernottamenti. Nel senso che, senza il supporto dell’impianto, chi vorrà salire in vetta dovrà affrontare 1300 metri di dislivello, partendo da Passo Fedaia. E non è da tutti farlo in giornata. Ci attendiamo in un certo senso un miglioramento qualitativo del turista medio in visita al rifugio. Meno turisti di massa, più amanti della montagna. E non parliamo solo di alpinisti. In fondo per raggiungerci basta affrontare 550 metri di dislivello su un sentiero normale di montagna. I miei figli di 3,5 e 7 anni lo fanno comodamente in 2 ore”.

Ora che la vecchia cestovia è stata dismessa, come gestirete gli approvvigionamenti del rifugio?

“Dal punto di vista logistico il disagio maggiore lo vivremo nella stagione estiva, in quanto non avremo a disposizione alcun mezzo meccanico o teleferica per portare su i materiali. Unica possibilità sarà portare a spalla i rifornimenti o utilizzare un elicottero. Una opzione quest’ultima dal costo estremamente elevato, per cui da ora e fin quando ci sarà neve, solitamente maggio, porteremo su al rifugio con un gatto delle nevi i beni duraturi, quali legumi, farina, scatolame, bibite.Tutto ciò che si può stoccare fino a settembre insomma. Anche l’acqua potabile. In inverno infatti acqua ce n’è in abbondanza intorno al rifugio. Ma è allo stato solido. E per sciogliere la neve serve energia. La struttura è dotata da qualche anno di un impianto fotovoltaico che ci consente di essere autonomi al 90%. Per il restante 10% ci avvaliamo di un gruppo elettrogeno. Tocca quindi stare attenti al bilancio energetico giornaliero e sciogliere la neve comporta un dispendio rischioso. Per cui settimanalmente porteremo su con il gatto delle nevi cisterne da 500 litri, necessari non solo per disporre di acqua da bere ma anche per cucinare. Per il fresco, in estate l’idea è di portarlo su giornalmente a piedi. 25 kg per volta, alternandoci tra noi 4 soci”.

Cercherete dunque di portare su quanto più materiale per evitare l’uso dell’elicottero?

“Il problema è che non disponiamo di chissà quali ampi spazi per stoccare il materiale. Quindi per quanto ci possiamo impegnare col gatto delle nevi, a un certo punto dovremo fermarci”.

In merito al progetto della nuova funivia, siete stati chiamati a fornire la vostra opinione?

“Assolutamente no. Ho chiesto più volte di intervenire, di organizzare un incontro con tutti gli operatori del Fedaia interessati, per confrontarsi con i nuovi proprietari dell’impianto (la famiglia gardenese Mahlknecht che è subentrata alla storica gestione delle Funivie Graffer, ndr), con la Provincia e la Regione. Intavolare una discussione costruttiva per cercare una soluzione condivisa. Richiesta che non è stata recepita. Ho chiesto nuovamente un incontro dopo la presentazione del progetto preliminare ma a quanto pare non c’è modo di dialogare”.

Mountain Wilderness ha definito il progetto del nuovo impianto in linea con la “logica dello spezzatino”. Ovvero una “operazione speculativa di carattere privatistico che comporterà il graduale consumo della montagna, del paesaggio e della storia”. Cosa ne pensa?

“Per certo il progetto denota una scarsa attenzione all’impatto sulla montagna. Basti pensare che l’arrivo sarà in corrispondenza di un dosso. Una scelta a livello paesaggistico decisamente peggiorativa, perché l’impianto sarebbe ancora più visibile della vecchia cestovia. Accanto a Mountain Wilderness ha manifestato a tal proposito le proprie perplessità anche la Commissione Ambientale della SAT. Non dimentichiamoci di essere in una zona riconosciuta come patrimonio UNESCO.

Concordo anche sul punto ‘storia’. Per 47 anni il Rifugio Pian dei Fiacconi ha vissuto in simbiosi con la cestovia. E all’improvviso viene dismesso tale impianto e costruito uno nuovo che arriva 50 metri a monte della nostra struttura. È un impianto che nasce per portare la gente in su. Dall’arrivo della funivia si salirà in cima con le guide. Secondo voi, in discesa dalla vetta, quanti decideranno di scendere di 50 metri dall’arrivo della funivia per ristorarsi al rifugio Pian dei Fiacconi e poi risalire di 50 metri, invece che andare direttamente al rifugio Capanna Ghiacciaio? Da un punto di vista strettamente personale, lo considero un colpo basso. In accordo con Mountain Wilderness, la Commissione Ambiente della SAT e altri operatori del Fedaia era stata proprio avanzata la proposta di scegliere una dislocazione differente dell’arrivo. Gli abbiamo proposto un punto dislocato in maniera ottimale tra i due rifugi e meno impattante a livello paesaggistico, sotto una linea di cresta”.

Come interpreta questa chiusura al dialogo?

“Il problema è che i nuovi imprenditori sono arrivati ‘da fuori’, senza interessarsi delle esigenze degli operatori locali. L’investimento è loro, dunque nessuno può permettersi di giudicare questa scelta. Ma io, dalla mia, posso dirvi che 20 anni fa, quando sono arrivato qui mi sono comportato da ospite. Ho aperto un dialogo con i ‘padroni di casa’, cui ancora oggi chiedo il permesso. Puoi essere ricco e potente ma questa regola dovrebbe sempre essere valida”.

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2 Commenti

  1. Impossibile praticamente per terreno ripido o legalmente per vincoli, usare quad cingolati o motoslitte?
    Certe zone dei dintorni sono un viavai di moto slittone con slitte al traino.

  2. Trentino e Alto Adige, uno scempio senza fine. Tenetevi il vostro turismo ricco e pigro e le montagne devastate, noi amanti della montagna andiamo comunque altrove. Dovrebbero togliere alla regione l’affidamento delle Dolomiti!

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