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Ricostruiti 120 mila anni di storia del ghiaccio artico

120 mila anni di storia del ghiaccio marino artico ricostruiti a partire da una singola carota glaciale. Questo lo studio portato a termine dall’Istituto di Scienze Polari del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr- Isp), recentemente pubblicato sulla rivista “Climate of the Past”.

Il primo paleorecord di ghiaccio marino artico

I sali marini contenuti nella carota di ghiaccio, estratta nel 2015 sulla costa Est della Groenlandia, e lunga ben 584 metri, sono stati analizzati attraverso una metodologia innovativa. Si è giunti così alla prima produzione di un paleorecord di ghiaccio marino nel Nord Atlantico. Gli scienziati hanno in sintesi ricostruito l’evoluzione del ghiaccio in risposta alle variazioni climatiche degli ultimi 120mila anni. Un periodo che si estende dalle fasi finali dell’era interglaciale precedente, l’Emiano, a tutta l’ultima era glaciale, fino all’attuale periodo interglaciale, l’Olocene.

Lo studio è stato condotto nell’ambito di un progetto Erc europeo, “ice2ice”, a cui il Cnr ha partecipato sia nelle operazioni di carotaggio sia nelle fasi successive di analisi di parametri chimici e di dati.

Cosa ci racconta la carota glaciale

“I risultati mostrano che l’estensione media di ghiaccio marino presente durante gli ultimi 11 mila anni dell’Olocene, è stata inferiore a qualsiasi altro periodo precedente degli ultimi 120 mila”, spiega Niccolo Maffezzoli, ricercatore del Cnr-Isp e autore della ricerca.

“Il record mostra anche che il periodo di massima estensione e spessore del ghiaccio si verificò circa 20 mila anni fa. Durante l’ultimo massimo glaciale. Il ghiaccio iniziò poi a sciogliersi circa 17,5 mila anni fa. In concomitanza con molti altri cambiamenti climatici avvenuti durante la deglaciazione che portò allo stato interglaciale attuale”.

Il ghiaccio marino si forma per congelamento dell’acqua del mare nel corso della stagione invernale. È considerato una variabile climatica molto importante, in quanto profondamente coinvolta nei processi che legano atmosfera, oceani e biosfera. È inoltre strettamente legato ai cambiamenti climatici. “Ne è prova la contrazione a cui stiamo assistendo nell’oceano artico negli ultimi decenni, a causa del riscaldamento antropico che influenza le temperature dell’aria soprattutto a queste latitudini”, aggiunge Maffezzoli.

“Le osservazioni satellitari in Artico sono disponibili dagli scorsi anni ‘80 e i modelli climatici prevedono un Oceano Artico libero dai ghiacci in estate nel giro di qualche decennio”.

Studiare il passato attraverso il rapporto bromo-sodio

Analizzare una carota glaciale e identificare l’evoluzione del ghiaccio marino dal punto di vista paleoclimatico non è una impresa facile. “Il bromo e il sodio, gli elementi contenuti nelle particelle di sale che vengono utilizzati come traccianti per la per la sua ricostruzione, realizzata attraverso carotaggi di ghiaccio, lasciano infatti una traccia chimica che è mascherata dalla sorgente principale di questi sali, il mare aperto” – chiarisce Maffezzoli.

Le nostre analisi chimiche eseguite con spettroscopia di massa hanno quantificato bromo, sodio e altri elementi intrappolati nella matrice di ghiaccio a fino a livelli del ppt. Ovvero di una parte per trilione. Il nostro studio usa un marcatore di utilizzo recente nello studio delle carote di ghiaccio, il rapporto bromo-sodio. Sul quale vi sono ancora da chiarire alcuni aspetti. Ma le prove a suo sostegno, non ultime il confronto con le ricostruzioni ricavate dalle carote di sedimenti dei fondali oceanici, inducono a proseguire la ricerca in questa direzione – conclude il ricercatore – . “Attendiamo con ansia di poter misurare la carota che verrà estratta dalla calotta antartica nel progetto Beyond-Epica, che si stima possa coprire l’ultimo milione e mezzo di storia climatica della Terra”.

 

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