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Val di Mello, l’impianto della discordia
SONDRIO — Opere di captazione dell’acqua di tutti i torrenti della Val di Mello. Una centrale idroelettrica incassata nella roccia. Sono queste caratteristiche fondamentali del progetto presentato alla Regione Lombardia fin dal 1995 dalla Società Elettrica Radici, oggi Geogreen Spa.
Un piano di captazione in 8 punti. Che parte con un’opera di presa del torrente Mello, in un punto poco più a valle della casera Pioda, vicino al ponticello della mulattiera che attraversa il torrente a quota 1528 metri. Lì andrebbero posizionati uno sghiaiatore per piccoli ciottoli e un dissabbiatore, al termine del quale le acque verrebbero immesse in un pozzo dal quale diparte una condotta metallica di derivazione che, 750 metri dopo, raggiunge l’imbocco della galleria derivatrice.
Un’opera di presa in Val Torrone, che dovrebbe derivare l’omonimo torrente mediante una traversa a griglia a quota 1513 metri. Questa presa mporterebbe l’acqua del dissabbiatore in una vasca, dalla quale fuoriesce una tubazione che conduce direttamente alla galleria derivatrice in servizio all’impianto.
Un’opera di presa in Val Zocca, simile alle altre, con un ciglio a monte, a quota 1515 metri. Un’altra ancora in Val Qualìdo, realizzata nei pressi del sentiero della valle, a quota 1520, dotata di un piccolo dissabbiatore e di un pozzo da cui le acque dovrebbero confluire direttamente nella galleria serbatoio. Un’ultima opera di presa in Val di Ferro, il cui torrente verrebbe derivato a quota 1530 metri mediante tre distinte opere di presa del tipo "a raso alveo", dotate di dissabbiatore e vasca di derivazione.
La galleria derivatrice, lunga fino a 1050 metri, avrebbe origine in corrispondenza della presa sul Val Torrone, e arriverebbe alla presa in Val Zocca. Da qui dovrebbe partire una galleria serbatoio, una specie di vasca di carico della lunghezza di 3510 metri.
La centrale verrebbe ubicata all’interno di una caverna scavata nel versante destro della Val di Mello. Nella stessa zona esiste già una presa Enel, alla quale verrebbero restituite le acque dopo l’utilizzazione. La centrale dovrebbe essere composta da tre gruppi generatori. Per accedervi, andrebbe scavata nella montagna una galleria della lunghezza di circa 40 metri, larga 4 e alta 6. Nel piazzale di accesso, un trasformatore, isolatori e sezionatori.
Ottavo punto: la resa della acque. Turbinate, verrebbero restituite mediante un canale interrato nell’alveo del torrente Mello a quota 1002 metri. Probabilmente a monte della già esistente opera di presa dell’Enel, facente parte dell’impianto di Ardenno.
Questo progetto è stato bocciato in prima istanza dalla Regione Lombardia.In primo luogo perchè presentava carenze di tipo geologico. "Sui versanti interessati dalla galleria – si legge nei documenti dalla Regione – sono indicate diverse aree soggette a frane superficiali e diffuse". Non solo: "I corsi d’acqua, come si rileva dal Carta del sistema informativo regionale, sono soggetti a valanghe".E poi "la cartografia dei dissesti evidenzia per queste zone un’elevata pericolosità dovuta a dissesti morfologici di carattere torrentizio e valanghe".
Come se non bastasse, la relazione della Regione faceva notare che il progetto non dava indicazioni sui materiali movimentati dai cantieri e sugli effetti per l’ambiente. Carenze che erano ritenute "significative". Soprattutto alla luce del fatto che la Val Di Mello ha un’elevata vocazione naturalistica con due zone di protezione speciale e un sito di importanza comunitaria targato Natura 2000.
Il Pirellone dunque diceva no all’impianto. Era il 29 giugno del 2004, la domanda di concessione della Geogreen era respinta. Successivamente la società presentava ricorso al Tribunale superiore delle acque, chiedendo l’annullamento del decreto regionale. Il tribunale lo accoglieva e la pratica ripartiva daccapo, questa volta sottoposta a valutazione d’impatto ambientale. E la storia continua…