Medicina e benessere

Uno studio sul mal di montagna acuto alla Capanna Gnifetti finanziato da un crowdfunding

La passione per l’alta montagna sta diventando un fenomeno sempre più esteso, a tratti di massa, come nel caso dell’ascesa all’Everest. Senza arrivare a quota Ottomila, uno dei rischi cui si può incorrere scalando una vetta è il mal di montagna acuto, una patologia i cui sintomi iniziali, connessi a una condizione di ipossia (carenza di ossigeno), sono rappresentati da mal di testa, nausea e vomito.

Nell’ottica di approfondire tale disturbo, già a lungo oggetto di studi scientifici ma le cui cause non sono ancora state propriamente chiarite, è stato lanciato un crowdfunding per sostenere un progetto che si svolgerà il 15-16 giugno alla Capanna Gnifetti (3.647 m) sul Monte Rosa, di cui sarà protagonista un campione di 25 individui.

Lo studio sarà coordinato dal gruppo di Fisiologia dell’Istituto di Tecnologie Biomediche del Consiglio Nazionale delle Ricerche, che già in passato ha svolto ricerche sugli adattamenti fisiologici del corpo umano all’alta quota e agli ambienti estremi.

Come si legge sul portale experiment.com, che ospita il crowdfunding, il progetto “mira a studiare la deossigenazione cerebrale durante l’esercizio svolto in condizioni di ipossia, al fine di evidenziare una potenziale associazione con la suscettibilità al mal di montagna acuto”.

Studi precedenti hanno identificato nel flusso ematico cerebrale il fattore principale di insorgenza della patologia, ma fino a oggi non sono state condotte ricerche finalizzate al monitoraggio dell’andamento della deossigenazione cerebrale sotto sforzo, in ambiente ipossico. L’ipotesi al vaglio dei ricercatori è dunque che soggetti che mostrino livelli più elevati di deossigenazione durante l’esercizio fisico svolto in carenza d’ossigeno siano più esposti al rischio di sviluppare il mal di montagna acuto nel corso delle salite in quota.

Prima di raggiungere la Capanna, dove verrà fatto compilare dai partecipanti il Test di Lake Louise, questionario di riferimento per autodiagnosi di mal di montagna acuto, introdotto a partire dal convegno di Lake Louise (Canada) del 1991, i 25 individui saranno sottoposti a test sia in condizioni di ossigenazione normale (normossia) che di ipossia simulata. Durante lo sforzo, il grado di ossigenazione e deossigenazione del cervello saranno monitorati attraverso la tecnica non invasiva della spettroscopia nel vicino infrarosso.

Ciò che si spera è di giungere all’identificazione di alcuni parametri predittivi che possano far comprendere in anticipo chi di noi sia potenzialmente più esposto al rischio di sviluppare la patologia in quota.

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