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Wielicki premiato… con demerito?

La Princesa de Asturias è una figura emblematica  alla quale gli spagnoli hanno dedicato un riconoscimento istituzionalmente importante per lo sport che premia grandi realizzazioni atleti che in generale e per la prima volta nella sua ultratrentennale storia sono stati scelti due alpinisti:Reinhold Messner eKrzysztof Wielicki.

Qualcuno, primo fra tutti l’alpinista Alberto Ayora, ha però subito osservato che se il prestigioso premio deve essere dato anche a chi si è distinto per generosità, altruismo, solidarietà e virtù morali, di certo Wielicki, non ne sarebbe degno.

Ma come il grande, fortissimo “plurinvernalista himalayano” Krzysztof Wielicki?

La contestazione nasce da un fatto avvenuto nel 2006: in occasione della salita del GII da parte di un gruppo di spagnoli, tra i quali Alberto Ayora membro del Gruppo militare di Alta Montagna (GMAM), dopo aver raggiunto la vetta uno degli alpinisti, Quico Borja, precipita malamente e si fa male al collo e ad una caviglia e non può più muoversi. Rimane lì a 7850 metri assieme ad un compagno.

Quel giorno sul GII c’era anche una spedizione polacca e Wielicki, che ne era capo, aveva raggiunto, alle 8,30 di mattina, in perfetto orario e in compagnia di Ayora, la vetta e poi era rientrato al campo a 7400 insieme allo spagnolo.

L’incidente a Quico era stato comunicato via radio verso le 11 da Fernando Yarto, che lo aveva raggiunto, assistito e che aveva informato dell’impossibilità di muoversi da parte del ferito.

Ayora aveva allora chiesto a Wielecki aiuto, aveva supplicato che gli altri polacchi in discesa e vicini all’infortunato potessero prestare soccorso. Dapprima il polacco aveva detto di aver comunicato per radio ai suoi la necessità di un intervento, poi però vi aveva rinunciato, lui e i suoi uomini, medico compreso, affermando che “ogni spedizione deve salvare i suoi…”. A fine spedizione i polacchi mandarono il loro Ufficiale di Collegamento per farsi restituire l’attrezzatura che Wielcki aveva prestato a Ayora, che da solo era risalito dai suoi uomini e dopo tre giorni era riuscito a riportarli in salvo.

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Questo il fatto raccontato è stato portato alla luce da Ayora per protestare contro un’onorificenza data ad un uomo di grande valore sportivo, ma secondo lui indegno dal punto di vista della solidarietà umana alla quale il premio si richiama. La nota finale di Ayora è sulle considerazioni del pakistano Ali Sadpara che riguardano il perché l’inverno scorso aveva scelto il basco Txicon e l’Everest anziché il ben pagato K2 con Wielecki, e sono uno schizzo di veleno aggiuntivo.

Tutti coloro che frequentano questo monto delle montagne sanno quanto la storia dell’alpinismo sia arricchita da “umane debolezze” come da “strombazzate eroiche”. Mi vien da pensare al grande Piussi sul Pilone Centrale, fregato e irriso da sir Bonington, baronetto della regina. Tutti conosciamo però anche la grande generosità che la gente delle montagne sa esprimere quando serve; sappiamo anche che è vero che “sopra i 7500 ogni alpinista deve considerarsi solo”, vale a dire assumersi in proprio rischi e capacità di autosoccorso, anche se talvolta i miracoli, come al GII nel 2006, possono accadere per merito di uomini generosi.

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Un commento

  1. Non per prendere le difese di Wielicki, ma nessuno sa (a parte i polacchi interessati) cosa lui abbia detto ai suoi compagni di cordata che scendevano e cosa loro gli abbiano risposto (può anche essere che lui abbia chiesto loro di intervenire e loro abbiano detto che non potevano) mentre la risposta sul fatto che ogni spedizione deve salvare i suoi è tipica del personaggio che trasuda di quello che io chiamo il tipico cinismo dell’alta quota (Russel Brice in questo senso ne è la testimonianza più lampante). Comunque sia, il fatto che questo inverno abbia interrotto la spedizione per portare soccorso ad alpinisti in difficoltà sta a testimoniare che non si è sempre comportato come indicato dall’alpinista spagnolo.

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