AlpinismoK2 invernale

Roberto Mantovani ci racconta la via Cesen – Schegge di K2

Una via importante sia per frequentazione che per la sua storia. Non la si nomina spesso nelle cronache alpinistiche e, ahimè, la si dimentica anche nelle pagine di alcune delle più importanti monografie dedicate al K2, la seconda montagna della terra. Si tratta della via Cesen, aperta in solitaria dallo sloveno Tomo Cesen nel 1986, l’anno della grande tragedia. Sarà forse per questo che è passata inosservata ai più?

Scopriamo allora il percorso di questa via che sale per la parete sud, giusto a fianco del più celebre Sperone Abruzzi lungo il quale passa la via del ’54, e si ricongiunge con la via degli italiani ai 7900 metri della spalla. Una linea affascinante se si pensa alla solitaria, al 1986 sul K2, ai primi tentativi su questo stesso itinerario da parte della spedizione di Doug Scott nel 1983.

 

Tags

Articoli correlati

2 Commenti

  1. Ci terrei a sottolineare che, seppur per consuetudine venga chiamata via Cesen, ciò non implica che sia corretto.
    Tralasciando il fatto che non ci siano prove che testimonino che Cesen abbia effettivamente percorso tale via sino alla spalla (dove si congiunge con la via dello sperone Abruzzi) nè testimonianze visive di gente presente all’epoca su tale montagna (Agostino quell’anno era presente ma non so se all’epoca della salita fosse ancora al campo base o già rientrato per avere una testimonianza diretta sul caso), ritengo che, quant’anche avesse percorso tale via nella sua interezza, sarebbe comunque sbagliato attribuire la titolarità della stessa all’alpinista sloveno in quanto non raggiunse la cima.
    Infatti tale via fu scalata sino in vetta dai baschi per cui dovrebbe essere chiamata via basca o quanto meno via spagnola.
    Anche perchè prima di Cesen questa via fu tentata dagli inglesi per cui, se passa il concetto che il primo che ci mette le mani sopra ne assume la titolarità, dovrebbe essere, semmai, chiamata via inglese.
    Ed, a mio avviso, non è sufficiente che si sia collegata ad una via esistente per darle dignità di esistere perchè, con lo stesso principio, un esempio tra i tanti, Magnone, Berardini e compagni potevano dare per conclusa la scalata della parete ovest del Dru quando uscirono sulla parete nord senza dover sentire l’esisgenza di tornare per completare la via sino in vetta.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close