Alpinismo

Intervista ad Alex Txikon: il cuore all’Everest e un pensiero per il K2

Foto @ Luigi Tassi

#TxikonGoestoEverest forse, non si sa ancora con certezza perché “è una spedizione molto dispendiosa e ora in Spagna la situazione non è facile” ci racconta lo scalatore basco Alex Txikon che abbiamo incontrato all’evento romano Montagne in città.

“Ci spero però davvero tanto. Vorrei poter avere l’occasione di riprovare ancora almeno una volta il tetto del mondo in invernale senza ossigeno” aggiunge ancora lasciandoci poi il dubbio sulla presenza o meno di italiani con lui a campo base. “Ah si? Italiani? Con me?” dice cercando di sviare la domanda e noi lo accontentiamo cercando di andare a capire cosa l’abbia spinto a tentare l’Everest invernale senza ossigeno dopo il risultato del Nanga Parbat. “Volevo cambiare aria” spiega. “Ho trascorso gli ultimi anni sempre in Pakistan. Nel 2011 per il Gasherbrum I, nel 2013 con il Laila Peak e poi per il Nanga dal 2014 al 2016” era quindi tempo per il trentacinquenne basco di lasciare il Paese che gli ha regalato la fama internazionale e andare su una delle montagne himalayane più affollate del periodo estivo. “Anche per questo” ci confida “preferisco andarci d’inverno. Durante la stagione fredda non c’è nessuno, sono solo” ma si trovano comunque i resti delle molte spedizioni che affollano la montagna durante la bella stagione. “C’è stato un momento, a campo 4 quando le condizioni climatiche sono peggiorate, in cui sembrava di essere su un altro pianeta. C’erano tende e bottiglie di ossigeno ovunque, un caos. Ho anche trovato dei cadaveri, aprendo una tenda” racconta cinicamente spiegando come il lavoro per arrivare fino ai 7900 metri circa di Colle Sud sia stato molto duro ed impegnativo. Soprattutto quello per attrezzare la seraccata del Khumbu. “Un grande lavoro, tutto senza ossigeno” sottolinea ancora.  

Questo che ci attende sarà quindi un inverno molto interessante. Avremo, forse, da seguire un Alex Txikon all’Everest e avremo, ormai certa, la spedizione polacca al K2. Una montagna che intriga e affascina anche il giovane basco. “Purtroppo non posso essere parte integrante del gruppo perché è una spedizione internazionale polacca. Hanno potuto includere Denis (Urubko nda) perché ha il passaporto polacco. Nei giorni scorsi ho però visto Wielicki, che mi ha dato disponibilità a farmi collaborare con il suo gruppo se io volessi organizzare un tentativo al K2”. In poche parole Alex dovrebbe organizzare per conto proprio una spedizione alla seconda montagna della terra e, una volta laggiù lavorerebbe congiuntamente ai polacchi. “Ma per ora il mio cuore è all’Everest ed è giusto che a concludere la storia delle invernali siano i polacchi. Loro hanno iniziato questo capitolo e sarebbe una grande emozione per me se fossero loro a chiuderlo”.

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