Alpinismo

Cristina Castagna, la piccola vicentina che guarda il mondo dall’alto

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VICENZA — Occhi attenti e fisico minuto. Che nascondono uno spirito e una tenacia eccezionale. E’ Cristina Castagna, 28 anni, infermiera professionale del reparto di rianimazione all’Ospedale di Vicenza. In due anni sulle vette di Shisha Pangma e Gasherbrum II. Ed ora un obiettivo, il Lhotse, il suo terzo ottomila.

Spirito umanitario, in Africa e Albania con la missione Arcobaleno, e alpinismo extraeuropeo si coniugano nella piccola valdagnese. Nata sotto le Piccole Dolomiti ma proiettata già da anni nell’impegnativo e – diciamolo – poco “femminile” mondo delle scalate himalayane.
E nel 2004 con lo Shisha Pangma (Cima Middle), il primo obiettivo raggiunto. Diventare a ventisei anni la più giovane alpinista italiana ad aver salito uno dei colossi della Terra.
 
L’anno successivo riparte ed è la volta del Gasherbrum II in Karakorum, una delle poche scalate della stagione: raggiunge la vetta insieme a Mario Vielmo, suo abituale ed esperto compagno di scalata (sei ottomila all’attivo, ora impegnato al Makalu), e l’austriaca Gerlinde Kaltenbrunner, attuale leader femminile delle ascensioni sugli ottomila metri (ne ha già saliti otto su quattordici, un record diviso con la spagnola Edurne Pasabàn).
 
Per Cristina la carriera extraeuropea era cominciata con la salita dell’Aconcagua, vetta più alta del Sudamerica, ed un tentativo all’Everest da Nord arrestatosi per lei a 7800 metri.
E adesso tocca al Lhotse, quarta montagna della terra in ordine d’altezza. Una nuova ed impegnativa meta che Cristina proverà a raggiungere insieme alla spedizione di Mario Merelli e  in partenza in questi giorni.
 
Cominciamo dalla tua imminente partenza…
La mia prossima avventura sarà il Lhotse e sicuramente la vedo come una dura prova. Dopo il tentativo all’Everest non ho più affrontato un ottomila “grande” e non sono mai giunta tanto al di sopra della cosiddetta “zona della morte”. La cosa forse mi fa paura ma al tempo stesso mi entusiasma. Si sa che noi alpinisti, o pestaneve come ci definiscono giustamente alcuni, siamo un po’ pazzi, io per prima.
 
Conosci già i tuoi compagni in questa spedizione?
In questo viaggio chi conosco meglio è Giampaolo Casarotto con cui sono stata sull’Everest. Giampaolo Corona è invece un amico di San Martino mentre Mario Merelli l’ho incontrato una sola volta. Tutti gli altri sono solo dei nomi su un foglio ma questo non è un problema visto che il campo base è sempre un bel posto per conoscersi meglio.
L’anno scorso al Gasherbrum II è stata all’incirca la stessa cosa. Conoscevo solo due persone ma in seguito sono nate delle belle amicizie anche con gli altri.
Come andrà questa volta te lo saprò dire solo a fine spedizione.
 
Sarai vicina all’Everest che tu hai già tentato da Nord nel 2003. Una tentazione per un prossimo viaggio?
Mah, direi che l’Everest lo terrei volentieri come ultimo ottomila da provare, costa troppo!
 
Quella era la tua prima esperienza in alta quota?
Prima dell’Everest avevo salito l’Aconcagua ma certamente non è una cosa paragonabile. Come primo ottomila invece provare il più alto di tutti è stato forse un osare troppo. Puntavo sulla fortuna del principiante e decisamente è stato un buco nella neve!
 
Tanti soldi da investire in queste spedizioni. Ti occupi anche tu della parte di ricerca degli sponsor prima di partire per un’ottomila?
Sì, mi occupo io della ricerca di finanziamenti ma purtroppo non sono per niente brava… finisco sempre in banca! Per il Gasherbrum II un mutuo, per il Lhotse un fido… spero di migliorare con il prossimo!
 
Torniamo all’inizio della carriera. Hai scelto una strada forse un po’ controcorrente rispetto a quella che oggi scelgono le ragazze che frequentano la montagna. Forse era più facile e comoda la strada dell’arrampicata rispetto alle fatiche ed ai rischi degli ottomila, no?
Non ritengo più facile la via dell’arrampicata, anzi, per me è difficilissima! Io amo l’alta quota perché, come direbbe Freud, forse soffro di un complesso d’inferiorità che mi porta a salire il più in alto possibile. O forse più semplicemente mi sono innamorata di queste montagne giganti.
 
Una voglia di viaggiare che forse ti è venuta anche per le tue missioni “lavorative”?
Partire, viaggiare… sono verbi che hanno sempre fatto parte della mia vita. In Africa ci sono stata due volte sempre nella zona della Costa d’Avorio. Lì abbiamo fatto un ciclo di vaccinazioni ai bambini dei villaggi più sperduti. In Albania invece sono stata con la “Missione Arcobaleno” sempre in veste di infermiera. Ti dirò, gli ottomila sono la mia passione ma il mio lavoro mi piace. Lavoro a Vicenza e lo faccio volentieri, una bella equipe e divertimento anche lì. Sono davvero fortunata!
 
Hai dei modelli nell’ambito dell’alpinismo femminile himalayano?
Solo una e con lei ho avuto la fortuna di scalare insieme un ottomila: Gerlinde Kaltenbrunner, un’alpinista ed una persona con le lettere maiuscole!
 
E quando tornerai…
Dopo il Lhotse certamente ci sarà un po’ di lavoro, saldare i debiti e poi ancora via per diventare una vera alpinista. Devo imparare ancora tante cose. Ci sono un bel po’ di ottomila ed un “muciasso” di montagna che mi aspettano. Si accettano proposte, l’importante è crederci!
 
(nella foto: Cristina durante l’ultima spedizione al Gasherbrum II – foto Mario Vielmo)
Luca Maspes

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