Alpinismo

Moro: l'elicottero può volare lassù

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BERGAMO — ““Adesso capite perché mi sono rotto le scatole di vedere ed assistere impotente al fatto che elicotteri non vadano a recuperare nessuno in alta quota… al Latok 1 per lo sfortunato spagnolo bisognerebbe andare a 6500 metri. E’ questo il motivo per cui sto diventando pilota d’elicottero". Sulla faccenda del Latok I, dove da giorni risulta disperso un alpinista spagnolo, alza la voce Simone Moro. Che, oltre a dare la sua opinione sui soccorsi in quota, fornisce, da pilota, le spiegazioni tecniche necessarie a capire l’intervento in volo sulla montagna.

"La macchina giusta per andare lassù ci sarebbe – sostiene Moro – (Aerospatiale) SA 315B Lama che risale tra la fine degli anni ’60 e gli inizi degli anni 70 ma che è ancora il top per quelle missioni ed è molto in uso da noi in Italia, in Svizzera, Francia, India. Anche in Pakistan ne hanno ma bisogna avere voglia, ed addestramento specifico per tentare soccorsi estremi di quel tipo e a me sembra che manchino entrambi".

"Quella macchina fu studiata appositamente per l’esercito indiano e per essere utilizzata in alta quota – prosegue Moro -. Detiene ancora il record mondiale degli elicotteri per altitudine massima raggiunta. Il 21 giugno del 1972 raggiunse infatti la quota di ben 12 441 metri!!! La casa costruttrice stabilisce in 5400 m la quota massima di overing di servizio, ma 6998 m la evenual capacità limite, estrema, di overing fuori effetto suolo. Già nel 1969 durante alcuni dimostrativi con un Lama si riuscì ad andare ed atterrare a 7500 metri (24.600 ft) con due persone a bordo (pilota e copilota) + 140 kg di peso".

"Tutto questo non significa che andare a quote estreme sia dunque facile o di ordinaria capacità operativa – sottolinea Moro -. Tutt’altro, rimane una cosa estrema, ma dimostra che non è impossibile concepire e tentare interventi estremi a quote elevate se le condizioni meteo lo permettono. Con un molto più recente modello, l’ Eurocopter 350 B3 sono andati sin sulla vetta dell’Everest e ci sono rimasti con un pattino appoggiato per oltre 30 secondi (video in calce) a dimostrazione che la tecnologia ed il capitale umano esistono ( anche in Italia ci sono tanti bravissimi ed esperti piloti di montagna) per spostare i limiti operativi un po’ più in alto rispetto a quello che si fa normalmente oggi".

"In Nepal la situazione è probabilmente peggiore che in Pakistan – prosegue l’alpinista -. Laggiù oggi non ci sono neppure gli elicotteri del tipo in quantità sufficienti per ipotizzare evacuazioni elitrasportate in alta quota. Alcuni anni fa c’erano degli elicotteri russi Mi17 (che restano insieme al lama e al B3 i migliori in alta quota) ma oggi ce n’è operativo solo uno dell’esercito".

Moro, che sta per completare, negli Usa, il suo percorso formativo di pilota commerciale dopo aver fatto il brevetto privato la primavera scorsa, spiega poi il suo progetto per il futuro, alla vigilia di una nuova spedizione alpinistica.  

"Il mio percorso da pilota sarà lungo e complicato – dice l’alpinista e ormai pilota – ma è comunque iniziato a tutta velocità ed intensità. Magari un giorno quando deciderò di non spostare più i limiti verticali con la tecnica alpinistica inizierò ad esplorarne altri, facendolo magari dentro un elicottero, mettendo a disposizione ciò che dalle montagne più alte ho conosciuto ed imparato… Il progetto e la motivazione ci sono e quando anche i capitali saranno reperiti partirà la spedizione".

Ora comunque spero di tornare dagli Usa il 6 Settembre già pilota commerciale – conclude Moro – per poter pensare completamente alla parete sud Ovest del Cho Oyu e alla mia partenza del 15 settembre. Lassù infatti mi aspetterà un’altra esaltante avventura a pieni polmoni con Hervè Barmasse. Sulla stessa montagna ci saranno anche Emilio Previtali, Lizzy Hawker e Tamara Lunger e la spedizione chiamata “Tlilogy Cho Oyu expedition” di cui vi palerò più avanti".

Sara Sottocornola

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