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L’inquinamento sul Ghiacciaio del Presena: rinvenuti pesticidi, erbicidi, farmaci e altre sostanze

Pesticidi, erbicidi, farmaci e profumi per prodotti detergenti hanno raggiunto anche i 2700, vicino al Ghiacciaio del Presena. Questo è quanto hanno scoperto i ricercatori del Muse di Trento, nell’ambito di un progetto biennale finanziato dalla Fondazione Caritro per indagare il rischio ambientale dei contaminanti nei fiumi trentini.

Tra i quattro punti scelti per effettuare i prelievi, il Ghiacciaio del Presena è quello più alto ed è stato scelto perché da qui prende vita il torrente che, più a valle, prende il nome di Noce.

Valeria Lencioni, idrobiologa del Muse e responsabile del progetto, ha spiegato: “Il sito in alta quota è altamente impattato dal riscaldamento globale, con il ghiacciaio in forte ritiro. In più è sfruttato come stazione sciistica con alcuni impianti ed un rifugio a circa 3.000 metri. Si tratta quindi di un luogo altamente sfruttato, tanto che per preservarlo dei tratti sono coperti anche con materiale biotessile. Gli inerti utilizzati per costruire i teli, che sono in teoria biodegradabili, poi li ritroviamo in piccoli frammenti nel torrente. Abbiamo trovato contaminanti come fragranze, profumi, pesticidi utilizzati sul mais e non solo che viaggiano con correnti aeree per lunghe distanze per poi precipitare per condensazione in alta quota. Al disgelo, queste sostanze entrano in acqua. Quello che abbiamo messo in evidenza è che ci sono decine di contaminanti: moltissimi farmaci come anti infiammatori, antibiotici e farmaci da banco, che si associano al turista e allo sportivo. Ma abbiamo anche trovato tracce di droghe e estrogeni. Una miriade di molecole si concentrano in inverno e spariscono in primavera. Non sappiamo quale sia l’effetto a lungo termine di queste molecole e proprio per questo nel mondo c’è molto fermento sull’argomento, tanto che l’Unione europea sta spingendo i Paesi membri ad occuparsene. Perché queste molecole si possono accumulare quindi gli organismi, vertebrati e non, possono assumere queste sostanze direttamente o indirettamente, mangiando animali già contaminati. Chi sta in cima alla catena è quello più a rischio”.

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