Alpinismo

Txikon, Carlos e l’Everest

“Oggi abbiamo lavorato fino a circa 5800 metri, ci sono -22° in questo momento all’interno della tenda”. Alex comunica, ha la passione della comunicazione. Evviva.

Dalle immagini che invia ogni giorno possiamo capire lo stato dell’IceFall, la cascata di ghiaccio che lo divide da campo uno: ghiaccio duro e poca neve. L’Icefall scivola di poco meno di un metro al giorno verso il basso, ma d’inverno il freddo la frena ed è quindi relativamente più stabile.

Ma Txikon, con il suo giovane compagno Carlos Rubio, ha incominciato bene. Nei giorni scorsi temeva di perdere un’infinità di tempo per attrezzare i difficili passaggi tra le torri traballanti e un labirinto di crepacci, il terreno “è tecnico, difficile e impegnativo”, dice Alex. La sua traccia GPS, che lo segue passo dopo passo e ce lo mostra in tempo reale sul nostro pc mentre siamo seduti comodamente al caldo, ci dice che invece procede spedito, con i suoi 7 sherpa che lo aiutano ad attrezzare la salita, che sarà anche l’assicurazione per la discesa verso campo base, qualunque cosa accada.

In queste giornate il ritorno al campo base avviene tutte le sere, partendo da dove si arriva ad attrezzare: si sale e “con quattro salti” si rientra, direbbero alcuni alpinisti particolarmente veloci e collaudati. Credo che Alex e Carlos impieghino poco più che una manciata, abbondante, di minuti per scendere, chiudersi in tenda con i fornelli che scaldano l’aria e i cuochi che preparano la cena. Tutto questo è confortevole, nonostante i -22° C, e i due alpinisti, insieme ai due cineoperatori che li accompagnano, hanno di certo tempo per programmare, tenersi in forma, idratandosi e ingurgitando calorie, oltre che portare a termine l’acclimatazione.

Il salto finale degli ultimi seracchi, di solito parecchio ampi, potrebbe avvenire anche domani e campo 1 sarebbe raggiunto.

Intanto sul web si continua a discutere sull’invernale di Ang Rita del 1987 e sulle “rispettose” opinioni di Alex in proposito. L’Everest in inverno senza ossigeno è già stato salito dal mitico sherpa, che ne ha anche raggiunto la vetta altre 9 volte in stagione pre e post monsonica, rigorosamente senza ossigeno. Certo per la consuetudine più recente Alex sarebbe il primo, e ci tiene a sottolinearlo, ma con rispetto. Con grande prudenza Alex in questi giorni dice che realisticamente pensa di avere poche possibilità di arrivare in vetta all’Everest, e questo è certamente vero, ma poi esagera in umiltà: “Dal mio punto di vista considero già un successo raggiungere campo 2 (6400m), in quanto superare l’IceFall non è facile per gli undici alpinisti (sherpa compresi. Ndr), che sono impegnati in questa spedizione”. A dire la verità a campo due in inverno e senza ossigeno c’è già arrivata un po’ di gente negli anni passati, polacchi compresi.

Alex, ottimo comunicatore, con nel cuore una gran nostalgia per Ali Sadpara, spera anche che Carlos sia una rivelazione anche in alta quota oltre che una realtà sportiva e alpinistica sulle Alpi; a questa speranza è probabilmente legata qualche possibilità in più di successo. Sarà dura, durissima, ma ci provano e questo è bello, quasi eroico.

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Un commento

  1. Il modo assurdo in cui stanno salendo mi fa totalmente parteggiare, ora, per Daniele Nardi. Questo è uno che parla, usa qualunque mezzo per andare su, se ne frega di etica e di stile, ha un modo di procedere da vecchio alpinismo, e si spaccia per forte. Intanto nel mondo ci sono formidabili alpinisti (e anche in Italia qualcuno, non molti) che in Patagonia, Karakorum e Baffin fanno meraviglie. W Korra Pesce, Della Bordella, Schiera e Gietl

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