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Fuoripista: professionisti a confronto

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PONTE DI LEGNO, Brescia — Parola d’ordine freeride. Ma dove e come praticarlo in sicurezza è tutto da vedere. E allora i professionisti della montagna della Lombardia si sono incontrati a Ponte di Legno proprio per discutere dell’argomento, affrontandolo ciascuno dal proprio punto di vista: quello delle Guide Alpine, dei maestri di sci e di snowboard e dei gestori di un grande comprensorio come l’AdamelloSki. Abbiamo chiesto ai protagonisti che cosa è emerso dall’incontro.

Il Workshop sul freeride si è tenuto al Passo del Tonale dal 2 al 5 aprile, ed è stata una vera novità per i professionisti della montagna nel panorama italiano. Per la prima volta, infatti, si è provato a costruire un quadro a tutto tondo del mondo del fuoripista di oggi, portando ciascuno la propria prospettiva per ragionare insieme sul freeride: un’attività che piace sempre più agli sciatori italiani e stranieri e che richiama molti turisti sulle montagne nostrane.
 
"Il freeride è un’attività legata all’ambiente invernale – ha spiegato Andrea Sarchi, presidente della Commisione Tecnica lombarda e nazionale delle Guide Alpine e tra gli organizzatori del Workshop -, è quello che prima si chiamava comunemente ‘fuoripista’ e che adesso ha assunto una veste più moderna. A questa pratica si legano sicuramente i problemi relativi alla sicurezza, intesa come prevenzione, capacità di valutazione del terreno e anche autosoccorso".
 
"Durante il Workshop sono state analizzate le tecniche atletiche sciistiche del freeride, che negli utlimi anni ha subito dei cambiamenti dovuti ai nuovi materiali in uso – continua Sarchi -. Poi è stata toccata la questione relativa alla didattica, aspetto che riguarda per lo più le Guide e i maestri di sci, con la presentazione da parte nostra di un progetto sulla possibilità di gestire il fuoripista. Un’attività che vorremmo valorizzare, invece di abbandonarla al suo corso, o addirittura di vietarla, come a volte certi cartelli suggeriscono".
 
"Il concetto importante in tutte queste attività legate all’ambiente è quello della responsabilità personale: ognuno, una volta messo a conoscenza delle condizioni dell’ambiente da parte degli esperti, una volta che decide di avventurarsi deve sapere che la responsabilità deve essere sua – prosegue Sarchi -. Si tende sempre a dare la responsabilità a qualcun’altro, a qualcos’altro, ma questo atteggiamento deve cambiare. Non credo sia sbagliato rendere obbligatorio l’uso di pala, arva e sonda nel fuoripista, così come si è fatto per esempio con l’uso della cintura di sicurezza. Tenendo presente però che è un’attrezzatura che bisogna imparare ad usare, altrimenti serve a poco".
 
"Il Workshop è stato un successo – conclude Sarchi -. Prima di tutto perchè si è parlato di freeride in un contesto di specialisti, in cui si sono messe a fuoco strategie di gestione del rischio importanti nell’ottica della disciplina, che è diversa dallo scialpinismo. Un successo perchè ha portato a un confronto tra le uniche professioni che si occupano di montagna per cercare di andare tutti in un’unica direzione. Un incontro così specifico sul freeride credo sia stato il primo in Italia".
 
Soddisfazione espressa anche da Maurizio Andreotti, Direttore di AdamelloSki, il comprensorio che ha ospitato il Workshop di aprile.
 
"La questione principale riguardo al freeride per un gestore di un comprensorio sciistico concerne la responsabilità dei percorsi fuoripista – ha spiegato Andreotti -. Il primo punto infatti è capire fino a dove l’impiantista è immune dalla responsabilità del fuoripista all’interno della sua skiarea. Qual è il confine tra informare e il prendersi la responsabilità. Ad oggi se una persona scende da un tracciato non segnalato, non visto, non coperto dall’assicurazione, la responsabilità è sua. Rispetto alla questione siamo comunque in grossa difficoltà perchè non c’è una normativa certa".
 
"Il Workshop è stato momento positivo – conclude Andreotti -, perchè non si è solo lanciato un sasso nello stagno. Il freeride è una realtà sempre più amata, un prodotto nuovo, un nuovo modo di interpretare la neve e di viverla e a questo dobbiamo attrezzarci. Nell’area del nostro comprensorio riscontriamo tante richieste rispetto a questa attività, moltissimi sono i turisti che vengono da fuori per scoprire le nostre montagne anche attraverso il freeride. Per noi è un’occasione per avere maggiori afflussi, maggiori clienti, che possono usare gli impianti di risalita e poi scendere dai fuoripista".
 
 
Valentina d’Angella
 
Foto courtesy of Manu Gaidet – babasurf.com

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