Alpinismo

Kammerlander rivendica la sua discesa in sci dall’Everest. Ma attacca il “nemico” sbagliato

Il 23 maggio 1996, l’ex compagno di spedizione di Messner è sceso in sci da 8848 metri. Oggi definisce “uno show” la discesa di Andrzej Bargiel, ma non attacca il National Geographic, che ha cancellato la sua impresa dalla storia

Il maggio del 1996, sull’Everest, è un mese ricchissimo di eventi. Il 10 e l’11, tra la vetta e il Colle Sud, una bufera uccide otto alpinisti, tra i quali le guide Rob Hall e Scott Fischer. Una tragedia che diventerà famosa nel mondo grazie al best-seller Aria sottile di Jon Krakauer, ad altri libri e a un film.
Quando il tempo si rimette al bello, arriva a 8848 metri il team che sta girando Everest, un documentario in formato IMAX diretto da David Breashears, e che ha per protagonisti Ed Viesturs, Araceli Segarra e Jamling Tenzing Norgay, figlio del protagonista della prima ascensione nel 1953.
Non è finita. Il 23 maggio, sempre dal versante nepalese, arriva in vetta lo svedese Göran Kropp, che ha percorso in bicicletta i 13.000 chilometri che separano Stoccolma da Kathmandu, e farà lo stesso al ritorno.
Lo stesso giorno, dal versante tibetano, tocca a un alpinista dell’Alto Adige. 

La straordinaria discesa di Hans Kammerlander nel 1996

Si chiama Hans Kammerlander, è una guida della Valle Aurina, nel 1986 è stati compagno di spedizione di Messner sul Makalu e sul Lhotse, gli ultimi due “ottomila” di Reinhold. E’ arrivato nella valle di Rongbuk insieme allo svizzero Norbert Joos, sale in vetta da solo, aiutato fino a 7100 metri da due Sherpa.
Sullo zaino, Hans porta due sci da 160 centimetri. Nelle mani ha dei bastoncini telescopici, nelle cui impugnature sono saldate due punte che possono servire da freno sulla neve, ma non potrebbero salvargli la vita se scivolasse su un pendio di ghiaccio. Il suo vero jolly è l’esperienza. “Sull’Everest riverso l’esperienza di cento settimane di spedizioni, di oltre duemila scalate sulle Alpi, con successi e insuccessi, errori e decisioni azzeccate”, scriverà. 

In cima si siede accanto al treppiede cinese, parla per radio con il campo-base, poi fissa gli sci agli scarponi e parte, alternando diagonali sugli spigoli a derapate, poi azzarda una curva saltata. Il progetto, ideato sulle foto dell’Everest, era di scendere per il Great Couloir, o Couloir Norton. Ma la neve, pochissima, impone una linea diversa.
Hans obliqua a destra, si rimette i ramponi per affrontare una traversata insidiosa, perde un guanto ma ne recupera uno dal cadavere di un alpinista indiano. Rimette gli sci, sosta per un tè a 7100 metri nella tenda dei suoi Sherpa, riparte. Al Colle Nord si rifocilla di nuovo, indossa dei guanti di riserva, sostituisce gli sci corti con altri più pesanti e più lunghi. Quando arriva al campo-base avanzato sono passate 23 ore e mezzo dalla partenza. 

Negli anni che seguono, i tentativi di scendere con gli sci o con lo snowboard dall’Everest sono rarissimi. Nel 2000 lo sloveno Davo Karničar compie la prima discesa verso il Nepal, nel 2002 lo snowboarder francese Marco Siffredi scompare nel Canalone Hornbein, che si apre a destra (ovest) del Norton.

Le due grandi discese dell’autunno 2025

Il 2025, invece, porta due imprese straordinarie. Il 23 e il 24 settembre, il polacco Andrzej Bargiel scende sul versante nepalese senza usare corde fisse, e senza utilizzare ossigeno in bombole. Tre anni prima, lo stesso alpinista aveva compiuto la prima discesa assoluta con gli sci dal K2.  
Il 15 ottobre, invece, lo statunitense Jim Morrison supera in poco più di 4 ore, sci ai piedi, i 3650 ripidissimi metri che separano la vetta dell’Everest dal ghiacciaio di Rongbuk, percorrendo prima il Canalone Hornbein e poi il Canalone dei Giapponesi. Bargiel è sponsorizzato dalla Red Bull, Morrison dal National Geographic. Entrambe le imprese sono straordinarie e  grazie a questi appoggi vengono raccontate in tutto il mondo. 

Lo sfogo di Kammerlander

A Hans Kammerlander questa attenzione dei media non piace. La sua prima lingua è il tedesco, e per lui è naturale sfogarsi sul quotidiano austriaco Der Standard. Nell’intervista, rilasciata al giornalista Thomas Hirner e ripresa anche da vari media italiani, definisce “uno show” la recente impresa di Andrzej Bargiel, e attacca giustamente la Red Bull che ha celebrato l’impresa come la “prima discesa sugli sci” dall’Everest. 

Kammerlander critica “l’enorme sforzo logistico della spedizione di Bargiel, che “non ha assolutamente nulla a che fare” con l’alpinismo himalayano di trent’anni fa. “Quando, tanti anni dopo, si mette in scena una cosa che in realtà non è nemmeno paragonabile, è un peccato. Così si rovina l’alpinismo, si annacqua tutto” dice l’alpinista della Valle Aurina a Hirner.
Ricorda che nel 1996 era solo sull’Everest, senza ossigeno, e ha completato salita e discesa in meno di 24 ore. “Avevo solo un litro di tè con me, nient’altro“. Riconosce che la discesa del 2018 di Bargiel dal K2 è stata “una prestazione eccezionale”. 

Quella di Bargiel e della Red Bull, per lui, è solo “un’operazione di marketing”. Il vero obiettivo di Hans Kammerlander, però, sembra l’alpinismo himalayano di oggi. “È un affare enorme. Anche con la metà delle persone sarebbe comunque tre volte troppo” spiega a Thomas Hirner.
Molti alpinisti della generazione di Kammerlander (che a  dicembre festeggerà 69 anni), o poco più giovani, guardano con rimpianto all’Himalaya e al Karakorum di qualche decennio fa, quando le spedizioni commerciali non c’erano e le montagne erano molto meno affollate di oggi. 

Nonostante l’apporto della Red Bull, azienda austriaca che ha sponsorizzato tra gli altri David Lama, la discesa dell’alpinista polacco sembra però difficile da attaccare. Andrzej ha affrontato l’Everest dopo il monsone, quando le corde fisse e le scale della primavera non ci sono, accompagnato da pochissimi Sherpa. A guidarlo nella discesa dell’Icefall, come tra i seracchi del K2, è stato il drone pilotato da suo fratello Bartek.

Sorprende che, nel suo attacco sferrato da Vienna contro Bargjel e la Red Bull, l’ex-compagno di avventure di Messner abbia trascurato chi gli ha fatto una scorrettezza molto grave. Nel raccontare l’impresa di Jim Morrison, infatti, il National Geographic non ha citato la recente impresa di Andrzej Bargiel. E soprattutto ha scritto che “Davo Karničar è stato il primo a scendere in sci dall’Everest”. Oltreoceano Hans Kammerlander non esiste. Che peccato! 

Tags

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close