110 anni fa Sepp Innerkofler moriva sul Monte Paterno. Una fine ancora avvolta nel mistero
Da dove fosse partita la pallottola fatale non è mai stato chiarito con certezza. Quel giorno, però, scompariva un’alpinista capace di imprese clamorose



Il 4 luglio del 1915 cadeva in combattimento la guida alpina e sergente maggiore Sepp Innerkofler durante un tentativo di conquistare Monte Paterno.
L’operazione era stata pianificata nei minimi dettagli e prevedeva un’azione sui due versanti della montagna. Un gruppo di quattordici fucilieri e due guide alpine, risalendo da nord-est, doveva conquistare la Forcella dei camosci. A nord-ovest (salendo la Via aperta da Sepp Innerkofler il primo settembre 1886) un drappello di quattro guide alpine – oltre Innerkofler salirono Forcher, Piller e Rogger – e due fucilieri selezionati dallo stesso Sepp per le capacità alpinistiche, avrebbe sferrato l’attacco decisivo.
Dopo aver superato l’ultimo camino si sarebbero trovati a pochi metri dagli italiani sul piccolo pianoro sommitale. Un plotone di rinforzo era rimasto sulla sella dove i gruppi si erano divisi e avevano iniziato la salita.
Con la copertura del fuoco d’artiglieria dall’Alpe Mattina e da Sasso di Sesto, i due gruppi salirono rapidamente verso le posizioni assegnate ma l’attacco a sorpresa non fu più possibile. Già durante la salita, lungo il ghiaione che sale verso la prima sella, si era reso necessario scavare dei gradini nel ghiaccio e il rumore aveva messo in allerta le sentinelle italiane.
Poco prima di raggiungere il camino d’uscita sulla cima la guida alpina Benitius Rogger, che chiudeva il drappello condotto da Sepp Innerkofler, segnalò ai comandi con un drappo il cessate il fuoco. Terminate le esplosioni delle granate Innerkofler seguito da tre commilitoni raggiunse il pianoro sommitale che fu subito bersagliato dal fuoco italiano dalle cime in mano al regio esercito e soprattutto da Pian di Cengia. Innerkofler lanciò tre bombe a mano di cui una sola esplose ma lontano dall’obiettivo. Quanto accadde dopo non è mai stato chiarito.
Tante, troppe, versioni sugli ultimi istanti di vita
Il corpo esanime di Sepp Innerkofler era immobile sulla neve all’uscita del camino Oppel. Ci furono decine di versioni e ipotesi, Josef Anton Mayr (futuro sostituto governatore del Tirolo) ne contò ben trenta e molte contrastanti tra loro. Le più accreditate sono tre.
Il Tenente medico Antonio Berti, nel suo libro “Guerra in Cadore”, scrive che l’alpino Piero De Luca approfittando di un attimo di esitazione di Sepp Innerkofler lo colpì con una pietra facendolo cadere.
Due dei militari austroungarici riferirono invece di aver sentito urlare la guida alpina colpita da un proiettile sulla fronte per poi cadere. Il comandante austroungarico responsabile dell’operazione vide da Sasso di Sesto la figura di Sepp Innerkofler in piedi sul pianoro sommitale e contemporaneamente sentì una mitragliatrice austriaca aprire il fuoco verso Monte Paterno. Il corpo della guida di Sesto fu recuperato dai militari italiani che avevano capito subito chi fosse il caduto. Sotto il fuoco austroungarico si calarono verso il camino Oppel recuperando il corpo, che composero sulla cima di Monte Paterno in una buca appena fuori il muro difensivo italiano. A ricordo una semplice croce in legno con la scritta “Sepp Innerkofler – Guida”, incisa su una piastrina di metallo, probabilmente ricavata da una gavetta o una scatola di cibo.
Il 4 giugno del 1918 Johann Forcher salì sul Monte Paterno e individuò il punto dove Sepp era stato sepolto. La croce di legno con la piastrina di metallo posizionata dagli alpini era ancora lì. La salma fu portata a valle il 27 agosto dopo che i resti della guida erano stati composti in una semplice bara di legno chiusa con del filo di ferro. La calarono con le funi portandola a spalle fino a Forcella Passaporto, poi passando per Forcella Lavaredo e i resti del Dreizinnenhütte fu portata in Val Campo di Dentro utilizzando la funicolare costruita nel settore delle Tre Cime per gli approvvigionamenti dei soldati. Una carrozza con due cavalli bianchi portò quindi Sepp Innerkofler fino alla sua Sesto.

La clamorosa, e discussa, rivelazione del figlio
Il 27 dicembre 1975 l’ultimo figlio ancora in vita, Sepp Junior, rilasciò un’intervista alla ORF – Radio Televisione Austriaca. Le sue parole furono molto chiare ma molto poco gradite dalla stampa austriaca. Sepp Junior affermò senza esitazione di aver visto il padre morire colpito da una mitragliatrice austriaca. I figli di Sepp non parteciparono all’operazione perché il padre disse all’altro figlio Gottfried: “Ne basta di Innerkofler uno che non torna indietro”. Ben conoscendo le pendici e pareti di Monte Paterno, aveva provato fino all’ultimo a far desistere il Capitano Wellean dal fare iniziare l’operazione, poi, probabilmente dopo essere stato duramente ripreso, organizzò il suo materiale e impartì gli ordini a chi doveva seguirlo.
Sepp Innerkofler Junior dichiarò di aver seguito tutta l’operazione con un binocolo, la salita sulla parete, l’esplosione di una granata poi la comparsa della sagoma del padre sulla vetta. Quasi contemporaneamente una mitragliatrice austriaca “iniziò a pennellare la montagna” da circa 50 metri più in basso della sua posizione e quando fu dato l’ordine di cessare il fuoco ormai era tardi.
L’importanza strategica del Monte Paterno
Nei giorni precedenti l’operazione militare che gli costò la vita, Sepp Innerkofler aveva portato a termine con la “Pattuglia volante”, così erano noti gli uomini che conduceva su cime e creste, molte missioni di esplorazione e disturbo delle truppe italiane che si stavano disponendo in Dolomiti di Sesto e del Comelico. Dall’alto di Cima Undici e Croda Rossa aveva potuto vedere la linea italiana da Col Quaternà fino a Forcella Lavaredo, comprendendo l’importanza di mantenere le posizioni su Torre di Toblin e Monte Paterno, dove però furono anticipati dagli alpini.
Alpinista e imprenditore
Sepp Innerkofler era molto noto sia come guida alpina sia come imprenditore. Ultimo di quattro figli, Sepp lavorava tutto il giorno in segheria, tuttavia, nel tempo libero non perdeva occasione per andare in montagna a caccia e arrampicare fin dove poteva. Nel 1889 divenne guida alpina.
Le sue prime ascensioni e la grande capacità di condurre lo resero già a trent’anni la guida più richiesta di Sesto. Gestì per tre anni il rifugio su Monte Elmo poi la svolta con il Dreizinnenhütte nel 1898 e, pochi anni dopo, con la costruzione del Dolomitenhof in Val Fiscalina, si affermò come imprenditore capace e lungimirante.
Diventò leggenda con la prima ascesa della parete nord della Piccola di Lavaredo che portò a compimento con Veit Innerkofler e un cliente, Hans Helversenn. Deciso il giorno della salita, Veit avrebbe dovuto prima accompagnare, sempre sulla Piccola dalla via normale, una facoltosa donna di Graz. Dalla cima Veit guardava con stupore Sepp salire da solo sulla parete nord in “esplorazione” sempre più vicino alla vetta.
Ridisceso con la cliente, Veit trovò Helversenn che dormiva sdraiato sulle pietre. Lo svegliò e dopo aver mangiato rapidamente i due raggiunsero Sepp sulla sella dove intanto era disceso in libera senza utilizzare la corda che aveva con sé. Capocordata fu deciso fosse Veit che raggiunse la vetta per primo ma che riconobbe da subito a Sepp il merito dell’ascensione per la sua straordinaria esplorazione in solitaria.
Quando Sepp iniziò la professione di guida tutte le cime più importanti erano già state salite dai fratelli Michl e Hans Innerkofler con Veit Innerkofler che completò l’esplorazione delle cime raggiungendo quanto non era già stato salito in precedenza soprattutto da Michl in solitaria. L’esplorazione delle Dolomiti di Sesto di fatto era già conclusa ma le gesta di Sepp spostarono il grado di difficoltà delle vie in modo inimmaginabile per il tempo.
Accompagnò a lungo anche Adolf Witzenmann appassionato di scrittura e fotografia, a lui si deve la testimonianza scritta e dettagliata di molte delle imprese di Sepp Innerkofler.