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Dalai Lama: la Cina ha portato inferno in Tibet

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NUOVA DELHI, India — Per un qualche attimo deve aver perso la sua proverbiale moderazione e ha detto a chiare lettere cosa pensa della situazione nel suo Paese. Lo ha fatto con aplomb ma ha usato parole che pesano come pietre: "La Cina ha portato l’inferno sulla terra del tormentato Tibet". E’ l’accusa che il Dalai Lama, massima autorità spirituale tibetana, ha scagliato ieri nei confronti di Pechino , nel giorno del 50esimo anniversario della prima rivolta contro il regime comunista.

Il messaggio è stato diffuso attraverso il suo sito web. Insieme alla richiesta di una trattativa che porti a «un’autonomia legittima e significativa per il Tibet» e non dunque all’indipendenza tout-court dalla Cina. E all’accusa al governo di Pechino di aver causato la morte di «centinaia di migliaia» di tibetani.
 
Un attacco a tutto tondo quello del Dalai Lama che ha voluto ricordare agli Occidentali che, dopo l’occupazione, il governo cinese con cui fanno comunemente affari, ha portato a termine «una serie di campagne violente e repressive» in spegio dei diritti umani. Secondo il religioso, il regime cinese ha imposto la legge marziale e più recentemente programmi di «rieducazione» che hanno causato una «profonda sofferenza» nella popolazione tibetana, oppressa «nella paura costante».
 
L’offensiva dell’autorità tibetana, in esilio all’estero da decine di anni, ha provocato una piccata reazione cinese. il portavoce del governo Ma Zhaoxu ha detto che "il Dalai Lama diffonde menzogne e confonde il bianco col nero".
 
Intanto, dei 300 religiosi che vivono nel monastero di Lutsang (An Tuo in cinese), oltre un centinaio sono stati finiti in manette dopo una manifestazione per le festività del Capodanno tibetano (Losar), che si è celebrato il 25 febbraio. Gli arrestati sono in tutto 109.
 
WP 

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