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Ragni all’isola di Baffin, Della Bordella verso l’avventura nel profondo Nord

Matteo della Bordella (Foto Giancarlo Airoldi)
Matteo della Bordella (Foto Giancarlo Airoldi)

LECCO — Infinite ore di luce, mare, ghiaccio e pareti inviolate, immersi nella solitudine della natura più selvaggia. Ecco gli ingredienti della spedizione che ai primi di giugno vedrà partire i Ragni Matteo della Bordella, Luca Schiera, Matteo De Zaiacomo e i belgi Nico Favresse e Sean Villanueva verso le coste dell’isola di Baffin, nel Mar Glaciale Artico. Della Bordella ci ha raccontato progetti ed aspettative di questo affascinante viaggio, e cosa significa per lui essere Ragno nell’anno del 70esimo anniversario del noto gruppo alpinistico lecchese.

 

Matteo, cosa ci racconti di questa spedizione all’Isola di Baffin?
In realtà non molti dettagli, perchè non abbiamo ancora le idee chiare noi su cosa faremo. Andiamo sulla costa orientale di Baffin, nella zona del Sam Ford Fjord. Però visto che abbiamo ancora alcuni dubbi sulla logistica e abbiamo diverse idee di pareti, abbiamo preferito non dichiarare cosa andiamo a fare perchè non c’è nulla di definitivo.

Sarà alpinismo classico o avete in mente qualcosa di originale?
L’isola di Baffin è famosa perchè ci sono molte pareti di roccia, difficili, alte più di mille metri, inviolate. Le vie che esistono sono state aperte perlopiù in artificiale perchè la maggior parte degli scalatori sono andati li prima che si sciogliesse il ghiaccio nei fiordi, quindi a maggio, quando fa molto freddo e non riesci a scalare in libera. Noi invece puntiamo a scalare proprio in libera. Lo faremo nei mesi di giugno e luglio, quando la temperatura è più alta e non poteva essere altrimenti visto che andiamo con Nico e Sean che sono due specialisti, fra i migliori al mondo in questo genere di cose.

Come è nata questa squadra?
E’ nata in modo abbastanza casuale. Io conosco da diversi anni Nico e Sean e ho già scalato con loro, più che altro dalle nostre parti. Una volta parlavo a Nico della mia intenzione di andare a Baffin il prossimo anno, e lui ha detto: “anche a me piacerebbe andarci”. E’ saltato fuori che volevamo andare più o meno nello stesso posto e così mi ha proposto di andarci insieme. Da lì abbiamo iniziato ad organizzare.

Cosa vi affascina di queste terre del Nord? Dal punto di vista alpinistico e personale.
E’ un luogo veramente selvaggio e naturale, come pochi altri al mondo. Patagonia, Himalaya, sono posti con pareti bellissime però sono zone relativamente conosciute, dove ti muovi sempre con la presenza di altre persone. Non sei mai in totale isolamento e autonomia. Di solito si fa un campo base coi portatori. In Patagonia hai El Chalten, insomma è un contesto diverso. Qui invece, come in Groenlandia, parti dall’ultimo paesino civilizzato e da lì ti allontani, dentro questi fiordi, magari a oltre 200 km dall’ultimo posto abitato. Sei veramente solo. Non c’è niente e nessuno, sei in mezzo al nulla. Si tratta secondo me di un’avventura più grande e più completa da questo punto di vista, perchè te la devi veramente cavare per conto tuo per tutta la durata della spedizione. Nel periodo in cui andiamo noi, ancora di più: il ghiaccio si romperà e il fiordo non sarà transitabile.

Dovrete mangiare pescato e molluschi come all’isola dei famosi?
Beh speriamo di portarci dietro tutto quello che ci serve! Comunque la cosa che mi affascina di più è proprio l’avventura che va al di là dell’esperienza alpinistica in sè. Qui solo il viaggio per arrivare alla parete è di per sè un’avventura, che in altri posti non esiste.

Com’è vivere con la luce 24 ore al giorno? Sballa i ritmi o ti ci abitui in fretta?
In realtà secondo me è solo un enorme vantaggio perchè ti puoi gestire in modo indipendente dal sole, dal ciclo giorno-notte. Il fatto che non venga mai buio è anche un grande margine di sicurezza perchè non viene mai la notte che tante volte in montagna può essere un problema. La luce dal punto di vista alpinistico è solo un vantaggio: ti permette di gestire meglio le energie e di fare cose che non potresti riuscire a fare in altri ambienti.

Che differenza c’è tra partire con un obiettivo dichiarato e partire all’avventura, a livello mentale, di preparazione o di stress?
Io quando ho un obiettivo in testa non ho problemi a dirlo, e l’ho sempre fatto. Stavolta però  quello che ci accomuna non è una montagna, è proprio il fatto di voler vivere un’avventura e scalare delle belle pareti in libera. E’ veramente questo l’obiettivo della spedizione, ci faremo guidare sul posto anche dall’istinto, da ciò che ci sembra più attraente. E’ un’altra cosa, semplicemente.

Stasera avrete una grande serata a Trento per i 70 anni dei Ragni. Come vivi questo anniversario?
Sì stasera è un grande appuntamento. E’ una ricorrenza importante, un modo come un altro per celebrare il Gruppo e il fatto che dopo tutti questi anni è ancora vivo, attivo, e noi ne siamo la testimonianza. Io non amo le celebrazioni, ma è una importante presa di coscienza del fatto che siamo qui, ma abbiamo una storia alle spalle.

Cosa significa per te portare il maglione rosso?
E’ un grande onore perchè è una cosa che avevo sempre desiderato. Ormai sono Ragno da 10 anni, mi sono anche un po’ abituato, ma voglio cercare di portare avanti al meglio questa tradizione. Il maglione è uno stimolo a cercare di fare del mio meglio e a migliorarmi sempre, pensando alla storia dei Ragni. Bisogna cercare di essere sempre all’altezza della situazione, con obiettivi nuovi e ambiziosi.

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