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Valsassina Expedition: intervista a Flavio Spazzadeschi

Partirà oggi in direzione di Delhi la Valsassina Expedition. Il Capo spedizione Flavio Spazzadeschi ci racconta il ritorno della Valsassina in Himalaya, dove tenterà, dopo un cambio all’ultimo minuto di vetta, la cima del Trisul assieme ai compaesani Mario Bertoldini, classe 1951, ed il 65enne Guido Barindelli, l’imperiese Pier Enzo Scian, classe 1949, ed i due giovani della Val Chiavenna Filippo Lisignoli e Matteo Balatti.

 

Per quale motivo inizialmente avete scelto due cime insolite come il Kamet e l’Abigamin?

Ho scelto il Kamet e l’Abigamin perché è da tanti anni che guardavo il Kamet e mi piaceva, inoltre ho fatto delle ricerche e non era mai stata salita da italiani e non è mai stato fatto il concatenamento con l’Abigamin nella stessa giornata. Il nostro progetto era la prima salita italiana ed il tentativo di concatenamento: salendo prima sul Kamet per poi scendere e risalire l’Abigamin, perché l’ultimo campo, che era 7080 mt, era proprio sul colle che divideva le due montagne.

Poi la chiusura del versante nord del Kamet ed il cambio di vetta ed un nuovo obiettivo.

Fino al 22 aprile tutto a posto, vale a dire 13 giorni prima di partire, avevo già pagato anche i permessi. Una bella mattina arriva una mail dall’IMF, Indian Mountain Foundation, che segue i permessi delle montagne, con un comunicato dove si diceva che per ragioni di sicurezza la zona è stata interdetta ai turisti. Ci hanno proposto altre cime sotto la zona della fascia contesa, perché la parete nord del Kamet è proprio sul confine con il Tibet. Non si riesce a capire se sono problemi con la Cina di carattere militare o problemi tra la popolazione. Lo scopriremo mercoledì a Delhi quando incontreremo il direttore generale dell’IMF che ci spiegherà i motivi.

Come mai avete scelto come alternativa il Trisul?

Abbiamo optato per il Trisul perché ci avevano dato 4/5 montagne tra cui scegliere, le altre erano tutte sotto i i 6800/6700 ed io volevo fare una montagna più alta. C’è il Nanda Devi, ma anche lui è chiuso da parecchi anni perché hanno fatto la zona parco. Dopo aver visto che quella dalla cresta nord del Trisul è una bella salita, abbastanza impegnativa, abbiamo scelto quello. Inoltre mancavano pochi giorni e dovevamo fare una richiesta nuova di permesso, rimandare i nominativi e preparare tutta la documentazione.

Quindi scalerete la cresta nord, sapete già la via?

La via per la cresta nord è già stata scalata. Documentazione vera e propria ne abbiamo poca, perché su quelle montagne esistono poche relazioni di salita. Con il Kamet ci eravamo preparati abbastanza bene perché avevamo avuto tutto questo inverno. Per quel che riguarda il Trisul, la montagna è molto più distante da dove si arriva con i mezzi, a differenza del Kamet per cui bastavano tre giorni da Deli per arrivare dove finisce la strada, poi in soli due giorni eravamo al campo base. Per il Trisul invece purtroppo ci vogliono i soliti tre giorni con i mezzi fuori strada e cinque giorni a piedi per arrivare al campo base. Tra l’altro il campo base del Kamet era già a 5000 mt, il campo base del Trisul è invece a 4000, quindi abbiamo dei dislivelli anche abbastanza importanti.

La spedizione per il Kamet e l’Abigamin era previsto durasse 40 giorni. Ora quali saranno le tempistiche?

Prima erano 40 giorni, adesso sono più o meno 32 giorni. Abbiamo accorciato un po’ perché si fa un campo in meno e si riposa un po’ meno perché la montagna è un po’ più bassa. Però se pensi che hai dislivelli più lunghi e qualche giorno in più per il capo base siamo forse un po’ tirati. Inoltre i due ragazzi della Val Chiavenna per il progetto Kamet sarebbero stati volentieri 40 giorni, per quello Trisul, dato che entrambi lavorano per conto proprio, hanno invece deciso di stare un po’ meno, così possono venire anche l’anno prossimo perché il Kamet ce lo hanno assegnato per l’anno prossimo.

Quando prevedete di arrivare al campo base?

Partiamo da Delhi il 5 maggio, l’8 maggio siamo all’ultimo giorno con i mezzi fuori strada, per il 12 sera, massimo 13 maggio, siamo al campo base.

Anche in considerazione del fatto che il campo base del Trisul è ad una quota minore, come pensate di gestire acclimatazione?

L’acclimatazione in sé non è un problema perché si arriva al campo base piano piano. Inoltre per arrivare ai 4000 mt si superano anche i 4500 mt, perché sono di quei passaggi che vanno su e giù nelle montagne, quindi per l’acclimatazione è forse meglio.

Una spedizione la vostra composta da tanti veterani delle montagne, con esperienza anche sugli 8000, e due giovani. Come mai questa scelta?

Il Balatti è stato molto in Bolivia e Perù, ha aiutato a fare scuole ed ha salito diverse montagne e negli ultimi due anni Lisignoli si è aggregato a lui per aiutare in questi progetti. Poi mi hanno chiesto per questa spedizione e ben venga il miscuglio giovani ed adulti. Noi mettiamo tutta la nostra esperienza, loro sono giovani. Siamo preparati molto bene anche se abbiamo qualche annuccio sulle spalle. Siamo gente tosta.

La vostra è ufficialmente la spedizione che sancisce il ritorno della Valsassina in Himalaya, iniziata 28 anni fa con il Cho Oyu.

Si, con il Cho Oyu è iniziata 28 anni fa. Il mio primo 8000 è stato nell’88, allora era il primo 8000 della provincia di Como, al tempo non c’era ancora come provincia Lecco. Poi nel ‘91 il Manaslu, nel ‘94 l’Everest, nel ‘97 lo Shisha Pangma e poi moltissimi viaggi e cime nell’Adak, nello Zanskar ed in tutte queste zone.

Vi auguriamo allora l’imbocca al lupo!

Grazie mille, speriamo di arrivare in cima e poi portare a termine il progetto l’anno prossimo, perchè è quello che ci sta più a cuore

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