Scienza e tecnologia

Biodiversità: occhi puntati sull’Himalaya

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KATHMANDU, Nepal — Più studi sulle conseguenze dei cambiamenti climatici in Hiamlaya. Questa la conclusione con cui si è chiuso in Nepal un importante convegno dell’Icimod, International Centre for Integrated Mountain Development, che ha riunito scienziati di tutto il mondo per discutere delle problematiche ambientali e delle strategie di preservazione delle biodiversità himalayane. I lavori infatti, a cui ha partecipato anche il Comitato EvK2Cnr, hanno fatto emergere un’urgenza precisa: la necessità di approfondire le ricerche sulle montagne più alte del mondo per elaborare un piano d’azione globale.

Per preservare le biodiversità della regione più alta della terra è necessario studiarla di più e in modo più dettagliato. L’Himalaya è infatti ancora oggi, agli occhi degli scienziati, un "white spot", una sorta di "spazio vuoto" da riempire di dati e informazioni precise sullo stato dell’ambiente.
 
Essendo la regione himalayana estremamente ampia, bisogna che le ricerche e le analisi crescano di numero, concentrandosi ciascuna in un proprio settore. Importantissimi quindi i lavori che si stanno già svolgendo per studiare le’voluzione del clima e del terriotiro. Come il progetto Share, che compie analisi delle condizioni atmosferiche in alta quota, o come lo studio delle biodiversità della fauna nel Central Karakorum National Park, che assiste per esempio gli effetti del ritorno del leopardo delle nevi nella zona, entrambi portati avanti dal Comitato EvK2Cnr.
E’ necessario però ora che l’impegno in quest’area strategica del mondo aumenti, in funzione dello studio di strategie globali.
 
Questo il risultato del convegno tenutosi dal 16 al 18 novembre in Nepal. Il congresso, a cui hanno partecipato studiosi provenienti da tutto il mondo, tra cui Gianni Tartari ed Elisa Vuillermoz, che hanno portato l’esperienza ventennale del Comitato Evk2Cnr nel campo della ricerca scientifica in alta quota, è stato organizzato dall’Icimod, l’International Centre for Integrated Mountain Development.
 
 
Valentina d’Angella

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