Alpinismo

Gallo: basta coi “terroristi” dell’alpinismo

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PADOVA – “Non demonizziamo le spedizioni commerciali, piuttosto pensiamo a creare guide specializzate per l’alta quota e ad istituire sistemi di soccorso in Himalaya. E finiamola con l’assurda filosofia dei puristi che dicono che dicono che in montagna bisogna essere liberi di morire. L’alpinismo è troppo condizionato da questa specie di “casta” che condiziona psicologicamente le scelte degli alpinisti”. Questo, in sintesi, il duro commento di Maurizio Gallo, per dieci anni direttore nazionale dei corsi per guide alpine, alla condizione attuale dell’alpinismo e alla proposta di imporre nuove regole alle spedizioni.

"Il mio è un parere un po’ fuori dal coro per quanto riguarda le spedizioni commerciali, che ormai sono un dato di fatto ed è inutile demonizzarle o cercare di “farle fuori”: ormai, rarissimi sono ormai i casi di alpinisti “amici” che si allenano in Italia e poi vanni insieme in Himalaya a scalare una cima. La maggior parte sono spedizioni commerciali. E a volte, guide e clienti, insieme fanno anche cose belle: ricordo la Contessina Edvöös che, alle prime armi con l’arrampicata, legata ad una guida alpina di Cortina, aprì una via sull’inviolata parete Sud della Tofana di Rozes. E la storia dell’alpinismo è piena di episodi simili.
 
Molti, quando parlano di spedizioni commerciali immaginano il diavolo che massacra le montagne e porta morte, distruzione e inquinamento. Ma sono finiti gli anni difficili di "Aria sottile": dopo la tragedia del ’96 sull’Everest le cose sono radicalmente cambiate. Oggi molti Sherpa hanno acquisito una professionalità molto vicina a quella delle guide alpine, soprattutto nell’attenzione al cliente, e ci sono le premesse per una buona sicurezza anche in Himalaya.
 
Certo però, la questione delle guide alpine himalayane andrebbe affrontata in modo serio, come suggerito dal decalogo di Montagna.org. Laggiù, attualmente, chiunque si può proclamare guida, perchè non c’è l’obbligo di avere il patentino per accompagnare dei clienti: non sono iscritti all’Uiagm.
 
Invece, la formazione di guide di alta quota necessita di molta attenzione e di elevata specializzazione. Corde fisse, allestimento di campi, soccorsi ad elevate altitudini sono temi che non vengono affrontati nella formazione delle guide alpine. Ed è solo un esempio. Secondo me vale la pena organizzare dei corsi direttamente sul posto, sia per guide alpine che vogliono specializzarsi in alta quota, sia per sherpa e portatori locali che vogliono svolgere questa professione. Sto personalmente seguendo un progetto di formazione per guide alpine in Pakistan, per Karakorum Trust, so che il Club alpino pakistano ha chiesto più volte di fare dei corsi d’alta quota.
 
Quello che manca è un riconoscimento ufficiale dei governi. Bisognerebbe istituire un patentino ufficiale per le guide d’alta quota. E’ un cambiamento di cui l’Uiaa dovrebbe farsi carico. Così come dovrebbe occuparsi attivamente di creare un sistema di controllo delle spedizioni e stabilire anche delle sanzioni in caso di mancato intervento di soccorso.
Sono d’accordo con tutte le norme suggerite nel decalogo riguardo soccorsi e autosoccorso.
 
E’ assurdo pensare che una spedizione perda di avventura solo perché sa che può ricevere aiuto in caso di emergenza. E’ troppo facile fare i puristi. L’alpinismo è troppo condizionato da questa specie di “casta”, a tratti terroristica, che invoca alla libertà, all’assolutismo, pronta a giudicare sull’operato di ogni alpinista che si ritrova, invece, ad essere psicologicamente condizionato nelle sue scelte, magari anche in quella estrema di chiedere aiuto, perché ha paura di quello che diranno al suo ritorno.
 
La vita ha un valore assoluto e quindi è assolutamente necessario pensare a dei sistemi di soccorso anche per gli alpinisti. Non capisco cosa ci sarebbe di male nell’avere una tenda di soccorso ai campi alti e degli Sherpa pronti a salire con l’ossigeno per portare aiuto. Sull’Everest le basi per un sistema del genere ci sono già, perché gli Sherpa che si prendono cura della montagna, la attrezzano e la tengono sotto controllo. Sulle altre montagne evidentemente no, per cui si interviene con l’elicottero.
 
Vorrei sottolineare anche la necessità di garantire sistemi di comunicazione efficiente con il campo base o con altri luoghi. La tecnologia in montagna spesso fa paura ma anch’io, come Gnaro, opterei per l’utilizzo del Gps e non solo per validare la cima, ma soprattutto per garantire la sicurezza. Sul K2 avrebbe potuto salvare tantissime vite".
 
Maurizio Gallo

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