Rieccoli a 7000 metri – Elisabeth e Tomek
[:it]ISLAMABAD, Pakistan – Dove sono spariti? Ci sono, eccome. Sono veramente tosti Elisabeth Revol e Tomek Mackiewicz: come lo scorso anno sono partiti verso l’alto ingaggiando una partita difficile e continuativa con la montagna senza soluzione di continuità.
E’ una forma di alpinismo veramente molto “leggero”, anche se duro, che lascia pochissimo spazio all’interpretazione. Sono loro, sembra, che tenteranno la salita in invernale nello stile più vicino a quello definito”alpino”.
In ogni caso hanno ora informato Arsalan Ahmed Ansari, l’alpinista pakistano e “comunicatore web” che li assiste, che il vento è calato, le condizioni climatiche sembrano migliorare e stanno bene. Al momento si stanno approcciando, per migliorare il loro acclimatamento, alla quota di 7.000 metri. Il campo è stato scavato nel ghiacciaio ed è particolarmente sicuro anche in caso di maltempo: stanno operando con grande prudenza e attenzione. Nonostante faccia molto freddo la loro acclimatazione procede bene.
Ci paiono ottime notizie che danno il segno della diversità di approccio ”sportivo” tra i diversi gruppi impegnati sul Nanga Parbat.
Lo scorso anno, in inverno, Elisabeth e Tomek avevano raggiunto la quota di 7800 nel corso di un tentativo importante che prefigurava lo stesso stile utilizzato quest’anno. Ecco il breve racconto di Elisabeth per Montagna.tv e un filmato postato su Facebook da Tomek al ritorno in Europa.
“È dettagliato il racconto di Elisabeth Revol riguardo la sua grande avventura al Nanga Parbat. Lei e Mackiewicz sono stati sulla montagna 10 giorni, a temperature glaciali naturalmente: – 30, – 40, e giù di lì. Partiti il 9 gennaio ( 2015 ndr), hanno raggiunto il loro terzo campo, a 6600 metri il quinto giorno.
Il sesto giorno hanno continuato fino a 7000 metri: il polacco soffriva il freddo ai piedi, mentre la francese si era congelata la punta del naso. Ancora il giorno successivo erano a 7200 metri, il campo 4. Poi hanno tentato, due volte: la prima tornando indietro a 7500 metri, la seconda fermandosi a 7800 metri, da dove hanno detto addio alla cima del colosso himalayano.
“Siamo ad oltre 7800 metri con condizioni di freddo estremo e il tempo che sta peggiorando – scrive la Revol sul suo blog – … se tendo le mani posso quasi “sentire” la cima, toccarla con un dito, è molto vicina (8125 metri), il mio cuore scalpita e tuttavia dobbiamo rimanere lucidi a queste altitudini, altrimenti pagheremo un caro prezzo, troppo caro…con il tempo che sta peggiorando saremmo troppo esposti, nel migliore dei casi, rischieremmo di congelarci. Una grande frustrazione, non è stato facile girarsi e tornare indietro, soprattutto considerando i tanti progressi raggiunti”.
E di certo non era finita. La discesa, difficile già di per sé, si è rivelata durissima per via dell’incidente occorso a Mackiewicz.
“Con un forte ‘bang’ ho visto i piedi di Tomek e il suo corpo sparire nel buco: il ponte di neve si era rotto. Ho gridato ‘Tomek!’, non è servito a niente, era sparito. Mi sono avvicinata al bordo del crepaccio. Il vuoto…una scena orribile. C’era una parete di 80 gradi di pendenza e poi un buco nero. Mio Dio Tomek! Continuavo a urlare il suo nome, senza avere risposta”. Poi il lieto fine: la Revol individua il compagno, scoprendo che era ancora vivo e non in gravi condizioni, ma le tocca andare a recuperare una corda, 200 metri più in basso, e poi tornare al crepaccio e tirare fuori il polacco. Sono ancora a 6500 metri, la strada per il campo base è ancora lunga, ma alla fine ce la fanno.”
Eli & Tomeck Nanga Parbat Winter 2015 from tomasz mackiewicz on Vimeo.[:]