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Ezio Marlier apre 3 vie alla Tour Ronde e avverte: poniamoci il problema del sovraffollamento

La linea gialla “Demi Litroz” aperta da Marlier e Litro, in rosso la variante di Farina e Maquignaz (foto Ezio Marlier)

COURMAYEUR, Aosta – Tre nuove vie di ghiaccio e misto alla Tour Ronde, nel gruppo del Monte Bianco. Le ha aperte Ezio Marlier nel mese di ottobre. Non un fatto strano o nuovo per lui da queste parti, e tuttavia in questo caso più che di “estro” alpinistico, si è trattato – potremmo dire – di un’esigenze di sicurezza. Perché? Perché è un sovraffollamento “surreale” quello che descrive Ezio Marlier al Monte Bianco: 20 persone sulla “Rébuffat”, alla Tour Ronde; 5 o 7 cordate in “fila” sulla “Colton-MacIntyre” alle Grand Jorasses e sulla “Boivin-Vallençant” al Grand Pilier d’Angle; 14 persone in sosta. Una situazione dettata dalle straordinarie condizioni che stanno caratterizzando l’autunno 2014, ma anche dovuta a un problema più strutturale per cui, secondo la guida alpina valdostana, urge trovare rimedio o almeno intavolare una discussione.

Ezio allora 3 nuove vie. Dicci tutto…
Sono delle vie di arrampicata su ghiaccio e misto su classiche goulotte che si trovano nella maggior parte delle vie del Monte Bianco. Si trovano una sulla Nord della Tour Ronde, una sulla Nord Ovest della Tour Ronde, e una sulla Punta 3648, sempre nella zona della Tour Ronde. Una si chiama “Greundzo gully”, è lunga 180 metri e sale 100 metri a destra della “Rébuffat”, a sinistra del Pilier Payot sulla Tour Ronde, aperta con Rudy Buccella e Lodovica Litro, dura.Un’altra si chiama “Demi litroz” e l’ho aperta insieme a Lodovica Litro: nella foto è segnata anche la variante aperta da Farina e Maquignaz la settimana seguente la nostra (la gialla è lunga 180 metri e ha difficoltà TD, la rossa TD). Infine “Lodola”, che ho aperto sempre con Lodo Litro sulla destra della classica Nord della Tour Ronde (300 metri TD).

Coda sulla “Rebuffat” alla Nord Ovest della Tour Ronde (foto Ezio Marlier)

Come è nata l’idea di queste vie?
Direi da una necessità. Mi spiego. I mesi appena passati sul Monte Bianco sono stati decisamente “strambi”: dopo un’estate difficile, un autunno con condizioni che mi ricordano la fine degli anni ’90, semplicemente strepitose, tanto da permettere a numerosissime cordate la ripetizione di itinerari pressoché ovunque. Gente quindi anche su vie che, fino a non molti anni fa, venivano ripetute solo saltuariamente! È innegabile che essendo cresciuto il livello tecnico medio, l’avvento di internet, siti, blog le informazioni reperibili in tempo reale, tutto diventi più fruibile. Ritengo inoltre che il fatto di avere le soste attrezzate a spit, con catene sia controproducente e banalizzi il tutto. In fin dei conti se scalo certe vie dovrei saperle fare le soste, giusto? Non si è verificato nessun incidente di particolare rilievo, ma considerata l’affluenza mi chiedo se sia stata solo fortuna…Quanto è sicuro arrampicare dietro un’altra cordata? E dietro altre 3 o 4? La considerazione che faccio da professionista Guida alpina è la seguente: nel momento in cui mi metto dietro ad un’altra cordata non permangono più i normali standard di pericoli legati all’attività, si aggiungono quelli eventualmente causati da chi ci sta sopra…un blocco può colpire me o ancora peggio il mio cliente, e allora come la mettiamo? Ecco quindi la necessità mia di cercare per poi proporre luoghi e linee fuori da questi pericoli. E’ così che sono nate queste prime linee che descrivo e altre che per il momento tengo da parte, proprio per arginare questo problema che ritengo non di poco conto. In attesa di vedere cosa succederà tra poco sulle cascate…

Cosa intendi?
L’anno scorso ho visto più volte venire meno le condizioni di sicurezza su cascate di ghiaccio, a Cogne e anche altrove, perché sulla stessa cascata vedevi una sovra frequentazione. È normalissimo oramai fare la coda su una cascata di ghiaccio.

Valanga nella Combe Maudit: al centro due scialpinisti in fuga (foto Ezio Marlier)

Il tuo discorso quindi prescinde dalla situazione eccezionale di quest’anno al Bianco. È un problema più generale?
Sì, il problema secondo me si pone da diverso tempo e non viene ancora seriamente preso in considerazione. È una questione di sicurezza. C’è gente che quasi si arrabbia se la cordata davanti butta giù un pezzo di ghiaccio. È chiaro che se tu ti metti dietro non stai facendo la cosa giusta. Credo sia necessario affrontare il problema. Non so quale sia la soluzione, ma credo che bisogna parlarne e rifletterci insieme. Mi viene in mente che è tempo che non escono guide aggiornate che riportino informazioni sulle nuove vie e ce ne sono veramente tante. In compenso c’è internet che ha il potere di focalizzare l’attenzione di molte persone e in tempi rapidissimi e così, se oggi pubblichi la relazione di una nuova via, domani su quella via ci trovi 6 cordate. In passato ci si prendeva più tempo per informarsi, per andare a capire e questo apriva anche a più possibilità. Inoltre l’informazione oggi è dettagliatissima, tanto che ancora prima di andare sul posto le persone sanno già come sono le soste, quali sono i passaggi più difficili e anche la chiave per risolverli. Questo in qualche modo semplifica le cose, fa sì che molte più persone si avventurino su terreni per cui non sono forse sufficientemente preparate, in sostanza porta alla sovra frequentazione. Qualche giorno fa la “Rébuffat”, sulla Nord Ovest della Tour Ronde, è stata letteralmente presa d’assalto: se guardi la foto ci conti 20 persone. E così contare 7 cordate sopra la mia testa su una via difficile come la “Colton-MacIntyre” alle Grand Jorasses, 5 sulla “Boivin-Vallençant” al Grand Pilier d’Angle dove ci sono anche dei problemi logistici di difficoltà di avvicinamento…prova a pensare intorno al rifugio Torino il casino che c’era. Domenica ero alla “Perroux-Delafosse” e ci siamo ritrovati in sosta in 14…voglio dire è una situazione surreale.

Alla luce di quanto ci hai detto, ti senti di lanciare un consiglio ai ghiacciatori?
Non ho ricette, non mi sento nessuno per dare consigli, ma è chiaro che anche questo è un altro segno del fatto che la frequentazione della montagna è cambiata e sta cambiando e questo non è il modo giusto per andare avanti. Quindi o ci aggiorniamo tutti e cominciamo a capire come muoverci per non farci male oppure è normale che prima o poi si verifichino conseguenze.

 

Foto Ezio Marlier

 

 

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