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Un italiano sul Pobeda Peak: intervista a Carlalberto “Cala” Cimenti

Cala Cimenti al Pobeda Peak
Cala Cimenti al Pobeda Peak

PRAGELATO, Torino — Carlo Alberto “Cala” Cimenti, 39enne alpinista piemontese, ha calcato quest’estate la vetta del Pobeda Peak, 7439 metri, la montagna più alta del Kyrgyzstan. Una vetta nota per le sue difficoltà tecniche e le complicate condizioni meteorologiche, che Cimenti ha scalato il 13 agosto scorso: si tratta del secondo italiano a riuscire nell’impresa, dopo l’abruzzese Giampaolo Gioia che segnò il primato nel 1990. Lo abbiamo raggiunto per un’intervista, ed ecco cosa ci ha raccontato.

Cimenti, come mai il Pobeda Peak?
In questi anni ho fatto un po’ di esperienze all’estero, anche qualche 8000, e un giorno ho sentito parlare dello Snow Leopard, l’onorificenza che viene concessa in Russia a chi sale tutte e 5 le montagne più alte (oltre 7000 metri) delle catene montuose del Pamir e del Tien Shan, e scenderle tutte con gli sci. L’estate scorsa sono partito per diventare il primo italiano ad ottenerla e per farle tutte e 5 in due mesi come Denis Urubko. Ma sono riuscito a scalarne solo 3 (Korzhenevskaya Peak 7.105 m, Lenin Peak 7.134 m e Khan Tengri Peak 7.010 m). Ho tentato le altre due ma sono arrivato quasi in cima col brutto tempo. Così sono tornato quest’anno per scalare il Pobeda e il Komunistik.

Avevi pensato di essere il primo italiano sul Pobeda, in realtà prima di te c’è stato Gioia. Come mai solo voi due?
Devo dire che è una montagna per nulla facile. Tutti i russi dicono che è piu difficile dell’Everest e in effetti è molto dura, anche se questi paragoni non sono fattibili. Sicuramente non è una zona battuta dall’alpinismo occidentale, e in piu è molto pericolosa e difficile. Ha il campo base in comune col Khan Tengri e la maggior parte scala quest’ultimo.

Hai portato gli sci?
Si questo progetto l’ho concepito tutto con gli sci, è il mio modo di andare in montagna adesso. Li ho usati sul Pobeda da campo 3 (5800 metri) in giù. Sopra ci sono spuntoni di roccia misto ghiaccio e non si possono usare. L’anno scorso con gli sci sono sceso dalla parete nord del Peak Lenin dopo essere salito dalla normale: è difficile e pericoloso, quest’anno il primo che è salito con gli sci è morto. Però l’hanno sciata in tanti quella parete, anche Emilio Previtali con la tavola per esempio.

Eri solo?
Sì quest’anno ero solo. Mi sono fatto un amico austriaco molto forte con cui ho fatto i primi due tentativi di vetta, poi lui doveva andare via e il terzo l’ho fatto con un ragazzo tedesco, Ivo, che però non era tanto allenato e arrivati 6900 metri non se l’è sentita di proseguire verso la cima. Quindi sono salito da solo, ormai ero lì e non volevo perdere l’occasione. Era il 13 agosto, sono arrivato in cima.

Ti è piaciuta la scalata?
Sì il Pobeda mi è piaciuto. E’ una salita diversa dalle altre che ho fatto. E’ molto pericolosa, c’è l’icefall iniziale dove si verificano spesso crolli di ghiaccio e la via è esposta a cadute di seracchi e distacchi rocciosi. Un alpinista inglese che saliva con me ha preso una grossa pietra in testa, gli si è proprio aperta, lo abbiamo portato giù di corsa ed è stato portato via con l’elicottero. Per fortuna sta bene ora, andrà all’Everest questa primavera.

In pratica devi salire una montagnola di 6900 metri e poi percorrere tutta una cresta sopra i 7000 metri per circa 7 km. Quando ho fatto il tentativo di vetta ci ho impiegato 13 ore. All’inizio è larga, ma poi si stringe e la salita non molla mai: sono 400 mt di dislivello, intorno ci sono un sacco di morti: diventa una scalata in un ambiente mistico con tutti questi morti e sempre sopra i 7000 metri. Non devi mai perdere la concentrazione.

Più che mistico non è angosciante?
Sì, un po’, ma sulla cresta vedi da una parte la Cina con il suo deserto, dall’altra il Kyrgyzstan con il suo ghiacciaio. Comunque il tempo cambia velocemente, arrivano bufere in mezz’ora, non stai lì molto a guardarti in giro. Durante la discesa dalla cima c’è stata una bufera di 2-3 ore, la neve ha coperto le mie tracce, ma sono riuscito a tornare alla tenda. Ivo mi ha detto: “ah sei tornato? pensavo di non vederti più!”. Ma per fortuna è andata bene.

Hai altri progetti per i prossimi mesi?
Sì ho mille progetti. In primavera andrò al Makalu e poi d’estate al Komunistik per concludere lo Snow Leopard. Ho già fatto due ottomila, Cho Oyu e Manaslu. Sono sempre sceso con gli sci tranne che sul Cho Oyu perchè ero troppo giovane. Li porterò anche al Makalu, dove andrò con un amico per salire la via normale. Credo che da 8200 metri in giù si possa sciare.

Punti ai 14 ottomila?
Non è una mia priorità, scalo perchè mi piace, che sia un ottomila o l’Ama Dablam in “one push” cioè andata e ritorno in un giorno come ho fatto qualche tempo fa. Diciamo che vedo montagne che mi piacciono e vado. Ho sempre scalato senza ossigeno però. Se lo faccio, lo faccio con le mie forze senza nessun aiuto. Nemmeno le solette elettriche negli scarponi che tengono caldo il piede in alta quota.

Nella vita cosa fai?
Fino 2 anni fa gestivo un ristorante in montagna nella stagione invernale e scalavo in Himalaya nella bella stagione. Adesso l’ho dato in affitto, ma non basta, e quindi da 3 anni gestisco anche la pista olimpica di fondo di Pragelato. Sono anche skitester per alcune riviste e aziende del settore.

Foto dal Pobeda Peak:

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6 Commenti

  1. Tanto per la cronaca: nel 1990 una spedizione di alpinisti dell’Aquila è stata in Kyrgyzistan: Giampaolo Gioia, nell’occasione, ha toccato la cima del Khan Tengri e – dopo una settimana – quella del Pobeda. All’epoca (24 anni fa) risultò essere il primo italiano su quelle vette. Poco scalpore, ma un successo pazzesco! Dire oggi che si è il primo italiano sul Pobeda, francamente, fa un po’ sorridere.

    1. …vai a sapere quanti che scalano le mUntagne con la U maiuscola dalle nostre parti saranno saliti in giro per il mondo….

  2. scusate ma proprio non ero a cooscenza di questo fatto… sarebbe bello avere un contatto di Giampaolo Gioia per poterci confrontare su questa incredibile esperienza. Per quanto mi riguarda vorra’ dire che la prossima estate francamente, e sempre sorridendo, tentero’ di scalare il Communism Pic e diventare cosi’ il primo snowleopard italiano… sempre se Giampaolo Gioia non lo ha gia’ fatto prima di me. 🙂

  3. Altre informazioni e precisazioni interessanti da sapere:
    La prima volta che lo Snow Leopard venne conseguito in un’unica stagione fu nel 1990 da un team alpinistico del corpo sportivo militare sovietico ubicato in Kazakhstan. Vi facevano parte Suviga, Gritsuk, Ismetov. In un’estate salirono tutti e 5 i settemila del Pamir e del Thien Shan.
    La prima ripetizione in stile alpino e in un tempo più breve, di questo storico risultato fu nel 1999 con la spedizione di Simone Moro di cui facevano parte Mario Curnis, Denis Urbubko e Andrey Molotov. Mario salì 3 cime di 7000 metri in 24 giorni, Simone ne salì 4 in 38 giorni fermandosi poi per problemi di stomaco a 6000 metri sul Pobeda. Denis e Andrey continuarono da soli l’ultima parte di scalata e completarono la salita di tutti e 5 i 7000 dell’ex URSS in soli 42 giorni.

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