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Alpi Apuane, Italia Nostra: “Piano avrà impatto devastante. Nel Parco potranno riaprire moltissime cave”

Cava sulle Alpi Apuane (Photo courtesy of Wikipedia.org)
Cava sulle Alpi Apuane (Photo courtesy of Wikipedia.org)

CARRARA — “Nel Piano è rimasto tutto uguale ed è una devastazione. Hanno perso le Alpi, il Parco, il Partito democratico e noi cittadini”. Franca Leverotti, consigliera nazionale di Italia Nostra, è da sempre in prima linea per la difesa delle Apuane. Il 26 giugno scorso, dopo l’approvazione del documento da parte della Commissione Ambiente del Consiglio regionale, l’associazione ha presentato all’Unione europea una denuncia di violazione delle leggi comunitarie, sollecitandola ad aprire una procedura di infrazione contro la Regione Toscana per la gestione del Parco Regionale delle Alpi Apuane (“mancata tutela dei siti Rete Natura 2000, delle acque di superficie e carsiche e del principio di precauzione”).

Professoressa, il Piano approvato dal Consiglio vieta l’apertura di nuove cave, ma permette la riapertura di quelle chiuse da non oltre venti anni e l’ampliamenti di quelle esistenti. Che impatto avranno queste disposizioni sul Parco?
Sarà devastante. Non siamo solo in presenza di un Parco regionale: l’area protetta è entrata a far parte due anni fa della rete dei Geoparchi Unesco, perché è stato riconosciuto l’alto valore delle evidenze geologiche presenti sul territorio. Inoltre il Parco fa parte della Rete Natura 2000 della Commissione europea, che prevede sull’88% della superficie una Zona di protezione speciale per gli uccelli. Nel Parco ci sono 3.000 delle 5.595 specie floristiche presenti in Italia e più di 20 endemismi.

Quante cave attive ci sono oggi all’interno del Parco e quante invece potrebbero essere riattivate?
Oggi nell’area protetta si contano 70 cave, cosa che va contro la Rete Natura 2000. Nel parco sono censite almeno 2000 grotte: la marmettola, scarto di lavorazione del marmo, si infiltra negli interstizi e inquina le cavità sotterranee e l’acqua, uccidendo la vita naturale. Sono moltissime le cave che potrebbero essere riattivate, con conseguenze molto negative per gli ecosistemi.

Il presidente della Regione Rossi ha dichiarato che il Piano garantirà la tutela delle aree oltre i 1.200 metri. Che ne pensa?
Il presidente Rossi mi fa ridere, noi non gli crediamo. La norma che tutela le aree al di sopra dei 1.200 metri c’è già, ma non è mai stata rispettata. Oggi ci sono siti estrattivi anche a 1.600-1.700 metri e nei circoli glaciali. La prima versione del Piano prevedeva la progressiva chiusura delle cave, a partire da quelle sui crinali e in alta quota. Alcune di queste occupano due o tre operai: si poteva partire da qui, reintegrando quella manodopera nel parco per il ripristino del territorio, la manutenzione dei sentieri, le attività dei guida.

Qual è invece la situazione per quanto riguarda l’inquinamento?
Decine di accessi alle cavità carsiche sono occlusi dai detriti. Un’indagine dell’Arpat, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale, ha rinvenuto nell’Antro del Corchia, il più importante complesso sotterraneo d’Italia, fanghi bianchi per via della marmettola, contenenti anche oli esausti. A volte le persone non possono visitare la grotta per via del forte puzzo di benzina. E proprio la cava sopra l’Antro sta per aprire dei nuovi fronti di estrazione, così come molte altre.

Italia Nostra ha denunciato la situazione all’Unione Europea. Avete ricevuto risposte da Bruxelles?
La nostra denuncia va avanti da due anni. L’Europa ci ha risposto chiedendo di inviare più materiale. Noi abbiamo mandato un dossier corredato con 51 documenti pubblici, che ora sono al vaglio del Commissario europeo all’Ambiente.

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