AlpinismoAlta quota

Nel mirino quota 8516 metri: intervista a Mario Vielmo, in partenza per il Lhotse

Mario Vielmo (Photo Mario Vielmo pagina Facebook)
Mario Vielmo (Photo Mario Vielmo pagina Facebook)

VICENZA – Parte dopodomani la spedizione di Mario Vielmo al Lhotse. L’alpinista vicentino tenterà la salita senza ossigeno del colosso himalayano alto 8516 metri: come l’anno scorso al Kangchenjunga, scalerà insieme ad Annalisa Fioretti. Lo abbiamo raggiunto al telefono e con lui abbiamo fatto il punto su questa salita e sulle possibilità future.

Mario sei pronto a ripartire per l’Himalaya, questa volta per il Lhotse. È la prima volta che tenti la salita di questo 8000?
Sì è la prima volta, anche se la via di salita è in comune con la normale dell’Everest per buona parte. Conosco la via perché nel 2008 avevo tentato l’Everest, tra l’altro avevo anche il permesso per il Lhotse, ma quell’anno c’era stato una specie di blackout per via della salita della fiamma olimpica sul versante tibetano, una cosa pazzesca, la Cina aveva praticamente imposto che fino a una certa data non si potesse salire oltre il campo 1 anche dal lato nepalese. Comunque tornando alla via, diciamo che circa al Colle sud parte questo couloir dove passa la normale del Lhotse aperta dagli svizzeri nel 1956 sulla parete nord-ovest. L’anno scorso quando io ero al Kangchengjunga l’aveva salita Marco Confortola, quest’anno abbiamo fatto scambio, sia di montagna sia di informazioni… una cosa carina, perché io e Marco siamo amici, non abbiamo mai scalato insieme ma ci siamo detti che magari riusciremo a fare insieme un ottomila di quelli che mancano a tutti e due.

Ti aspetti una situazione diversa da quella che hai visto nel 2008?
Nel 2008 c’erano tantissime spedizioni perché per il versante tibetano non erano stati rilasciati permessi. Per quest’anno non lo so, come sempre ci saranno tantissime spedizioni dirette all’Everest, ma questo oramai si sa, è tipico della stagione premonsonica.

Everest e Nuptse (photo pagina facebook Lhotse Expedition 2014)
Everest e Nuptse (photo pagina facebook Lhotse Expedition 2014)

L’dea è sempre quella di salire senza ossigeno?
Sì certo, ovvio.

Ti spaventano le code sulla via di salita? Cosa ne pensi?
È contro la logica dell’alpinista che cerca l’avventura vedere code di persone come quelle che ho visto nel 2008. Non è un bel vedere. Però bisogna guardare in faccia anche la realtà. L’Everest, è un po’ la “madre” di tutti gli 8000, ed è chiaramente la montagna più gettonata, il sogno di tanti gli alpinisti professionisti e non. La via da sud è considerata la più facile, ed è la più gettonata anche se dobbiamo ricordarci che l’Icefall è sempre un percorso tecnico difficile, che grazie ai Doctors – squadre di sherpa – è attrezzato e reso più accessibile. Negli ultimi anni ci si sta più sensibilizzando al problema dell’affollamento, per esempio considero una cosa giusta il fatto che il Governo nepalese trattenga i depositi pagati come tasse ambientali nel caso in cui le spedizioni inquinino. In ogni caso per via della crisi economica credo che quest’anno ci saranno meno spedizioni europee. Ma è solo una mia ipotesi, insomma, vedremo.

Con chi parti?
Con la mia compagna di spedizione dell’anno scorso, Annalisa Fioretti, con cui tenterò la cima del Lhotse. Poi ci saranno Claudio Tessarolo del Giornale di Vicenza, che ci accompagnerà al campo base insieme ad altri due trekkers. Claudio si fermerà una settimana.

L’anno scorso al Kangche hai riportato congelamenti alle mani. Come è andata a finire, come stanno le tue mani oggi?
Mi sono rivolto a degli specialisti, ho svolto terapie e la cosa si è risolta bene. Il problema è sull’ultima falange della mano destra, che è guarita al 90%. Temo un po’ per quel dito, cercherò di tenerlo più al caldo possibile.

Annalisa Fioretti (Photo pagina Facebook Annalisa Fioretti)
Annalisa Fioretti (Photo pagina Facebook Annalisa Fioretti)

Questo per te potrebbe essere il tuo decimo 8000 è corretto?
Sì, anche se, se volessi chiudere la carrellata dei 14 8000, dovrei salire di nuovo lo Shisha Pangma perché sono arrivato sulla cima centrale, non la cima vera. L’avevo salito nel 2004 con Cristina Castagna: quell’anno il tratto tra le due cime era davvero impraticabile e c’eravamo fermati lì. L’Everest l’avevo fatto con l’ossigeno, anche in quel caso si vedrà se rifarlo senza o no.

Di questi 5 che rimangono – Annapurna, Lhotse, Broad Peak, Gasherbrum I e Nanga Parbat – quale pensi sarà il più duro?
Penso il Nanga Parbat, anche se il più pericoloso è di sicuro l’Annapurna, che è temuta da tutti. Poi non è detto che io voglia concluderli tutti. Adesso vado al Lhotse, e se dovessi arrivare in cima concluderei gli 8000 più alti. E sarebbe una soddisfazione mia personale. Del resto non corro dietro a nessun primato, non è quello che mi interessa.

Qualcuno pensa che i 14 ottomila senza ossigeno non siano più una sfida alpinistica di rilievo perché già saliti da diverse persone. Cosa ne pensi?
In parte sono anche d’accordo, io però vado in montagna per divertirmi, lo faccio per me, per la mia esperienza e per raccontarla. Non vado per acclamare una via di salita o altro. Posso capire che un ottomila non faccia più notizia. Per ora per me è così, magari il prossimo anno mi verrà la voglia di provare qualcos’altro, magari una via nuova. Chiaramente dovrei prepararla meglio, con un team preparato a farlo. È anche uno dei miei sogni, ci sto pensando. Potrei magari tentare una via invernale, o una bella salita anche su cime minori degli 8000. È giusto però che ogni alpinista abbia modo di fare le sue esperienze e di prendere le sue decisioni.

Info sulla spedizione Lhotse Expedition 2014

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