La morte di Marco Anghileri, un altro pezzo dell’alpinismo buono che se ne va
BERGAMO — Un altro pezzo dell’alpinismo buono che se ne va. Marco Anghileri è stato trovato alla base del Pilone del Freney, caduto dalla “chandelle”, la parte terminale della parete, un pilastro di 80 metri di granito compatto e verticale dove, nell’estate del 1961 ebbe inizio, causata dal maltempo una delle tragedie più impressionanti ed emblematiche dell’alpinismo con protagonista Walter Bonatti e i suoi 6 compagni, 4 dei quali morirono di sfinimento.
Il Pilone Centrale, come lo chiamano dalla parte italiana del “Bianco”, questa volta era impiantato in un cielo blu cobalto che rendeva felice il cuore di Marco e meno dura la sua sfida invernale, tanto che lo ha voluto scrivere per sms ai pochi che sapevano della sua difficile sfida.
Me lo vedo sorridente, mentre accarezza il granito, mentre guarda il cielo, mentre sente i raggi del sole che trafiggono la barriera del freddo e riescono a scaldargli un poco la pelle. Vedo Aldo, suo padre, a Chamonix con gli occhi piantati sulla vetta del Bianco, a voler intuire un puntino spuntare lassù, con in mano il telefono, e il cuore forte pieno di speranza e in subbuglio come solo un grande alpinista come lui può avere, consapevole dei rischi ma anche della forza del suo ragazzo.
Lo ricorderò così Marco, con il suo bel sorriso, il ciuffo dei capelli, il viso pieno di simpatia.
CONCORDO col buon Da Polenza… è questo l’alpinismo vero !
Mica i maghi del marketing che lo fanno per esibizionismo e soldi e che infestano i media nazionali.
Riposa in pace Anghio