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Ragni in Patagonia, tentano il pilastro est del Fitz Roy e salgono l’Aguja Saint Exupery

Aguja Saint Exupery - Schiera, Della Bordella, Schupbach (Photo Della Bordella pagina Facebook)
Aguja Saint Exupery – Schiera, Della Bordella, Schupbach (Photo Della Bordella pagina Facebook)

EL CHALTEN, Patagonia — Dopo aver rinunciato alla nord del Cerro Torre, considerata inavvicinabile quest’anno per le condizioni della montagna, la spedizione di Matteo Della Bordella, Luca Schiera e Silvan Schupbach ha cercato nuovi obiettivi sulle pareti della Patagonia. I tre hanno tentato la via dei Ragni al Fitz Roy, una via mai ripetuta nella storia, fermandosi dopo 13 ore di scalata. Pochi giorni dopo hanno salito l’Aguja Saint Exupery: per i primi 350 metri hanno seguito la via “Chiaro di Luna”, poi hanno percorso un tratto diverso, una variante che hanno chiamato “Can accompany only”.

Secondo quanto si legge nel racconto di Della Bordella pubblicato sul sito dei Ragni della Grignetta, l’idea al Fitz Roy era quella di “ripetere la via dei Ragni, ripulirla dalle scalette di metallo e poi salirla in libera…Un progetto che in realtà ne contiene 3 diversi e che rientra senza dubbio nella categoria di quegli obiettivi che valgono una spedizione. La via dei Ragni al Fitz Roy sale per circa 1200 metri di parete sul pilastro Est, fu terminata nel 1976 da Casimiro Ferrari e Vittorio Meles, dopo innumerevoli tentativi portati avanti da un folto team del gruppo Ragni e dopo che già in precedenza altre cordate avevano tentato senza successo questa via. Il successo di Casimiro Ferrari su questa parete è arrivato dopo un vero e proprio assedio, andato avanti mesi e che ha richiesto “artiglieria pesante”, quali centinaia di metri di scalette metalliche, e centinaia di chiodi (ma non a pressione!). Erano altri tempi e stiamo parlando a tutti gli effetti di una grande impresa alpinistica d’altri tempi. Per un motivo o per l’altro, nessuno ha mai ripetuto il pilastro Est dove corre la via dei Ragni. Decidiamo di provare a metterci le mani noi e partiamo con l’intento di ripetere la via in 3 giorni”.

“Partiamo di buon ora dal Paso Superior e superiamo la terminale appena fa chiaro – continua Della Bordella -. Qui inizia la festa: i primi 160 metri sono costituiti praticamente da un unico diedro solcato da una fessura mano-pugno-offwidth sulla sua faccia sinistra. La scalata è fantastica e molto sostenuta, tutta d’incastro e perfettamente verticale. Solo che servirebbero 4 serie di friend dall’1 al 4 per proteggersi in modo adeguato. Con 3 fantastici tironi da 55 metri, in circa 3 ore siamo alla fine del pilastro. E qui iniziano i dolori: traversi, camini bagnati, fessure ghiacciate e scalette di metallo in mezzo. Come ha detto Silvan da qui in poi la scalata diventa “90% not fun and 10% dangerous”. Pian piano mi faccio strada sui tiri successivi. A volte, per fare più in fretta tiro qualche scaletta di metallo evitando così di dover ripulire i tratti di fessura ghiacciata. Ogni volta che mi appendo a quei pioli inizio a sudare freddo e mi vedo già precipitare giù con la scaletta che mi arriva in faccia, ma per fortuna nonostante qualche cavo strappato, le scalette di Casimiro (o chi le ha costruite per lui) dimostrano solidità anche dopo 38 anni!”

Della Bordella Schiera e Schupbach tentativo via dei Ragni al Fitz Roy (Photo www.ragnilecco.com)
Della Bordella Schiera e Schupbach tentativo via dei Ragni al Fitz Roy (Photo www.ragnilecco.com)

Al pomeriggio Della Bordella, Schiera e Schupbach superano la prima grande cengia e arrivano sotto a una nuova parte verticale, dove cercano un bivacco per la notte. Bivacco che non riescono a trovare: proseguono fino al 14esimo tiro, dove da precedenti relazioni, si aspettano di individuare il posto adeguato, ma sono costretti a rinunciare. “Non so se normalmente ci sia meno ghiaccio in parete e le cenge siano pulite o se il bivacco sia inteso con amaca o portaledge – scrive infatti il Ragno -, ma anche qui non troviamo nulla, solo cenge spioventi coperte con ghiaccio e neve e un posto per sedersi per una persona. Siamo di fronte alla scelta di passare la notte appesi o rinunciare. Facendo due calcoli: abbiamo davanti a noi una parete di 900 metri alta e ripida come El Capitan, non sappiamo nemmeno bene dove passa la via per poter provare a procedere di notte, stiamo scalando da 13 ore ed avremmo bisogno di riposo. Decidiamo all’unanimità di scendere”.

A posteriori la decisione si sarebbe rivelata quella giusta, secondo Della Bordella, visto che al terzo giorno il meteo sarebbe cambiato con vento più forte di quanto preannunciato dalle previsioni. Passano pochi giorni e i 3 alpinisti tornano a scalare, questa volta all’Aguja Saint Exupery, sempre nel gruppo del Fitz Roy.

“Ultima piccola finestra di quest’estate patagonica – scrive Della Bordella sulla sua pagina Facebook -. Questa volta niente ghiaccio, fessure bagnate e jumar, solo roccia, arrampicata libera in fessura, un pochino di sole e tanto vento. In 9 ore di salita abbiamo aperto una via nuova (o variante) alla Aguja Saint Exupery: primi 350 metri comuni con “Chiaro di Luna” poi dritto per altri 350 per lame e fessure fino in cima. 700 metri 7a max in libera a vista. L’abbiamo chiamata “Can accompany only”. Un bel modo per salutare la Patagonia!”.

Info e foto www.ragnilecco.com

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2 Commenti

  1. "….Per un motivo o per l’altro, nessuno ha mai ripetuto il pilastro Est dove corre la via dei Ragni".
    Se non ricordo male parte del pilastro Est era stato ripetuto in libera da Favresse e Villanueva durante la loro salita in libera del Fitz Roy. Mi ricordo anche che uno dei due si era preso un'infezione tagliandosi con le scale lasciate in loco dal Miro.

  2. Su Pataclimb Garibotti dice che Favresse e Villanueva hanno fatto solo un piccolo pezzo per agganciare El Corazon bagnata all'inizio.

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