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I segni del tempo, 50 giorni al campo base del Nanga Parbat

Lo scorrere del tempo al campo base del Nanga (Photo ©thenorthface emilioprevitali)
Lo scorrere del tempo al campo base del Nanga (Photo ©thenorthface emilioprevitali)

ISLAMABAD, Pakistan — Sono passati oltre 50 giorni dal loro arrivo ai piedi della parete Rupal del Nanga Parbat. Simone Moro, David Göttler ed Emilio Previtali si trovano alle pendici della montagna dalla fine di dicembre 2013, attualmente in attesa di una nuova finestra di bel tempo per partire con il terzo tentativo di salita in vetta all’ottomila pakistano. Quello che pubblichiamo di seguito è uno scorcio del campo base immortalato da Previtali in due momenti diversi e a distanza di parecchi giorni: nella natura l’alpinista trova i segni del tempo che passa e l’avvicinarsi della primavera.

“Quando sono arrivato qui cinquanta giorni fa c’era questo albero che sembrava pietra. Isolato, in mezzo al niente. Appena l’ho visto sono andato subito a guardarlo e a fotografarlo. Non sembrava un albero. Sembrava piuttosto un lamento. Un urlo della pietra, del ghiaccio, del vento, un fossile fuori terra. Una cosa che era lì da sempre, da prima degli uomini e da prima della terra, quella che ci deve essere sotto alla neve, quella che il ghiacciaio che c’è a monte deve aver portato fino a qui dall’alto, diluita dentro all’acqua, d’estate. C’è questo pianoro enorme e ci sono queste montagne intorno, il Nanga Parbat da una parte e questo albero lì da solo. In mezzo”.

“Oggi mentre lo guardavo mi sembrava una cosa diversa – continua Previtali sulla sua pagina Facebook -. Mi sembrava che si fosse spostato o che fosse diventato un po’ più grande. Era un’altra cosa. Era un albero. Un vero albero, con i rami, la corteccia, perfino una ombra propria. Se non fossi certo che è impossibile direi che nel silenzio assoluto della valle, dentro a quella brezza leggera che ci arrivava di lato, si sentiva il suo respiro. Un respiro leggero, arioso, calmo. Forte. Regolare. Il respiro di uno che non ha fretta di andare da nessuna parte e che sta bene dove è. O il respiro della primavera, forse. Che poco alla volta sta arrivando”.

 

Foto e testo da Pagina Facebook Emilio Previtali

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