Alpinismo

Jasemba: Kammerlander e Unterkircher sulla vetta

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CAMPO BASE JASEMBA, Nepal — Venti ore ininterrotte di scalata, caldo infernale e valanghe che portano via le corde fisse. Ma dopo tre anni di corte spietata, il Jasemba ha finalmente concesso la sua mano. Hans Kammerlander e Karl Unterkircher hanno toccato la vetta del gigante himalayano di 7.350 metri ieri sera, intascando la prima salita assoluta del versante sud. Ecco i loro commenti a caldo.

"E’ stata molto più impegnativa del previsto – ci ha raccontato Unterkircher, in diretta dal campo base – ma abbiamo stretto i denti e ce l’abbiamo fatta".
 
Unterkircher e Kammerlander, come felini pronti all’attacco, hanno atteso la finestra di bel tempo che si è aperta ieri sui cieli dell’Himalaya e sono partiti all’una e mezza di notte da campo 1.
 
Hanno scalato ininterrottamente per oltre duemila metri, fino a toccare la vetta. E poi di nuovo giù, a ritroso sulla ripida parete Sud del Jasemba, fino a ritornare al campo che avevano lasciato venti ore prima. Quando ci sono arrivati, era ormai sera inoltrata.
 
"L’ultimo tratto sembrava breve, ma non finiva mai, mai – racconta Unterkircher.  E’ una parete tecnica e molto pericolosa. In più le giornate sono caldissime, il rischio di scariche e di valanghe è alto".
 
Infatti, una valanga non li ha travolti per un soffio. Quando Kammerlander e Unterkircher sono ripartiti da campo 1 per scendere al base, hanno trovato una brutta sorpresa: mentre salivano, un tremendo distacco di neve aveva spazzato via tutte le corde fisse che avevano pazientemente piazzato nelle scorse settimane.
 
Davanti a loro c’era una parete verticale di ghiaccio vivo. Ma non i due navigati alpinisti non si sono lasciati intimorire: con una serie di corde doppie sono scesi di quota fino a tornare nelle loro tende del campo base verso le due del pomeriggio ora locale (stamattina alle nove ora italiana).
 
Per fortuna, i due alpinisti il giorno prima non avevano ascoltato i meteorologi, che consigliavano di rientrare al campo base per l’alzarsi di forti venti in quota. Si sarebbero probabilmente trovati nel mirino della valanga.
 
"E’ stata davvero dura – continua Kammerlander -. La roccia è spesso friabile, il ghiaccio e neve si sciolgono sotto le dita. Ma è una via anche molto bella. Siamo contenti, e ora ci godiamo un pomeriggio tranquillo al campo base".
 
Ma questa salita, così affascinante e così difficile, avrà un nome, o una dedica? "La cosa più intelligente – spiega Kammerlander – è quella di pensare al nostro amico Luis Brugger, che l’anno scorso qui è scomparso".
 
Ora, i due alpinisti si godranno una notte di meritato riposo dopo le fatiche della salita. Domani Unterkircher si metterà già in viaggio verso casa. Il tempo stringe: tra due settimane, dovrà essere di nuovo su un aereo verso il Pakistan, dove con una straordinaria cordata italo-spagnola tenterà di scalare l’inviolata parete Nord del Gasherbrum II.
 
Kammerlander, invece, rimarrà al base ancora un paio di giorni con il personale nepalese, per raccogliere e impacchettare i materiali da riportare in Italia.
 
Sara Sottocornola

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