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E’ italiano il primo occidentale in Tibet

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LHASA, Tibet — Si chiamava Ippolito Desideri e ed è stato il primo europeo a scoprire il Tibet. Visse nella regione asiatica all’inizio del Settecento, e raccontò agli occidentali il buddismo, soprattutto mahayanico, con grande profondità e precisione.

Nato a Pistoia nel 1684, nobile d’origine, Ippolito Desideri entrò nella Compagnia di Gesù, dove ricevette l’incarico della missione al di là dell’Himalaya. Come già era avvenuto per la Cina infatti, il Santo Uffizio inviava il suo ordine più forte ad esplorare nuove aree asiatiche, per raccolgiere conoscenze e diffondere il cattolicesimo.
Si trattava di spedizioni pericolose, uniche per l’epoca, che vedevano piccoli gruppi di uomini affrontare territori impervi, del tutto ignoti, abitati da popolazioni che parlavano idiomi sconosciuti quanto lontani dalle lingue europee.
Grazie a questi viaggi, che di solito duravano molti anni, i gesuiti ricavavano informazioni sulle terre, i popoli autoctoni, e le riportavano in preziosi trattati che si diffondevano, proprio per la loro rarità, in tutto l’Occidente.
 
Padre Desideri raggiunse dunque il Tibet nel 1715. Adottò gli usi e i costumi del luogo per poter annunciare il Vangelo, e probabilmente con grande fatica, imparò la lingua tibetana senza vocabolari o grammatiche. Potè così leggere i testi principali del lamaismo, redigere un catechismo cattolico nell’idioma del posto, e addirittura scrivere un trattato sulla filosofia buddista nella lingua tibetana.
 
Il suo soggiorno in Asia si concluse nel 1721, quando tornò a casa portando con sè il volume che aveva compilato in quegli anni, una sintesi della dottrina buddista riscoperta solo nel 1875 e divenuta un’opera di riferimento per studiosi di tutto il mondo.
 
Valentina d’Angella

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