Medicina e benessere

Patologie cardiovascolari e montagna: infranto un tabù

Ipertensione (Photo courtesy taccuinodibellezza.myblog.it)
Ipertensione (Photo courtesy taccuinodibellezza.myblog.it)

BERGAMO — E’ tempo di estate e anche tempo di montagna. Molti sono i soggetti che si recano in svariate località di alpine per trascorrervi un periodo di vacanza e, tra questi, alcuni sono affetti da patologie di tipo cardiovascolare, sia giovani che anziani. Viene spontaneo chiedersi quali possano essere le indicazioni o le controindicazioni ad una vacanza alpina per i portatori di una patologia di questo tipo, peraltro abbastanza diffusa.

Un tempo il medico era abbastanza intransigente nei confronti di malati di questo tipo rispetto ad un soggiorno alpino, concedendo ben poco alla attività fisica. In campo medico non si conosceva molto a tal proposito e perciò i cardiologi erano restii nel consigliare ai loro pazienti un soggiorno in montagna, specie per quanto riguarda l’attività fisica.

Ora si è scoperto che in talune situazioni la montagna può essere salutare o addirittura indicata. Per certi versi si tratta della caduta di un tabù che in passato condizionava molto la vita del cardiopatico.

Il cardiologo G. Mazzero ed il cardiochirurgo E. Donegani hanno trattato il problema del cardiopatico in montagna dal punto di vista medico nel manuale di medicina di montagna scritto dalla Commissione Centrale Medica del CAI alcuni anni orsono, cui faccio riferimento in questo mio pezzo. La loro esperienza in campo cardiologico e cardiochirurgico è stata in grado di fornire importanti indicazioni.

Nel caso del cardiopatico i problemi possono verificarsi dopo i 1800 metri di quota, a seguito dei noti meccanismi di adattamento dell’apparato cardiovascolare alla carenza di ossigeno. Il cuore del soggetto affetto da una cardiopatia non è in grado di fornire una risposta adeguata alla diminuzione di ossigeno o può andare incontro a problemi quali aritmie causati dall’ipossia stessa. Il freddo e l’attività fisica possono rappresentare un ulteriore fattore di rischio. Il cardiopatico deve essere seguito da un cardiologo in grado di fornire consigli ed un giudizio di idoneità, dopo di un’accurata valutazione clinica.

Tutti coloro che hanno subito un intervento al cuore possono iniziare o continuare a frequentare l’ambiente alpino fino ad una quota compresa tra 2500-3000 metri al termine della convalescenza e della fase riabilitativa. Per quote superiori va effettuato un attento esame clinico e strumentale al fine di valutare l’idoneità di ogni soggetto. E’ indispensabile effettuare un appropriato programma riabilitativo prima di riprendere l’attività fisica. Va scelta una tipologia di attività fisica adeguata per intensità, durata, e frequenza.

Alcuni pazienti che hanno subito un trapianto cardiaco (circa 50 mila al mondo) possono ritornare in montagna. Va sottolineato che il cuore dei trapiantati è denervato, ovvero privo di quelle innervazioni che regolano il funzionamento dell’organo trapiantato, che sono state asportate nel corso dell’intervento di trapianto. Di conseguenza un cuore trapiantato presenta una minore performance. E’ bene che il cardiopatico effettui escursioni non da solo. L’attività fisica in montagna deve essere praticata da un cardiopatico solo quando si trova in buone condizioni di salute, usando il buon senso. La terapia medica consigliata non deve mai essere sospesa ed i farmaci devono venire assunti con metodicità.

Controindicazioni cardiovascolari assolute alle medie quote (1800-3000 metri) sono: infarto miocardio recente, angina instabile, scompenso cardiaco congestizio, gravi valvulopatie, aritmie ventricolari di grado elevato, cardiopatie congenite cianogene o con ipertensione polmonare, arteriopatie periferiche sintomatiche, ipertensione arteriosa grave o non ben controllata.

L’ipertensione è una malattia abbastanza diffusa che colpisce il 15-25% della popolazione, con un incremento correlato all’età del soggetto.
L’iperteso può frequentare la montagna fino a 3000 metri solo se in terapia ed in uno buon stato di compenso. Oltre i 3000 metri ogni caso rappresenta una realtà a sé, e deve essere studiato. Salendo in quota anche la terapia antipertensiva può subire modificazioni, dal momento che la risposta dell’organismo allo stress della quota, allo stress fisico e talvolta emotivo, e al freddo portano ad un incremento della pressione arteriosa. E’ bene limitare l’attività fisica nei primi giorni di soggiorno in montagna ed evitare gli sforzi nelle due ore seguenti i pasti o in condizioni climatiche non buone, ovvero con troppo freddo o troppo caldo. Occorre adottare un corretto stile di vita ed un’alimentazione sana quali idonee forme di prevenzione, controllando il peso corporeo, evitando il fumo e l’eccesso di alcolici.

La Società Italiana di Medicina di Montagna ha messo a punto delle indicazioni comportamentali per i cardiopatici che vogliono continuare a frequentare la montagna con una certa sicurezza.

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