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Schiodare il Cerro Torre? Solo voglia di protagonismo. Condanna unanime dall’alpinismo italiano

Cerro Torre (Photo Leo Dickinson courtesy Alpinist.com)
Cerro Torre (Photo Leo Dickinson courtesy Alpinist.com)

BERGAMO — Da Mario Conti a Ermanno Salvaterra, da Daniele Bernasconi a Luca Maspes, da Hervè Barmasse a Fabio Salini. Il mondo dell’alpinismo italiano sembra levare unanime la voce contro il gesto dei due giovani americani che nei giorni scorsi hanno rimosso dal Cerro Torre i chiodi della via del Compressore, aperta da Maestri nel 1970. “Qui non si tratta più di etica alpinistica – dicono tutti, ognuno declinando in modo diverso la propria opinione – ma di presunzione e mancanza di rispetto verso la storia. Schiodare si può, ma prima si chiede all’apritore della via: Saranno famosi per una bravata e non per la loro bravura”.

“Non ho mai visto una cosa del genere – dice Mario Conti -. Sul Torre tutti criticano la via di Maestri ma tutti usano i suoi chiodi per scendere o il trapano a salire. Al di là dei principi etici sbandierati, mi piacerebbe far andare questi giovani nel 1970 sulle pareti del Torre, quando la Patagonia era tutto un altro mondo”. Conti, uno dei protagonisti della prima salita ufficiale al Torre del 1974, compiuta dai Ragni di Lecco guidati da Casimiro Ferrari, sviscera la sua opinione in una lettera aperta che pubblichiamo a lato. Un punto di vista chiaro e molto duro, ispirato al rispetto della storia e delle opere compiute da altri.

Ma non sono solo i veterani, in Italia, a condannare il gesto di Jason Kruk e Hayden Kennedy. Perfino Ermanno Salvaterra, storico fautore del purismo sulle pareti patagoniche. “Sarei anche stato d’accordo sul togliere i chiodi della Via del compressore – dice l’alpinista trentino nell’intervista a Montagna.tv -, ma prima avrei voluto parlare con Maestri, non si possono toccare le opere degli altri in questo modo. La storia dell’alpinismo esiste”.

Duro anche Daniele Bernasconi, presidente dei ragni di Lecco, che definisce l’azione dei due nordamericani quasi “un atto terroristico”. “Non c’è altro modo per descrivere una cosa del genere – dice l’alpinista, appena tornato da una spedizione in Patagonia -. E’ espressione di un certo tipo di fanatismo dove ci sono i teorici generalisti del purismo e i giovani dalla furia cieca che realizzano atti come questo. C’è poi da fare un discorso storico: la via del Compressore è oggetto di polemiche da decenni, ma ormai fa parte della storia. Schiodarla così, oltretutto da due ragazzi americani in terra straniera… Sarebbe come se i francesi venissero a togliere i chiodi da una via in Dolomiti. E’ assurdo”.

“Cerro Torre pulito? – dice Luca Maspes, che ha trattato l’argomento anche sul suo blog masinoclimbing -. A me sembra più sporco di prima. Ad una provocazione di 40 anni fa – perché quella di Maestri è stata anche una provocazione – si è risposto con la presunzione e l’arroganza. Non voglio pensare che l’atto di schiodare la via “Maestri” diventi un messaggio etico per il futuro dell’attività, perché sennò, ad ogni passaggio di generazione e di mezzi la storia dell’alpinismo continuerebbe a ripartire daccapo. In questo caso inoltre chiamare la salita “by fair means” per me è ridicolo quando sono stati usati gli stessi mezzi per l'”assassinio dell’impossibile”. Quindi se vuoi fare il puro non parti ancora con il perforatore nello zaino come ha fatto chi ha tracciato le varianti alla via (ad esempio lo stesso Kruk nel precedente tentativo del 2011) … e purezza per purezza, ora mi chiedo il valore storico che hanno tutte le vie aperte a fianco che si sono connesse alla via Maestri per raggiungere la cima del Torre, guardacaso vie aperte da alpinisti che oggi applaudono il gesto vandalico di Kennedy e Kruk”.

Fabio Salini, guida alpina valtellinese autore, con Matteo Bernasconi, della prima ripetizione italiana della via Ferrari al Torre, concorda e argomenta. “Kruk e Kennedy hanno agito con arroganza e voglia di protagonismo – dice Salini -. Questo lavoro ha addirittura offuscato la loro bella salita perché tutti si ricorderanno questi due che hanno sacramentato il Cerro Torre. Questo gesto non mi piace per diverse ragioni. Non mi piace che abbiano schiodato. Anche a me è capitato di schiodare sulle Alpi, ma ho sempre chiesto l’autorizzazione al chiodatore, fin tanto che è in vita puoi farlo. Mi è capitato di fare una cosa simile su una parete sulle Alpi, ovviamente una cosa piccola,  tutt’altra cosa. Il chiodatore aveva usato chiodi a pressione, io ho visto la possibilità di salire in libera allora l’ho chiamato e gli ho chiesto se gli andava bene che salendo sostituissi i suoi chiodi marci con gli spit: lui non solo mi ha detto sì ma mi ha anche ringraziato. Poi non mi piace che siano rimasti più di cento fori, dove ognuno può mettere altri chiodi che poi andranno ad aumentare l’ampiezza dei buchi. Non mi piace che abbiano cancellato la storia, è un po’ come in letteratura bruciare i libri. Anche se questa storia non ti piace, chi ti autorizza a farlo? Non mi piace che ne abbiano lasciati alcuni, che senso ha? Chi stabilisce? Cosa vuol dire, che se io sono più bravo ne porto via altri 7? Mi dispiace che abbiano intrapreso questa azione nonostante la comunità di El Chalten nel 2007 l’abbia dichiarato patrimonio storico, che piaccia o meno ai più. Io spero che succeda come per Lama, che in un secondo momento ha ritrattato riconoscendo di aver sbagliato quando ha fatto il primo tentativo con la troupe. Spero che anche questi due ritornino sui loro passi e ammettano di aver fatto una stronzata, perché è una stronzata”.

“Nel mondo dell’alpinismo non ci sono regole precise – commenta il valdostano Hervè Barmasse, che oltre al gesto critica anche il paragone col Muro di Berlino  – ma da sempre vengono rispettate l’etica e la filosofia di chi ha aperto ciascuna via. Nessuno si sarebbe mai sognato di andare a togliere i chiodi a pressione in una via dove sono stati usati. È famoso, rimanendo nel mondo americano, l’episodio accaduto nella Yosemite Valley di Robbins che era partito per schiodare la via di Harding, e poi si è fermato rendendosi conto che stava facendo un’enorme cavolata. Secondo me sono stati molto arroganti. Poi anche il paragone col muro di Berlino: stiamo parando di alpinismo, bisognerebbe vergognarsi di un paragone del genere, l’alpinismo non salverà il mondo e con quegli eventi non ha niente a che vedere. Il problema è che gli alpinisti oggi si arrogano il diritto di fare quello che vogliono anche sulle vie di altre persone, questo non è giusto. Se su una via ci sono gli spit si lasciano gli spit, non si devono aggiungere, neanche le soste. Ognuno ha la possibilità di fare quello che vuole quando apre una via ma sulla via aperta da altri non si deve permettere di prendersi il diritto di cambiare quella via, non è giusto, non è corretto. Anche perché il mondo è pieno di cime, se una persona vuole dimostrare qualcosa lo può fare tranquillamente aprendo una via da un’altra parte, poi sarà la gente a giudicare se quello stile è migliore di un altro. Siamo fuori da ogni logica, e l’alpinismo oggi assomiglia sempre più al resto della società in cui viviamo e che tutti critichiamo, anche gli alpinisti stessi che normalmente in qualche modo snobbano la società”.

 

 

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