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Sourzac e De Metz uccisi dal freddo: la triste vicenda degli alpinisti morti sulla Grandes Jorasses

Il recupero dei corpi (Photo courtesy Ansa)
Il recupero dei corpi (Photo courtesy Ansa)

COURMAYEUR, Aosta — Sono morti assiderati sulla Grandes Jorasses Olivier Sourzac, 47 anni di Passy, nell’ Alta Savoia, e Charlotte De Metz, 44, di Fontainebleau, nella periferia parigina. Secondo le prime ricostruzioni il decesso sarebbe sopraggiunto tra sabato e domenica: circa 30 centimetri di neve coprivano i loro corpi quando li hanno avvistati. Sono stati ritrovati a 4.026 metri sul versante italiano, accovacciati in una nicchia tra le rocce, legati fra di loro e alla parete dalla corda su cui si erano seduti.

L’avvistamento della guida alpina francese e della sua cliente è avvenuto ieri mattina intorno alle 11.30, quando dopo un’intera settimana di maltempo sul massiccio del Monte Bianco – come del resto sul tutto il Nord Italia e parte della Francia  -, finalmente gli elicotteri del Soccorso alpino valdostano e della gendarmeria di Chamonix hanno potuto alzarsi in volo per una ricognizione più lunga e approfondita. Le guide francesi a bordo dell’Ec 145 del Peloton d’haute montagne di Chamonix hanno notato un lembo di una giacca rossa, che ha aiutato ad individuare le sagome immobili dei due alpinisti.

Dopo l’avvistamento, dall’hangar di Courmayeur è partito l’elicottero del Soccorso alpino valdostano, di competenza sul versante italiano della Grandes Jorasses. I soccorritori sono arrivati a 4.026 metri di quota, hanno calato col verricello il medico-rianimatore Andrea Ortu e hanno disseppellito i due corpi nascosti da una trentina di centimetri di neve. Il dottore non ha potuto fare altro che constatare il decesso, probabilmente avvenuto almeno 3 giorni prima, tra sabato e domenica quando sulle Grandes Jorasses la temperatura era giunta a meno 30 gradi.

I due alpinisti erano accovacciati in una nicchia tra le rocce, appoggiati su una corda arrotolata e legati alla parete. Al contrario di quanto emerso inizialmente, pare che i due non avessero con loro l’attrezzatura necessaria a bivaccare in quota.

Sourzac, per cercare un riparo, aveva scavato un buca nella neve non molto profonda. Poi però sabato 5, avrebbe capito che i soccorsi non sarebbero mai potuti salire in quelle condizioni meteorologiche, e quindi avrebbe iniziato un tentativo disperato di discesa. E’ probabile che la De Metz abbia perso le forze prima e che la guida abbia cercato di trascinarla, usando le sue ultime forze per scendere lungo la via normale italiana che dalla punta Walker arriva al rifugio Boccalatta rimanendo a sinistra del seracco Whymper.

Olivier Sourzac, di 47 anni, di Passy (Alta Savoia), era un’esperta guida alpina, forte rocciatore e grande conoscitore del massiccio del Monte Bianco. Secondo quanto riferisce l’Ansa, Charlotte De Metz, era un’abile alpinista e faceva parte del Club alpino francese. Insieme avevano compiuto numerose scalate sul Bianco, dalla nord della Grandes Jorasses al Pilone centrale del Freney.

I due erano partiti martedì scorso da Chamonix per salire in cima al versante francese della Grandes Jorasses lungo la via Linceul. Dopo una notte al rifugio Leschaux, al mattino di mercoledì hanno cominciato la salita pensando di scendere in velocità al rifugio Boccalatte, sul lato italiano della montagna. La progressione però è stata più lenta di quanto avessero preventivato, costringendoli a un bivacco in parete nella notte tra mercoledì e giovedì. Sourzac e De Metz non hanno avuto il tempo di recuperare il tempo perso perché la perturbazione – a onor del vero, chiaramente preannunciata dalle previsioni meteo – ha impedito loro di continuare nella discesa.

Giovedì sono sbucati sulla cresta des Hirondelles, a 3.900 metri di quota, hanno raggiunto la punta Walker – 4.208 metri – e iniziato la discesa dalla via normale italiana. Alla fine però la bufera ha avuto la meglio e i due hanno dovuto fermarsi. Venerdì mattina hanno ricominciato a scendere, arrivando a quota 4.050. ”Le condizioni sono impossibili – diceva Sourzac nella sua ultima telefonata, secondo quanto riferisce l’Ansa -, non si vede niente e il vento è fortissimo. Ritorniamo alle rocce dove ci siamo fermati la notte scorsa e aspettiamo lì”.

Da quel momento le ore sono trascorse nell’ansia e nella paura più che fondata. Gli uomini del Soccorso alpino valdostano e della gendarmeria di Chamonix hanno costantemente monitorato la montagna, correndo anche dei rischi nei tentativi di sorvolo praticati nelle brevissime schiarite del cielo. Per non parlare delle 13 guide alpine francesi che, nonostante il forte pericolo valanghe – dato dalla grande quantità di neve fresca depositatasi sulla Grandes Jorasses – hanno deciso ugualmente di mettere a repentaglio la proprio vita per andare incontro ai dispersi, in nome dell’amicizia e della solidarietà.

Ora infiammano le polemiche come sempre accade in questi casi, soprattutto quando rimane coinvolta una guida alpina, professionista per eccellenza dell’alta quota. Sopra i dubbi e le perplessità in merito alla bontà della scelta dei due alpinisti francesi di avventurarsi ugualmente in alta quota nonostante le previsioni, cala la sofferenza delle loro famiglie e il rispetto degli altri per il loro dolore.

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