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Disavventura sullo Jagerhorn: la "direttissima", poi l'elicottero

La direttissima allo Jagerhorn
La direttissima allo Jagerhorn (foto coutesy Salewa)

VERBANIA — Erano tutt’altro che di “primo pelo” i tre alpinisti che nei giorni scorsi sono stati recuperati dal soccorso alpino sotto la punta Nordend, sul massiccio del Monte Rosa. Si tratta in realtà dei professionisti Daniele Nardi, Giovanni Pagnoncelli e della guida alpina Ferdinando Rollando che, prima di incappare in un presunto congelamento che ha consigliato l’intervento dell’elicottero, cercavano di realizzare una nuova via “direttissima”.

L’idea di affrontare una nuova via che verticalmente scende dalla vetta dello Jagerhorn era venuta a Pagnoncelli durante una giornata di piccozze e ramponi sul Ghiacciaio di Belvedere. Così l’alpinista ha contattato Nardi e Rollando per tentare l’impresa.

Il terzetto decide di affrontare la via il 22 ottobre, in una finestra di quarantotto ore tra i venti gelidi e l’arrivo di una prevista perturbazione.

I tre partono da Macugnaga e arrivano al bivacco Belloni, dove il gruppetto passa la notte. La mattina succesiva sono pronti ad attaccare la via. L’altimetro segna qualche metro oltre i tremila, mille metri sotto l’obiettivo.

Difficoltà complessiva – secondo gli alpinisti -: TD+, 950 m. di dislivello, 60° su neve, 70/80° con tratti a 90° su ghiaccio, diversi tiri di misto fino al 5, una ventina di tiri di corda, un chiodo lasciato dopo il terzo grande risalto di ghiaccio, 12 ore in tutto.

Insomma, una parete complessa e affascinante. La via – che i tre hanno definito “direttissima” pur non essendo certi che qualcun altro l’abbia percorsa precedentemente – risale l’evidente colatoio che dalla vetta scende sul Ghiacciaio del Piccolo Fillar. Sempre secondo quanto riferito dagli alpinisti, si tratta “dell’unica via logica di salita della parete nordest, la principale dello Jägerhorn, delimitata dal crestone dello Jägerrucken, salito per la prima volta nel 1867, e dalla cresta nordest salita nel 1965”.

I tre attaccano dal Ghiacciaio del Piccolo Fillar, attraversano nel mezzo la parete con tre grandi risalti di ghiaccio, intervallati da diversi saltini e tratti di collegamento di nevai ripidi. Poi tocca a un misto difficile, per la poca consistenza del ghiaccio. La parte terminale è meno ripida. Misto e neve con un’uscita all’intaglio fra le due punte, per gli ultimi 100 metri sullo Jägerrucken.

Ma è qui che cominciano i guai. Il vento in cresta è piuttosto forte. Le temperature vanno a picco e toccano i 20 gradi sottozero. Rollando accusa problemi ai piedi: si teme un principio di congelamento alle dita. Passano le ore e le sue condizioni non migliorano. Così il gruppo decide di chiedere l’intervento dell’elicottero del 118 per evitare guai peggiori.

E’ mattino. Il soccorso alpino manda un elicottero. In arrivo c’è una nuova perturbazione: l’intera cordata viene evacuata. Arrivati a valle i medici dell’ospedale di Borgosesia e del Centro traumatologico di Torino accerteranno che il problema ai piedi di Rollando non era un principio di congelamento, ma un danno curabile ai nervi delle dita. Tutto è bene quel che finisce bene…

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