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Piccolo Cervino, formidabile provocazione

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ZERMATT, Svizzera — Una formidabile provocazione. Come non si era mai vista nella storia delle montagne e del loro sviluppo più o meno sostenibile. Trent’anni di dibattiti, workshop, conferenze; decine di accordi bi e multilaterali, di memorandum; la Convenzione delle Alpi e tonnellate di carta,  fiumi di parole  che la “bibbia” dei montanari politically correct hanno suscitato: tutto sembra finire in un’enorme cestino della spazzatura.

Tanto per usare un esempio in tema, è come se gli svizzeri ci avessero infilati dritto su una lama di ghiaccio lungo la quale procedere, con attorno l’infinito blu del cielo (quante volte ci è capitato) e sotto, da una parte e dall’altra l’orrido abisso.
 
Si, sto parlando della “Tour Eiffel della Svizzera”, ovviamente. L’idea – ma è già  qualcosa che assomiglia a un progetto – è quella di  realizzare, a scopo turistico, una torre alta 117 metri e di piazzarla, bella bella, sulla vetta del Piccolo Cervino.
 
Se lo avessero proposto quei “bru bru” della Valtellina, ma persino quei “mangiafontina” di valdostani, vi immaginate le reazioni? Apriti cielo.
 
Ma qui sono gli svizzeri, quelli che la montagna è loro. Non solo fisicamente ma da sempre culturalmente. La diplomazia internazionale attorno al mondo delle alte quote è una prerogativa svizzera, le loro università si occupano di soldi, cioccolato, orologi e  di montagne a tempo pieno. Ogni atto politico e legislativo svizzero è impregnato di montagna e, da vent’anni, di ambiente, salvaguardia, sviluppo, valorizzazione, tutto condito con l’aggettivo: sostenibile.
 
A Zermatt  mica ci vai in auto , siamo matti, per pagare 1000 franchi svizzeri a notte, perché gli euri non sono proprio così graditi (più delle vecchie lire comunque), ci vai in carrozza trainata dal cavallo. No, lì è tutto (almeno all’apparenza) ordinato ed ecologico. C’è rispetto, ci dicono, per la natura e l’ambiente, anche se qualche volta ci è venuto il dubbio che forse  ce n’era anche per il business che, legittimo lo è ancor più se fa anche gli interessi della natura e della cultura , nel caso, alpini.
 
L’icona della montagna buona e pulita ora però ci sbatte in faccia una torre di vetro e acciaio di 117 metri.
 
Ci vengono i dubbi. Non sarà come la mucca del Milka, che certo è viola ed esteticamente poco ecologica, ma il latte lo fa bianco e il cioccolato è buono? Ma una “mucca” di 117 metri che si affaccia sui ghiacciai del Matterhorn (a me piace di più Cervino),  è  inquietante.
 
Se è una burla, significa che i “cambiamenti globali” sono per davvero preoccupanti se sono riusciti a far diventare così spiritosi gli svizzeri. Se è una provocazione  per riportare alla ribalta il dibattito sullo sviluppo sostenibile, sulla sostenibilità del turismo, dei grandi impianti e strutture c’è da fare i complimenti agli svizzeri, una provocazione più impattante non potevano trovarla, se poi pensano per davvero di realizzare la torre sul Piccolo Cervino facendolo crescere di 117 metri allora parliamone. Forse è questa la nuova frontiera dell’ambientalismo  e dello sviluppo montano. O forse no.
 
Continuo a sentirmi pericolosamente in bilico su una cresta affilata….
 
 
Agostino Da Polenza
 
P.S. Dove sono finiti i “cani pastore” dell’ortodossia ecologica? Niente vesti stracciate, niente barbe tirate, dibattiti e striscioni. Boh!
 
 
 
 

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