Alpinismo

21 giugno 1975: Jim Bridwell, John Long e Bill Westbay salgono il Nose in giornata

La prima salita della via più famosa di El Capitan aveva richiesto 17 giorni. I tre climber statunitensi attaccano prima dell’alba e sono in cima al tramonto. La foto che li ritrae ai piedi del Nose è un’icona della Yosemite “ribelle” di quegli anni

Yosemite Valley, California, una notte d’estate del 1975. “Una sveglia suona alle due. Tre corpi si alzano velocemente e si muovono con gesti precisi e risparmiando le energie. Si vestono con abiti alla Jimi Hendrix, fanno colazione con delle omelette gigantesche, seguite da fagioli. Controllano il materiale e trovano che è tutto in ordine. Si spostano alla base del Nose, ripetono il rituale di allacciare le EB e le imbragature, e di fasciarsi le mani”. 

Nella valle di Yosemite, cuore del Parco nazionale omonimo, migliaia di visitatori provenienti da ogni angolo della Terra alzano gli occhi verso le pareti di El Capitan, dei Royal Arches, della Lost Arrow e dello Half Dome. Escursionisti a piedi e a cavallo si accalcano sui sentieri che salgono verso cascate e pareti. D’estate, trovare un posto nei campeggi e nei lodge non è un’impresa banale. 

Fisicamente vicini al fondovalle, alle strade e alla folla, Jim Bridwell, John Long e Bill Westbay sono concentrati sull’impresa che stanno per tentare. La prima ascensione in giornata del Nose, la via più classica tracciata sulla parete più alta e difficile della valle. Diciotto anni prima, per completarla, Warren Harding ha impiegato 17 giorni di arrampicata effettiva e 125 chiodi a pressione. 

“Sono le quattro del mattino. Decolliamo percorrendo i tiri iniziali, ripassati qualche giorno prima, ma stavolta alla luce delle pile frontali” scrive qualche tempo dopo Bill Westbay. “L’oscurità ci avvolge ancora quando raggiungiamo la Sickle Ledge, anche se il chiarore che precede l’alba comincia a darci un po’ di luce. John prende il comando e affronta la sua parte dell’itinerario. Ognuno arrampicherà da primo nel terzo della via più adatto alle sue caratteristiche”. 

Nella prima parte della giornata conduce la cordata John Long, “l’arrampicatore più robusto mai arrivato nella Valle”, che “divora le lunghezze di corda prima che noi possiamo fumare una sigaretta”. Le mani cominciano a far male, ma alle sei del mattino il terzetto sveglia un’altra cordata che sta concludendo il suo bivacco sulla Dolt Tower. 

“L’impegno totale di noi tutti sembra portare l’energia a un livello incredibile. Mi sembra di vederla fluire, e che anche gli altri la vedano. Alle undici, dal terrazzino del Camp Four, i maglioni vengono buttati di sotto insieme ad altri oggetti superflui.

All’una e mezzo del pomeriggio, con settecento metri di arrampicata alle spalle, passa finalmente in testa Jim Bridwell, noto tra i frequentatori di Yosemite con il soprannome di The Bird. La stanchezza è forte, i chiodi già in parete sono meno numerosi del previsto, una corda che s’incastra sotto a una grande scaglia sembra dover bloccare la cordata per un po’, ma una serie di scossoni basta per liberarla. 

“L’energia e la fortuna ci sostengono nelle ultime lunghezze di corda. El Cap in un giorno! Alle sette di sera tre corpi stanchi sostano sulla vetta di El Cap. Iniziando un’epica discesa con i piedi piagati dalle EB, tornano nella valle diciassette ore dopo averla lasciata. Eccitati, raggiungono il bar per approfittare dell’ospitalità degli amici” scrive Westbay concludendo il suo racconto.

L’immagine che ritrae i tre dopo l’impresa, tra le più celebri dell’arrampicata “made in USA”, mostra i tre protagonisti con l’aria freak del tempo. Sulle Alpi, in quel periodo, ci si veste ancora con pantaloni alla zuava e camicie a scacchi, ed è possibile che quella foto – con stoffe a fiori, gilet e bandane – al di qua dell’Oceano, abbia fatto sorridere qualcuno. 

La leggenda di Jim Briwell

Ma non bisogna sbagliarsi. Se John Long e Bill Westbay sono due climber straordinari, Jim Bridwell è un fuoriclasse assoluto. Nato in Texas, è un uomo dai bicipiti impressionanti e dalla resistenza straordinaria, capace di tracciare vie nuove di grande impegno ed eleganza, e di compiere ripetizioni a velocità da record. Fino al 1979 sfoggia una chioma fluente, poi i capelli si accorciano, ma in tasca un pacchetto di sigarette senza filtro c’è sempre. 

John Long, uno dei suoi compagni di cordata, lo definisce “un fuggitivo dalla noia e da tutto ciò che è mondano, e un abusatore di tutto, compreso sé stesso”. “Il suo volto, fessurato, allungato, corrugato e duro, sembra quello di un grande attore caratterista o di un cantante di musica country” scrive nel 1986 la rivista Rolling Stone, che s’interessa di rado agli alpinisti. Vent’anni dopo, un’altra testata che si occupa soprattutto di rock etichetta Jim Bridwell, ormai settantenne, come “una via di mezzo tra Mago Merlino e Keith Richards”.

L’elenco delle vie aperte da Bridwell su El Capitan include The Integral (1969), Aquarian Wall (1971), il mitico Pacific Ocean Wall (1975), Mirage (1976), Sea of Dreams (1978), Zenyatta Mondatta (1981) e Shadows (1989). Sull’Half Dome, l’altra parete-simbolo della Valle, The Bird apre Snake Dyke (1966), Bushido (1977), Zenith (1978) e Big Chill (1987).

A Yosemite, prima di Bridwell, grandi alpinisti come Robbins e Harding hanno aperto le loro vie seguendo dei grandi sistemi di fessure. Jim è il primo a spingersi in parete aperta, scegliendo linee meno naturali. “Cercavo qualcosa di nuovo, e l’ho trovato” mi ha spiegato in un’intervista di qualche anno fa. 

“Per aprire le mie vie ho dovuto usare copperhead, rurp e ganci. Insomma, ho contribuito a inventare una nuova tecnica. Sul Pacific Ocean Wall ho piantato 110 chiodi a pressione, ma non ho esagerato. Oggi ce ne sono 150 o 160, e i secondi salitori di tutte le mie vie sul Capitan hanno dovuto forare di nuovo la roccia”.

Tra gli exploit di The Bird fuori dalla Yosemite Valley meritano di essere citati la via Bob Locke Memorial al Mount Watkins (California, 1978), la Exocet al Cerro Standhardt (1988), e la parete Est del Moose’s Tooth (1981), in Alaska, salita nel 1981 insieme a Mugs Stumps con temperature fino a -30°. 

Nel 1982, in una delle sue poche puntate himalayane, Bridwell apre d’inverno una via nuova sul Pumori, di fronte all’Everest. Ha un posto di primo piano nell’elenco la prima salita fino in vetta della via Maestri al Cerro Torre, compiuta nel 1979 con Steve Brewer. 

Nel 1999, in una delle sue rare visite alle Alpi, apre con l’italiano Giovanni Groaz una via sul Grand Capucin, che viene battezzata Odyssey. Nel 2001, a 58 anni, Bridwell torna su El Capitan per aprire Welcome to Afghanistan, e sul Moose’s Tooth per tracciare The Beast Pillar, una via di 1500 metri di roccia, ghiaccio e misto che richiede a lui e a Spencer Pfinstein sessanta giorni di arrampicata.

Jim Bridwell

A rendere celebre Jim, oltre alle sue imprese in parete, sono le sue battute fulminanti. “Sai” disse Jim Bridwell a Bill Westbay in sosta alla base di un tiro di A5. “Quello che rende il Pacific Ocean Wall diverso da tutti gli altri Big walls è che non ci sono fessure in cui nasconderti se hai paura”. “Sempre che – aggiunse con un sorriso alla Bridwell – infilare il naso in una fessura larga due dita ti faccia sentire al sicuro”.

I successi in parete, però, non assicurano a Jim, eterno hippy della roccia, una vita tranquilla. Nel 1986, un articolo di Rolling Stone spiega che “Bridwell ha una muta di creditori sulle sue tracce, ora si è ritirato in un camper montato su un pick-up del 1969, con due gomme lisce e una fessura a stella nel parabrezza”. 

Tre anni dopo, però, Jim collabora sulle Dolomiti di Cortina alle riprese di Cliffhanger, che ha come protagonista Sylvester Stallone, reduce dai tre episodi di Rambo. In elicottero, in parete e in albergo, The Bird è circondato da guide americane e italiane molto più giovani di lui, e che lo trattano come un mito.   

Nel 2008, dopo un volo in parete che lo blocca per più di un anno, Jim perde la casa perché non riesce a pagare il mutuo. Poco dopo, un gruppo di amici e compagni di cordata italiani crea l’associazione Help Jim Bridwell, che raccoglie fondi per lui. Il vecchio campione, che vive in una roulotte nella California del Sud (“qui ci sono solo due stagioni, l’inverno e l’inferno” racconta), si commuove fino alle lacrime e ringrazia. 

The Bird se ne va il 16 febbraio 2018, circondato dalla famiglia e dagli amici più cari. Ivo Ferrari, grande alpinista lombardo, scrive che l’alpinista americano è vissuto in “un’era per certi versi mitica, che riecheggiava quel mondo ribelle e “hippie” che sognava la libertà e si preparava a contestare l’ordine di sempre”.

Jim Bridwell, secondo Ivo, “è stato non solo uno dei profeti di quell’arrampicata, di quell’alpinismo e di quel modo di intendere il mondo da ribelli, ma anche uno che ha praticato e testimoniato quelle idee fino alla fine, dimostrando un coraggio e un’etica in parete davvero unici, da vero guerriero”. Di quegli anni, e del mito di Yosemite, la foto scattata nel 1975 ai piedi del Nose è una delle icone più famose. 

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