
Tutti, anche a distanza di 71 anni, ricordano l’eroica impresa di Walter Bonatti sul K2 che portò le bombole di ossigeno indispensabili per la conquista della vetta. Pochi però ricordano che accanto a Bonatti e ad Amir Mahdi c’era anche lui: Erich Abram. A differenza degli altri due, però, il grande alpinista altoatesino una volta ultimato il suo compito riuscì a ridiscendere al Campo VII, risparmiandosi così quella drammatica e pericolosissima notte all’addiaccio a 8.100 metri di quota. Prima di quel giorno, tra l’altro, Abram fece il grosso del lavoro della messa in opera delle corde fisse sulla Piramide Nera, la difficile zona rocciosa che si trova poco sotto i 7.000 metri della cima nel Karakorum.
Abram, poco amante dei riflettori, al di là del suo ruolo decisivo per la conquista del K2 vanta un curriculum alpinistico di prim’ordine. Prima di partire per il Pakistan aveva aperto numerose vie in Marmolada e nel Gruppo del Sella. Tra le imprese più note degli anni successivi spicca la salita del grande diedro a destra della via Comici Dimai alla nord della Cima Grande di Lavaredo (con Sepp Schrott).
Per ricordare al meglio Abram, ripresentiamo di seguito l’articolo scritto per montagna.tv da Valentina d’Angella in occasione dell’uscita del libro “Erich Abram. Un alpinista bolzanino”, curato da Augusto Golin. Una biografia completa e appassionante, ma soprattutto indispensabile. Perché, come scrisse Golin: “I grandi alpinisti si possono dividere in due categorie: quelli che fanno grandi imprese e lo fanno sapere a tutti. Poi quelli che compiono grandi imprese e se le tengono per se. Erich Abram appartiene a questa seconda categoria”.