Storia dell'alpinismo

Simone Moro, alpinismo a 360°

immagine generica

E’ uno dei più conosciuti alpinisti italiani. Un mito per molti giovani amanti della montagna, un talento ormai acclamato. Simone Moro è nato 40 anni fa a Bergamo, e da quasi trent’anni la sua passione per le vette è la sua ragione di vita.

Come spesso accade ai grandi talenti, Simone Moro scopre le pareti verticali da giovanissimo, a 13 anni, e subito se ne innamora. La passione per l’arrampicata cresce con lui: nel 1985, a 17 anni si iscrive per la prima volta alla storica gara di arrampicata sulla parete dei Militi di Bardonecchia. Da allora è un crescendo continuo.

Già dalla fine degli anni ’80 affronta itinerari di arrampicata sportiva di massima difficoltà. Diventa guida alpina, istruttore federale, e per quattro anni è addirittura allenatore della nazionale italiana di arrampicata sportiva (dal 1992 al 1996).

Poi decide di dedicare tutto se stesso all’alpinismo e alle spedizioni internazionali. Nel 1992 tenta l’Everest, l’anno dopo l’Aconcagua, il Cerro Mirador e, d’inverno, il Makalu. Il ’94 è l’anno dello Shisha Pangma e del Lhotse saliti in velocità. Poi è la volta del Kangchenjunga, del Fitz Roy, del Dhaulagiri e dello Shisha Pangma nel ’96.

Nel maggio 1997 ritorna sulla vetta del Lhotse, la quarta montagna della terra, in compagnia del russo Anatoli Boukreev.  Nello stesso anno, sempre insieme all’alpinista russo, tenta la prima salita in invernale della parete sud dell’Annapurna, ma questa volta le cose vanno male: Anatoli Boukreev perde tragicamente la vita durante la spedizione, che quindi viene interrotta.

Nel 1999 ha salito in soli 38 giorni 4 “settemila” nel Pamir e Thien Shan. Poi tra il 2000 e il 2002 compie altre imprese importanti: la traversata integrale di tutte le Orobie lungo il filo di cresta che separa le province lombarde, la doppia salita all’Everest e quella del Cho Oyu 8201 metri. E ancora il raggiungimento della cima del Vinson, 4895 metri, in Antartide, e la prima invernale del Marble wall a 6400 metri nel Thien Shan in Kazakhstan.

Ma soprattutto nel 2001, durante una nuova spedizione sul Lhotse, Moro interrompe la scalata, a rischio della sua stessa vita, per salvare un alpinista inglese, Tom Moores, che si era infortunato.

Nel 2003 è l’anno del Kilimanjaro, della via nuova al Nanga Parbat con Lafaille, della salita in poco più di ventiquattro ore del Broad Peak (8047 metri) e del Mount Elbrus in tre ore e mezza con Denis Urbko.

Nello stesso anno ottiene altre belle soddisfazioni: gli vengono infatti finalmente assegnati il Fairplay Pierre de Cubertin tropy a Parigi dall’Unesco, le medaglie d’oro al valor Civile dal Presidente della Repubblica Ciampi, dalla regione Lombardia e il prestigioso David Sowles Award dall’ American Alpine Club. Riconoscimenti, questi, conferitigli per quel salvataggio estremo sul Lhotse del 2001.

Negli ultimi anni ha compiuto altre salite storiche: ha sfidato l’inviolata parete nord-ovest del Baruntse Nord e la parete sud del Shisha Pangma, che riesce a scalare per la prima volta in invernale.

Nella primavera 2006 Simone Moro affronta per la terza volta l’Everest. Compie in solitaria la traversata Sud-Nord: sale dal Nepal e scende dal Tibet.

Nel 2007 una nuova sfida: vuole essere il primo al mondo a scalare il Broad Peak in invernale, ma non solo. Sceso da qui, vorrebbe puntare subito al K2. Il tentativo purtroppo fallisce a un soffio dalla cima del Broad Peak: Simone Moro deve arrendersi al maltempo.

Nelle sue spedizioni non ha mai usato l’ossigeno, fatta eccezione per le tre volte che è salito sull’Everest. In queste occasioni l’uso della bombola si è rivelato necessario per la lunga permanenza a 8000 metri.

Insomma, grandi imprese che hanno sancito le sue straordinarie doti alpinistiche, scoperte sulle montagne di casa e messe alla prova sulle vette più alte del mondo, dove l’alpinista bergamasco si è cimentato in progetti sempre più arditi e innovativi.

Traguardi importanti, che Simone Moro ha potuto raggiungere grazie a un continuo allenamento e alla sua straordinaria preparazione tecnica, che lo vede muoversi ad alto livello su ogni terreno.

Non perdete la puntata della settimana prossima con Silvio Mondinelli!

[nggallery id=289]

COMMENTI DEI LETTORI

Ho ascoltato di recente una serata di Simone Moro: la sua umanità, modestia e, perchè no, anche autoironia, hanno quasi oscurato la sua pur eccezionale carriera di vette! Un grandissimo alpinista ma soprattutto … un grande UOMO!
Mino di Stradella


Alle volte penso, che queste persone arrivino da qualche altro pianeta. Non si hanno parole per esprimere le loro imprese a dir poco aliene, comunque resta il fatto che loro stessi, trasmettono grandissima emozione, a persone appassionate di montagna.
Simone: sei un grande!!
Enrico


Valentina d’Angella

Tags

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close