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La mia salita al Castore (1)

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Dietro insistente invito di Raffaele, decido anch’io di aggregarmi alla spedizione al Castore con salita del versante Ovest. Organizza tutto lui, quindi sono tranquillo per quanto riguarda sia logistica che preparazione tecnica ell’escursione, l’unico mio dubbio riguarda il “veloce” ritorno alla “normalità” per il Lunedì successivo! Comunque, ormai ho deciso…Si parte!

Del gruppo fanno parte: Raffaele, suo figlio Lorenzo, Caterina, Cristina ed io. Appuntamento Venerdì 21 alle 14 a Porta Pesa (Perugia), partenza, ritardata, alle ore 15 circa, quindi dopo un lungo viaggio in autostrada, raggiungiamo la meta: Champoluc, Val d’Ayas, Valle d’Aosta. Unico rammarico, essendo arrivati dopo il tramonto del sole, il fatto di non aver potuto ammirare il paesaggio delle Alpi intorno a noi.

All’arrivo, prima tappa: ristorante. Cristina non ha molto appetito (segno premonitore), poi raggiungiamo la pensione presso la quale un amico di Raffaele, Tiziano Bieller ci ha prenotato il pernottamento, e, sbrigate le formalità burocratiche, ce ne andiamo a dormire.

Sabato mattina, la sveglia non è traumatica e finalmente possiamo vedere il mondo intorno a noi: il paese è carino, la vecchia chiesa, proprio di fronte alle nostre finestre, anche, mentre quella nuova, lì a fianco, fa pena (come purtroppo accade di sovente, il nuovo è peggio del vecchio).

Andiamo a conoscere l’amico di Raffaele: Tiziano Bieller, proprietario di un negozio di abbigliamento sportivo con noleggio di sci e, soprattutto, con un passato di atleta a livello internazione nella disciplina di sci alpino (ha fatto parte della mitica “Valanga Azzurra” ai tempi Thoeni e Radici!). Ma lui, modestamente, non ne parla, ed un presente di maestro di Sci, Istruttore Nazionale ed Allenatore Federale.

Ci intratteniamo con lui in una cordiale chiacchierata al termine della quale, dopo le foto di rito, ci regala (gesto ovviamente simbolico di buon augurio per l’escursione che ci accingiamo a tentare) una tavoletta di cioccolata ciascuno.
 
Riprendiamo le auto e ci portiamo nella piazzetta centrale di  Saint Jacques metri 1685, dove possiamo parcheggiare comodamente e prepararci per l’escursione: la giornata è limpida, assolata e si prospetta calda, almeno finché non avremo raggiunto quote elevate. Speriamo che si mantengano le condizioni anche per domani, quando dovremo salire sul ghiacciaio.

Partiamo con gli zaini stracarichi: corde, picche, ramponi, viveri, abbigliamento da alta montagna, tutti assieme, non sono poi così leggeri! Fortunatamente di acqua, di fusione del ghiacciaio, ne troveremo a iosa lungo il sentiero, quindi non è necessario caricarci con quantitativi eccessivi.

Comunque il primo tratto di sentiero, seppur abbastanza ripido, è piacevole, perché pulito e sotto l’ombra di un bel bosco. Raggiungiamo le case della frazione Fiery a 1878 metri, poi seguendo il comodo sentiero,  il Pian di Verra Inferiore: un pianoro erboso a quota 2069, utilizzato per il pascolo, attraversato dal torrente Verraz, alimentato in parte dal Lago Blu ed in parte da sorgenti d’alte quota. Da qui vediamo tutto il tragitto che dovremo percorrere sulla cresta della morena laterale dell’antico ghiacciaio che scendeva fino a questa quota.

Approfittiamo di una brevissima deviazione per vedere dall’alto il Lago Blu (2220 metri), proseguiamo poi lungo la strada poderale, tagliando dove possibile qualche tornante, ancora all’ombra di basse conifere. Arriviamo così al Pian di Verra Superiore (2388metri), molto più piccolo in estensione rispetto al Pian di Verra Inferiore. Qui, prima di affrontare la risalita del fianco della morena, ci fermiamo per rifocillarci: il caldo si fa sentire ed accentua la stanchezza, quindi occorre bere e mangiare a sufficienza! E poi così alleggeriamo gli zaini!

Raggiungiamo la cresta della morena che percorriamo in tutta la sua lunghezza fino al rifugio Mezzalama (3009 metri) dove incontriamo una coppia di escursionisti con il loro pastore tedesco Olaf, imponente quanto tranquillo e socievole. I due, che stanno ridiscendendo dal rifugio Guide d’Ayas,  ci dicono di aver incontrato tanti escursionisti e che troveremo sicuramente compagnia per la notte al rifugio. Anche quì una breve sosta, e poi riprendiamo a salire: dobbiamo ancora salire più di 300 metri di dislivello e a vedere da lontano la nostra meta, gli ultimi metri non sembrano affatto agevoli. Comunque ci carichiamo in spalla gli zaini e di buona lena ci incamminiamo: certo la fatica si fa sentire, come d’altra parte la quota, anche se siamo poco sopra i 3000, ma l’adrenalina compensa tutto.

Però sotto la bastionata su cui sorge il Rifugio Guide d’Ayas ci fermiamo: una frana recente dal costone ha praticamente cancellato il sentiero di salita e le relative segnalazioni (bolli gialli ed ometti di pietra). Cerchiamo con calma e cautela il passaggio alternativo, quindi, raccogliamo le forze rimaste per superare l’ultimo salto di roccia, mentre altri escursionisti ci osservano dal terrazzo del rifugio.

Raggiungiamo il rifugio, posto su uno sperone di roccia che si protende sulla valle sottostante come la prua di una nave: il posto è veramente suggestivo e pieno di fascino, soprattutto per quelli di noi che non si sono mai trovati a queste quote e così vicino ad un vero ghiacciaio! E’ lì, a pochi metri dal muro dell’edificio!

Come già sapevamo, il rifugio è chiuso ed è accessibile solo il reparto invernale: cuccette fornite di coperte (nuovissime e pulitissime) e locale cucina fornito di fornelli a gas. Troviamo cinque persone intente a consumare la cena ed altre tre che stanno preparando la propria. Gentilmente si prodigano per consentirci il massimo confort in una situazione simile e, mentre Raffaele va a raccogliere sul ghiacciaio un secchio di neve per cuocere gli spaghetti, loro hanno già liberato cucina e tavolo! Grazie!

In seguito sapremo che tra di loro c’era anche un “certo” Patrick Gabarrou (compagnia mica da poco!). Sciogliamo la neve e facciamo bollire l’acqua per la pasta mentre ci “mettiamo in libertà” e a turno andiamo a cercare il “bagno” tra le rocce vicino al ghiacciaio: meglio approfittare ora che c’è luce, piuttosto che uscire più tardi, al buio e con temperature più basse!
 
Gli spaghetti sono pronti! Finalmente si mette nello stomaco qualcosa di più consono alle nostre abitudini alimentari: finora, oltre i panini con affettati e formaggi, abbiamo mangiato integratori e bevuto acqua di fusione integrata con sali minerali!

Solo Cristina soffre di inappetenza, ma si fa forza e, sotto insistenza di Raffaele, riesce a mandar giù un bel piattone di spaghetti, tra l’altro niente male (forse era la fame!). Concludiamo la cena con altri affettati e quindi, seguendo l’idea di Cristina, un bel bicchiere di tè: però non basta l’acqua, quindi Raffaele è costretto ad approvvigionarne altra con il solito sistema. Nel frattempo sono arrivati altri tre (forse bergamaschi), quindi liberiamo anche noi il tavolo e la cucina per permettere loro di usufruirne. Infine tutti a letto: io, Cristina e Lorenzo, lontani da Raffaele, temendo i tuoni del suo russare!

 

Peppe

Ci vediamo tra pochi giorni con la seconda parte del racconto!

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