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24 dicembre, si accendono le “Fiaccole” di Abbadia San Salvatore

Ai piedi del Monte Amiata, in Toscana, un rito suggestivo e di origine antica celebra l’arrivo ormai imminente del Natale. Le Fiaccole (pire) più grandi raggiungono i sei o sette metri di altezza

La sera della Vigilia di Natale, la “piccola capitale” del Monte Amiata celebra una delle sue tradizioni più amate. Il rito delle Fiaccole di Abbadia San Salvatore, sul versante senese del vulcano, è legato alle fitte foreste che rivestono la montagna, e celebra l’abilità dei boscaioli locali.

Per tutto l’autunno, i “fiaccolai” perlustrano i boschi di faggi, querce e abeti della montagna per cercare la materia prima con cui fabbricare le grandi cataste di legna (le più alte raggiungono i sei o i sette metri) destinate a essere accese il 24 dicembre.

Con l’abilità di generazioni di boscaioli, nelle strade e nelle piazze del paese si levigano rami e si accatastano tronchi. E’ un lavoro certosino che unisce giovani e anziani, in uno scambio di saperi che è al tempo stesso una tradizione, un’eredità e un testimone da passare.

Oggi l’accensione delle Fiaccole è una celebrazione cristiana, che si tiene all’inizio della notte di Natale. Non c’è dubbio, però, che la festa di oggi derivi da un rito pagano del fuoco, nato per celebrare il legame indissolubile tra l’uomo e la natura che lo circonda.

Ai piedi dell’Amiata, hanno un significato analogo le Carboniere che vengono accese a Santa Fiora la sera del 30 dicembre, e vengono accompagnate da una fiaccolata. Nella Focarazza (o lo Stollo) di Santa Caterina, frazione di Roccalbegna, che si tiene il 24 novembre, un grande tronco di cerro (lo stollo) viene acceso al centro di una colossale pira.

Nella storia di Abbadia San Salvatore, nei secoli, il bosco e il fuoco sono strettamente intrecciati. Alla fine del VII secolo, una fiamma divisa in tre parti che comparve all’improvviso su un castagno (un’apparizione della Santissima Trinità) spinse il re longobardo Rachis a costruire proprio lì l’abbazia intorno a cui si è sviluppato il paese.

Sei secoli dopo, nel Trecento, i monaci donarono alla gente di Abbadia San Salvatore un’area della montagna rivestita da un fitto bosco di faggio. Alla fine del Settecento, quando il granduca Pietro Leopoldo di Toscana decise di liquidare i beni dei Comuni, 58 capifamiglia locali riuscirono ad acquistare i boschi. La Società Macchia Faggeta, che esiste anche oggi, è stata costituita il 28 febbraio del 1800.

Qualche decennio più tardi, quando accanto al paese fu aperta una grande miniera di cinabro, il legno della faggeta servì per armare e consolidare le gallerie, proteggendo i montanari trasformati in minatori.

Lo scorso 7 dicembre, un gruppo di “fiaccolai” di Abbadia San Salvatore ha partecipato alla Festa dei Fuochi rituali di Agnone, in Molise, dov’erano rappresentate celebrazioni di ben 22 Comuni italiani. Oltre alle ‘ndocce di Agnone, c’erano le farchie di Fara Filiorum Petri (Abruzzo), le fracchie di San Marco in Lamis (Puglia) e la festa dei fuochi di Badia Prataglia (Toscana).

Le Fiaccole di Abbadia San Salvatore vengono accese alle 18 del 24 dicembre davanti al palazzo del Comune, dopo il rito religioso della Benedizione del Fuoco. Poi i “fiaccolai”, con le loro torce, percorrono le strade del paese accendendo una ventina di altre pire, tra piccole e grandi, costruite dentro e fuori il borgo medievale. Informazioni storiche sul sito www.cittadellefiaccole.it.

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